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“Quando si impiega il termine narcisismo, appaiono perlopiù fusi insieme due diversi insiemi di entità opposte. Il primo si riferisce al Sé (alla propria persona) in contrapposizione all’oggetto, il secondo all’Io (come sottostruttura psichica) in contrapposizione alle altre sottostrutture della personalità. Ma l’opposto dell’investimento dell’oggetto non è l’investimento dell’Io bensì l’investimento della propria persona, cioè l’investimento del Sé; quando parliamo di investimento del Sé non intendiamo implicare che l’investimento concerne l’Es, l’Io o il Super- io… Ciò che in realtà troviamo come “narcisismo” lo troviamo in tutti e tre i sistemi psichici; ma in ogni caso si tratta di una situazione antitetica (e in cui le parti possono essere scambiate) a quella dell’investimento oggettuale. Definire quindi narcisismo non l’investimento libidico dell’Io ma quello del Sé sarà una chiara precisazione. (Potrà inoltre essere utile avvalersi dell’espressione rappresentazione del Sé in quanto antitetica a rappresentazione dell’oggetto)” (Hartmann, 1950, p. 84; trad. it. p. 143). Nell’ambito del Sé, Hartmann ha tentato di distinguere fra il sé, l’immagine del sé e la rappresentazione del sé, che ha posto in rapporto di opposizione e di reciprocità con le rappresentazioni oggettuali. Basandosi principalmente sul testo freudiano “Introduzione al narcisismo” (Freud 1914), che ha predatato la teoria del dualismo pulsionale del 1920, e sulla teoria strutturale del 1922, nella prospettiva di Hartmann la definizione economica del narcisismo come investimento libidico del sé non fa alcun riferimento all’aggressività nè al problema delle interrelazioni tra i concetti di narcisismo, Io, sé, e la loro relazione con l’apparato psichico e la sua struttura e funzione (Blum 1982). Tutte queste questioni sono lasciate all’esplorazione delle successive generazioni dei pensatori freudiani (Jacobson 1964, Blum 1982, Rangell 1982, Kernberg 1982), così come l’emergere di ulteriori teorie del sé (vedi sotto). Comunque, la nuova distinzione hartmaniana fra il sé inteso come persona e la rappresentazione intrapsichica della persona, o rappresentazione del sé, continua a costituire un contributo durevole che, nell’ulteriore elaborazione influente a livello globale di Jacobson e Mahler (vedi sotto), recupera alcuni degli aspetti duali dell’‘Ich’ freudiano. Erik H. Erikson (1950, 1956, 1959) ha allargato il modello freudiano del conflitto e lo ha collocato nel contesto sociale e culturale in cui ha luogo lo sviluppo. In contrasto col focus freudiano sull’intrapsichico e lo psicosessuale, Erikson ha sottolineato il ruolo centrale dei fattori sociali ed ambientali nello sviluppo. Ha considerato lo sviluppo come un processo che dura tutta la vita e lo ha suddiviso in otto stadi, ciascuno organizzato attorno a un conflitto psicosociale centrale (per esempio Stadio Uno – fiducia vs sfiducia). Mentre egli ha considerato tutte le identificazioni dalla prima infanzia alla seconda infanzia come la modalità primaria dello sviluppo del sé, ha visto l’adolescenza - cioè il percorso fra l’infanzia e l’età adulta - come il periodo critico per il consolidamento dell’identità. Secondo Erikson, l’identità si forma generalmente dopo qualche esperienza di confusione di ruolo e di sperimentazione sociale. Ha coniato il termine “crisi d’identità”, per descrivere la turbolenza che spesso accompagna lo sviluppo di un senso di sé. Per Erikson, questo punto di svolta nello sviluppo umano sembra
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