Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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senso di sé esiste in un complesso contesto di sensazioni ed informazioni provenienti dal corpo dell’individuo e dalla sua relazionalità con altri individui, gruppi e cultura, e dalla responsività e dall’adattamento agli oggetti inanimati e agli altri oggetti animati non-umani. Nella matrice dell’esperienza di attaccamento, il senso di sé del bambino scaturisce dal suo senso di essere attivo [agency] – cioè, dall’essere autore dell’azione, in termini di fare, agire, recepire, iniziare e rispondere. Secondo Lichtenberg (Lichtenberg, Lachmann e Fosshage, 2011), centrali nelle intenzioni e scopi del senso di sé attivo sono: la ricerca di una base sicura nei momenti di pericolo e di perdita (Bowlby, 1988), l’ottenere risposte affermative di rispecchiamento dai caregivers, lo stabilire un senso di comunanza (gemellarità), l’ammirare (idealizzare) gli altri (Kohut, 1984) ed essere ammirato. Un’efficace regolazione reciproca di queste relazioni fondamentali di attaccamento ad individui e di affiliazione a gruppi (la famiglia, i pari, ecc.) porta a cambiamenti corrispondenti nel senso di sé e dell’altro, e costruisce un generalizzato ambiente positivo che influenza le ulteriori aspettative e adattamenti. Mentre si può parlare di un senso nucleare del sé, dell’identità, dell’essere persona, l’esperienza del sé si diversifica con la molteplicità delle intenzioni e degli obbiettivi. Complessivamente, Lichtenberg (1989) ha descritto cinque sistemi motivazionali nello sviluppo del sé, che si riferiscono ai bisogni di: 1. regolazione psichica delle esigenze corporee; 2. attaccamento e affiliazione; 3. esplorazione e assertività; 4. reattività avversiva; 5. sessualità e sensualità. Nelle situazioni adattive normali, il senso di sé si sposta fluttuando tra diversi elementi dominanti, a seconda della presenza o assenza dell’intento di regolare richieste fisiologiche, di formare legami di attaccamento a individui o di affiliazione a gruppi, di dare e ricevere cure, esplorare il proprio ambiente prossimo e affermare le proprie preferenze, esprimere avversione attraverso antagonismo e ritiro, e cercare godimento sensuale ed eccitazione sessuale (Lichtenberg, 2008). In risposta a stress cronico e/o traumatico il senso di sé può frammentarsi in stati dissociati, può confinarsi in un accomodamento patologico, e risultare menomato e debilitato in stati regressivi e depressivi. Gli attacchi al proprio senso di essere attivo [agency], all’autostima e al senso del proprio valore - soprattutto in un individuo vulnerabile alla vergogna, alla colpa e alla perdita di orgoglio e di fiducia - influiscono sul senso di sé, conducendo spesso a rabbia, sospettosità e ossessione con fantasie di vendetta. Nel complesso, il senso di sé come agente del proprio fare [doer doing] è sostenuto dalle esperienze di empatia, o reso vulnerabile alla perdita di un senso di coesione se la connessione empatica è disturbata o assente (Kohut, 1977). Nell’ambito di un’intensa fertilizzazione reciproca fra Psicologia del Sé e Prospettive Relazionali, Howard Bacal (1985,1998a,b) delinea una ‘psicologia del sé relazionale’, dove il focus è sul contesto della relazione soggettiva piuttosto che sulla relazione in quanto tale. Mettendo in discussione il ruolo della ‘frustrazione ottimale’ nello sviluppo e in terapia, Bacal sostiene che la ‘responsività ottimale’ sia una migliore descrizione di ciò di cui il sè ha bisogno.

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