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necessità di approfondire i meccanismi in questa area: i vasti traumi provocati della seconda guerra mondiale e l’enormità di quelli connessi all’Olocausto; le incontestabili evidenze di abusi compiuti sui minori (es. Bergmann e Jucovy eds., 1982; Blum, 1986; Bohleber, 2000; Kempe, Silverman, Steele et al., 1962; Shengold, 2000). In un testo edito dall’IPA sulla “Ricostruzione del trauma”, Harold Blum ha scritto: “Un trauma di massa e su larga scala è diverso da ciò che comunemente intendiamo per trauma, cioè uno choc dell’Io che lo rende incapace di funzionare per un breve periodo di tempo. I traumatismi massicci nel corso della vita adulta possono essere paragonati, come effetto globale, alla disgregazione di una struttura già formata, mentre in un bambino il trauma provoca danni o blocchi nella formazione della struttura stessa. Maggiore è la vulnerabilità, più massiccio è il trauma, più profondi e pervasivi sono i danni provocati alla struttura. Dal punto di vista dello sviluppo, la vulnerabilità è maggiore durante la differenziazione strutturale pre-edipica piuttosto che durante il consolidamento strutturale post-edipico.” (1986, p. 26; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Nei lavori pubblicati in un testo curato da Sidney Furst (1967a), alcuni psicologi dell’Io hanno chiarito il concetto di trauma sottolineandone la specificità e dandone una definizione più ristretta (A. Freud, 1967): un imponente sovraccarico ai danni dell’Io che provoca una regressione incontrollata, di natura diversa da altre situazioni di conflitto o di turbamento emotivo. Furst (1967b, 1978) ha descritto il processo traumatico come se avesse inizio in un ‘punto critico’, oltre il quale l’Io sembra scivolare in modo incontrollabile in una regressione sempre più profonda che comporta la perdita di molte funzioni di base. Anna Freud (1967) ha puntualizzato la necessità di distinguere attentamente tra le situazioni e i processi traumatici, e le conseguenze prodotte dal trauma. In linea con le differenziazioni proposte da lei e da altri, alcuni psicologi dell’Io hanno sottolineato l’importanza di comprendere il trauma come fatto in sé, come un fattore indipendente che impatta su altre questioni - ad es. sul lutto e sui conflitti pulsionali (Blum, 2003) - così come è stato messo in luce dalla significatività dei traumi in tutte le fasi e livelli di sviluppo, compreso quello adulto (Phillips, 1991). Joseph Fernando (2009) ha fatto propria la concettualizzazione data dalla Psicologia dell’Io del processo traumatico - come un fattore autonomo nelle dinamiche psichiche - e ha utilizzato questa differenziazione per chiarire e approfondire la comprensione di una serie di questioni. In primo luogo, ha ribadito un punto che era stato formulato da altri (Yorke e Wiseberg, 1976): se è vero Freud aveva collegato il trauma ai fattori che causano la rimozione primaria, di fatto, quando l’Io è colpito da un evento traumatico, esso viene messo talmente fuori uso che le difese complesse richiedenti un certo grado di coordinamento -come la rimozione - non possono aver luogo. Le difese primarie sono attivate da un affetto potente e pervasivo. Freud (1926) aveva sostenuto che la situazione traumatica all’origine della rimozione primaria può provenire sia dall’ “interno”, ad opera delle pulsioni, sia dall’ “esterno”. Ma l’osservazione clinica quotidiana non conferma questa spiegazione; infatti, le conseguenze della rottura della barriera prodotte dall’eccesso di stimolazione interna (come nel pavor notturno o negli scoppi d’ira) sono molto diverse da quelle prodotte dalle violazioni
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