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andare in pezzi, perdere ogni orientamento) contro cui il bambino reagisce istintivamente con un rigido e prematuro “self-holding” [trad. it. “autosostenersi” (1962, p. 58; trad. it. p. 70). Questo è un aspetto del “falso sé” (vedi oltre), che “nasconde e protegge… il nucleo del sé” (ibid.). Il graduale movimento dalla non integrazione all’integrazione comincia ben presto, attraverso processi innati e naturali nel bambino, l’holding materno e le esperienze pulsionali soddisfacenti. Winnicott fa una distinzione fra la “relazionalità dell’Io” e la “relazionalità dell’Es”. La prima è correlata con la funzione di holding della madre, l’altra con la madre come oggetto delle spinte pulsionali del bambino. Il sé primitivo è spietato. “Dobbiamo postulare una relazione oggettuale precoce di crudeltà” [in ingl.: “ruthless”] (1945, p. 154; trad. it. 186). Il passaggio dalla ‘pre-pietà’ alla ‘pietà’ avviene successivamente, ed appartiene allo sviluppo della capacità di preoccuparsi proprio della posizione depressiva. In “Lo sviluppo emozionale primario” (1945) Winnicott scrive: “Tenterò di descrivere nei termini più semplici possibili questo fenomeno come lo vedo io. In termini di neonato e di seno materno… il neonato ha dei bisogni istintuali e delle idee predatorie. La madre possiede un seno, il potere di produrre latte e l’idea che le piacerebbe essere attaccata da un bambino affamato. Questi due fenomeni non entrano in rapporto l’uno con l’altro finché madre e bambino non hanno un vissuto comune [in ingl.: live an experience together ]… Mi rappresento questo processo come se due linee venissero da direzioni opposte, suscettibili di avvicinarsi l’una all’altra. Se si sovrappongono, vi è un momento di illusione ” (Winnicott, 1945, p. 152; trad. it. pp. 183-184). Posto che l’adattamento della madre sia sufficientemente buono, e che lei proponga sé stessa in un modo e in un momento che “corrisponde alla capacità propria del bambino di creare” (Winnicott, 1953, p. 12; trad. it. p. 34), il bambino può sviluppare la fantasia di creare il seno. Il seno è un “oggetto soggettivo”, creato onnipotentemente dal bambino. Senza questa illusione, scrive Winnicott, “nessun contatto è possibile tra la psiche e l’ambiente” (Winnicott, 1952, p. 223; trad. it. p. 269). L’esperienza dell’onnipotenza, dell’illusione, è il fondamento sia del rudimentale senso di sé sia di una relazione personale e creativa col mondo. L’alternativa è una relazione reattiva con esso, basata sull’adattamento, dove l’impulso personale e la vitalità sono assenti. In questa situazione il bambino si relaziona col mondo da una posizione di falso sé, che lo conduce a un senso di futilità e a uno sviluppo contrastato della capacità di formazione dei simboli e di usare oggetti transizionali. La questione della disillusione, della perdita dell’onnipotenza e dell’avvento del principio di realtà si pone successivamente. Senza l’illusione primaria il processo di disillusione perde il suo significato. “Il compito della madre, col tempo”, scrive Winnicott, “è di disilludere gradualmente il bambino, ma essa non ha speranze di riuscire a meno che non sia stata capace da principio di fornire sufficiente opportunità di illusione” (1953, p. 11; trad. it. p. 33).
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