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prospettiva è notevolmente distante dalle idee di Freud” (Tessier, 2005, p. 39; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Tuttavia, tra coloro che si sono autodefiniti psicologi dell’Io, c’è anche Hans Loewald, che recentemente gli analisti franco-canadesi hanno fatto rientrare nella “Terza Topica” (Brusset, 2006), definizione che si riferisce ad gruppo di pensatori Post-Freudiani, prevalentemente francesi, i quali convergono sull’idea che nello sviluppo del soggetto internamente strutturato e conflittuale (teorie topica e strutturale di Freud) la psicologia bi- personale precede la psicologia uni-personale (vedi le voci INCONSCIO, TEORIE DELLE RELAZIONI OGGETTUALI E INTERSOGGETTIVÀ). Nel suo Dizionario di psicoanalisi kleiniana, Inshelwood (1989) definisce la ‘Psicologia dell’Io’ come la scuola psicoanalitica dominante tra gli anni ’40 e gli anni ’60, “studio dello sviluppo e della struttura dell’Io” evolutosi dalla “psicoanalisi classica, come si era sviluppata fino alla morte di Freud nel 1939”, un “particolare orientamento iniziato da Anna Freud (1936) con il suo libro L’Io e i meccanismi di difesa […][che] divenne in seguito una scuola stabile di teoria e pratica psicoanalitica grazie al contributo di Hartmann, che vi aggiunse un nuovo punto di vista relativo all’adattamento, con il suo Psicologia dell’Io e problema dell’adattamento ” (Hartmann, 1939, pp. 577-578). Notando la supposta “distanza radicale” dalla tradizione freudiana il cui focus è il controllo della pulsione, la Psicologia dell’Io è qui presentata come se la psicoanalisi riguardasse: a) i “processi normativi, adeguandosi ai quali un individuo socialmente inserito è benevolmente assistito dalla propria società”; b) “le origini dell’Io a partire dal narcisismo primario simbiotico”; c) “le funzioni specifiche dell’Io, comprese quelle appartenenti alle aree dell’Io prive di conflitto (la motilità, la percezione, la memoria, ecc.)”; d) “i meccanismi dell’Io di adattamento e di difesa”; e) “lo sviluppo di una tecnica precisa di interpretazione del preconscio (in quanto opposto all’inconscio)”; f) “una fedeltà allo spirito dei primi tentativi di Freud di elaborare una psicologia scientifica (deterministica)” (pp. 580- 581). Secondo Hinshelwood, la psichiatria interpersonale/culturale di Sullivan, la tradizione comportamentista, la forte tradizione delle teorie dell’apprendimento e della psicologia dello sviluppo hanno influenzato e rafforzato il carattere adattivo e una presentazione meccanicista della Psicologia dell’Io, favorendo una visione dell’Io e del suo sviluppo sganciata dalla teoria psicoanalitica classica del contenimento delle pulsioni e dai meccanismi difesa come la proiezione e l’identificazione introiettiva. In nord America , le voci critiche interne alla Psicologia dell’Io hartmanniana (Blum, 1998; Bush, 2000; Blum, 2010, 2015; Balsam, 2012) esprimevano posizioni contrarie anche alle affermazioni ‘fallocentriche’ sul sesso e sul genere, all’enfasi eccessiva data al complesso di Edipo, alla tendenza a dare interpretazioni impersonali e lontane dall’esperienza, al fatto che le difese fossero discusse piuttosto che analizzate e che il trauma non fosse preso in considerazione; ritenevano, inoltre, che fosse eccessivo intendere la psicoanalisi come una psicologia generale perché l’adattamento non può essere spiegato da un punto di vista puramente psicoanalitico, ma è necessario tener conto anche di informazioni che derivano da altre discipline.
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