Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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comprendere e a trattare meglio i problemi clinici dei pazienti con un Io danneggiato, e in questo campo egli è stato un pioniere, al pari Anna Freud. Inoltre, tra gli autori europei del periodo prebellico, non può essere trascurato il ruolo di Sándor Ferenczi che lavorava con pazienti gravemente traumatizzati. La Psicologia dell’Io è stata l’ispirazione principale per il contributo eclettico che Alexander Mitscherlich portò avanti in Germania Ovest fino alla sua morte, avvenuta nel 1982 all’età di 73 anni, non solo per aiutare il suo popolo a superare il tremendo disastro dei dodici anni di regime nazista, ma anche per riportare nel suo paese una psicoanalisi illuminata e in grado di operare una critica sociale. Il denominatore comune nelle sue opere è stato l’appello lanciato da Freud nel 1928 a favore di un Io più forte che fosse in grado di ascoltare e seguire die Stimme des Intellekts (la voce della ragione). Un altro importante contributo alla Psicologia dell’Io proveniente dall’Europa del secondo dopoguerra è rappresentato dal lavoro di Joseph Sandler, che mirava ad integrare la Psicologia dell’Io con le teorie delle Relazioni Oggettuali e la scuola di Melanie Klein. Anche se la Psicologia dell’Io nordamericana è stata accolta in modo critico dalla Società Psicoanalitica Italiana, va segnalato come Stefano Bolognini abbia prestato un’attenzione sistematica e dato priorità clinica all’interazione tra l’Io e il Sé, che si fonda su concetti della Psicologia dell’Io. Inoltre, l’assortito panorama psicoanalitico attuale è stato arricchito dalla rinascita a Madrid della Psicologia dell’Io Contemporanea ad opera di Cécilo Paniagua, che ha sviluppato l’‘analisi microstrutturale’ della superficie psichica di Paul Grey, arrivando a dare una dimostrazione efficace dell’evoluzione delle interazioni tra Es e Io nel processo psicoanalitico. Alcuni di questi contributi sono specificati di seguito. III Ca. La Psicologia dell’Io in Europa prima della Seconda Guerra Mondiale Su questo tema è interessante lo scritto di Carlo Bonomi (2010) che ripercorre i rapporti tra Ferenczi e la Psicologia dell’Io: “Ferenczi and Ego Psychology”. L’anno successivo al suo primo incontro con Freud, Sandor Ferenczi aveva introdotto il termine “introiezione” (Ferenczi, 1909), processo che aveva inteso come “un’estensione dell’Io” (Ferenczi, 1912). Nel 1913 aveva pubblicato altri due contributi allo studio dell’Io: “Fasi evolutive del senso di realtà” e “Fede, incredulità e convinzione”. In quest’ultimo articolo spiegava come non sia possibile raggiungere il senso di realtà se ci si affida all’autorità, anticipando così un punto importante della sua successiva opposizione alla Psicologia dell’Io fondata sul Modello Strutturale. Infatti secondo questo modello, e in contrasto con la prospettiva di Ferenczi, si ritiene che il senso di realtà del paziente venga potenziato dall’introiezione dell’analista nel ruolo di Super-io ausiliario.

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