Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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Ronald Fairbairn Fairbairn (1952, 1963) non usa nella sua teoria psicoanalitica direttamente la parola sé ma usa “Io” [“ego”], come Freud ha utilizzato “das Ich” nei suoi scritti pre-strutturali per designare il sé. John Sutherland lo conferma: “Fairbairn riteneva che ‘sé’ è il termine più appropriato per maggior parte delle sue considerazioni, giacché esso si riferisce all’intero dal quale i sotto-sé sono scissi. Il termine ego è utile per riferirsi al sé centrale, cioè alla parte dominante del sé che incorpora i principali propositi ed obbiettivi dell’individuo, nelle sue relazioni col mondo esterno e con cui di solito è associata la coscienza” (1944, p. 21; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). I tratti principali del sé nella teoria strutturale di Fairbairn sono i seguenti: Le persone sono in relazione con gli oggetti, perciò il sé è definito nei termini della relazione. Il bambino/individuo è in cerca dell’oggetto [object seeking] piuttosto che in cerca del piacere. Il sé esiste fin dall’inizio è non è un risultato dell’esperienza. Esso è una sua precondizione, e al tempo stesso precondizione per ulteriori esperienze ed un ulteriore sviluppo. Il sé fornisce continuità all’ulteriore sviluppo e lo caratterizza. “Il sé, nella teoria di Fairbairn, è un nucleo centrale vivente che cresce autodefinendosi, da lui considerato come il punto di origine del processo psichico umano; da questo principio fondamentale consegue che è possibile per un tale sé avere relazioni con altri esseri umani anche se essi, in termini di rappresentazione, non sono stati ancora differenziati come oggetti separati dal sé. Inizialmente, questo sé si pone in relazione col mondo con scarsa esperienza di differenziazione fra sé e l’oggetto” (Rubens, 1994, p. 432; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Durante lo sviluppo, all’interno del sé si formano sottosistemi che sono parte della struttura endopsichica concettualizzata da Fairbairn. Egli definisce ciò in questi termini: “… l’Io originario [sé] è scisso in tre strutture egoiche: un Io centrale (cosciente) connesso all’oggetto ideale (ideale dell’Io), un Io libidico rimosso [sé] connesso all’oggetto eccitante (o libidico), e un Io antilibidico rimosso [sé] connesso all’oggetto rifiutante (o antilibidico) […] Questa situazione interna rappresenta una posizione schizoide di base che è più fondamentale della posizione depressiva descritta da Melanie Klein […] L’Io antilibidico [sé], in virtù del suo legame con l’oggetto rifiutante (antilibidico), adotta un atteggiamento assolutamente ostile verso l’Io libidico, e in tal modo ha l’effetto di rinforzare in maniera potente la rimozione dell’Io libidico da parte dell’Io centrale” (p. 35; trad. it. p. 170). In questi passaggi, secondo Robbins (1994), alcune idee della teoria di Fairbairn sulle relazioni oggettuali anticipano sviluppi che culmineranno nella Psicologia del Sé di Kohut. (Grotstein e Rinsley 1994). (Vedi la voce: TEORIE DELLE RELAZIONI OGGETTUALI).

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