Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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Altri punti dell’originale e grande opera di Bion segnalano il suo debito, forse non riconosciuto, con i concetti delle funzioni dell’Io. Per esempio, è implicito nella sua teoria delle dinamiche di gruppo (1961; trad. it. 1971) che il ‘Gruppo di Lavoro’ corrisponde all’Io-realtà adattivo dell’individuo, mentre il “Gruppo in Assunto di Base' è molto simile all’Es (Rioch, 1975). Inoltre, il costante interesse di Bion per le trasformazioni, l’elaborazione psichica e il processamento degli elementi beta grezzi in elementi alfa - il lavoro psichico che, con il pensiero e il linguaggio, crea i sogni e le rêverie a partire da elementi sensoriali pre-psichici - può essere considerato come una rielaborazione delle funzioni dell’Io usando la terminologia della sua teoria . Questo sforzo di riconcettualizzazione trova la sua massima espressione nella ben nota Griglia, che può essere vista come un modo nuovo per decostruire le funzioni dell’Io e come esse possono o meno aiutare a raggiungere livelli psichici più avanzati di astrazione, realizzazione e autenticità, combinando e integrando l’Io e il Sé . Ovviamente, è del tutto improbabile che Bion si sia mai considerato un esponente della Psicologia dell’Io (certamente, non nel senso della definizione ristretta di Psicologia dell’Io americana data sopra), né dovrebbe essere classificato come tale. Ma è utile e istruttivo seguire la sua linea di pensiero, considerandola un’equivalente europeo che ha tentato di riformulare ciò che la Psicologia dell’Io americana ha cercato di realizzare, anche se attraverso percorsi concettuali molto diversi. III Cg. Psicologia dell’Io ed esperienza Uno degli attributi più importanti del funzionamento normale dell’Io è la creazione, formazione e integrazione di ciò che costituisce la nostra esperienza soggettiva conscia e inconscia. La questione dell’esperienza soggettiva è un tema filosofico antichissimo, e la psicoanalisi mira a spiegare le forze interiori, le dinamiche e i meccanismi che la modellano e la producono. In un certo senso, pur svolgendo un ruolo centrale nel discorso clinico, a partire dagli anni ’80 l’”esperienza” in quanto tale è “spiegata” o come il “risultato finale” e l’esito emergente di tali forze, o come il significante narrativo di queste dinamiche interne. I pazienti descrivono esperienze e gli psicoanalisti e psicoterapeuti parlano loro in termini esperienziali: ciò potrebbe essere uno dei fattori che ha influito sul destino della Psicologia dell’Io dell'epoca di Hartmann, spesso criticata per essere “distante dall’esperienza” (Kohut, 1971). Il linguaggio del “sé” e della “relazione” sembra più adatto per cogliere gli aspetti esperienziali , anche se allo stesso tempo, non tiene conto del fatto che queste realtà osservabili e comunicabili, in ultima analisi, dipendono dalle funzioni dell’Io sottostanti che le generano e sostengono (Grossman, 1982). Soprattutto Erikson ha dovuto affrontare questo problema, quando ha cercato di introdurre il concetto di identità in psicoanalisi. Egli ha tentato di risolvere la difficoltà introducendolo dapprima come il concetto di identità dell’Io , in quanto l’identità è da un lato un costrutto strutturale ma dall’altro è un fenomeno esperienziale (Erikson, 1956). Questa era proprio l’obiezione che alcuni esponenti della Psicologia dell’Io avevano sollevato contro il concetto di identità, criticandolo per essere privo di rigore metapsicologico e di chiarezza intrapsichica (Abend, 1974).

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