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affrontare ciò che gli psicoanalisti oggi possono considerare l’esperienza di sé fu attraverso la sua teoria del narcisismo. Nello scritto “Introduzione al narcisismo” (1914), Freud ha usato questo concetto per spiegare fenomeni come l’onnipotenza, la grandiosità, l’idealizzazione e la scelta d’oggetto narcisistica. Mentre Freud ha considerato l’amore oggettuale come un obiettivo evolutivo, egli tendeva a considerare il narcisismo come qualcosa da cui il bambino crescendo deve distaccarsi. Presagendo comunque alcune scoperte della psicologia del sé, Freud giunse a considerare il potere persistente del narcisismo infantile come correlato al mantenimento dell’autostima; quest’ultima è ottenuta mediante la realizzazione dei propri ideali dell’ego, amando un altro che possieda le qualità trovate in quell’ideale, o essendone amato. Nel testo “Introduzione al narcisismo”, Freud indica fra le scelte d’oggetto “secondo il tipo narcisistico… la persona che fu una parte del proprio sé” (Freud 1914, p. 460), come una delle vie che portano l’essere umano verso la scelta dell’oggetto. La speranza e l’aspettativa nei confronti del trattamento analitico da parte del paziente perciò diviene la speranza di una “cura attraverso l’amore” (ibid., p. 471). Negli anni Trenta il termine Sé è nuovamente introdotto come equivalente all’Ego, quando Freud, come segnalato sopra, afferma: “Normalmente nulla è per noi più sicuro del senso di noi stessi, del nostro proprio Io” (Freud 1929, p. 559). Affermando che con “l’erigersi dell’oggetto stesso nell’Io”, attraverso introiezione, incorporazione e identificazione, “il carattere dell’Io è un sedimento degli investimenti oggettuali abbandonati”, Freud (1922, p. 492) sembra riferirsi a ciò che i successivi teorici avrebbero denominato “il sé”, sviluppato attraverso la graduale sostituzione con identificazioni delle spinte libidiche del bambino verso i genitori. Ciò è in consonanza con i precedenti scritti “Introduzione al narcisismo” (Freud, 1914) e “Lutto e melanconia” (Freud, 1915). Perciò il concetto di identificazione fornisce un legame fra il mondo intrapsichico e quello interpersonale del bambino. L’ identificazione permette alla “realtà” di giocare un ruolo più importante nello sviluppo del sé, aprendo la strada alle scuole e alle concettualizzazioni postfreudiane del Sé e ai loro sviluppi nelle prospettive della Psicologia dell’Io, delle Relazioni Oggettuali inglesi e nordamericane, della Psicologia del Sé, e negli indirizzi Interpersonali- Relazionali. III. Bb. Radici in Sándor Ferenczi Precursore della psicoanalisi relazionale/interpersonale, Sándor Ferenczi (1913; 1929; 1933) si è allontanato da Freud a causa dalle loro differenti concezioni sul ruolo giocato dalla realtà traumatizzante nella creazione della psicopatologia. Ferenczi considerava l’esperienza traumatica come ciò che è generalmente perpetrato su un bambino da figure cattive, e riteneva che la patologia che ne consegue sia causata da una scissione nel sé (dissociazione) che serve a proteggere il bambino da pensieri e sentimenti intollerabili. Questa concezione secondo cui il trauma genera la psicopatologia dissociativa, considerata da alcuni come un’elaborazione dell’‘ipotesi della seduzione’ proposta da Freud nel 1896, è notevolmente vicina alle teorie relazionali contemporanee di Philip M. Bromberg e Donnell Stern. Si attribuisce inoltre a Ferenczi di aver anticipato la psicologia del sé, nella sua enfasi sul ruolo cruciale del caretaker
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