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Bollas scrive: “Se l’idioma è, quindi, quel qualcosa con cui siamo nati e se il suo piacere consiste nell’elaborarsi mediante la scelta degli oggetti, che è un’intelligenza di forma e non tanto l’espressione del loro contenuto interno, il suo lavoro si scontra con la struttura degli oggetti che lo trasforma, mediante la quale ottiene i suoi contenuti interni precisi. Questa dialettica di scontro tra la forma umana e la struttura dell’oggetto è, nei momenti migliori, la gioia di vivere, mentre siamo alimentati dall’incontro” (Bollas 1992, pp. 59-60; trad. it. p. 59). In svariati esempi Bollas discute il “senso di sé” profondo. Nel capitolo “Che cos’è quella cosa chiamata Sé?” - in “Cracking up- il lavoro dell’inconscio” (1995) - egli lo definisce “un senso separato. Esso è solo una potenzialità in ogni individuo, che, nato con questa facoltà, riuscirà poi a svilupparla in misura più o meno ampia” (ibid, p. 154; trad. it. p. 115). Questo senso di sé può essere bloccato ed ostacolato quando nella vita dell’individuo vi sono state troppo poche risposte sensibili alle sue espressioni idiomatiche, lasciandolo con un sentimento di vuoto e con una mancanza di contatto interiore. Nel senso di sé, scrive Bollas, “C’è una sensazione del proprio essere, di qualcosa che c’è, ma non di qualcosa che possiamo toccare o conoscere; soltanto un senso, ma si tratta del fenomeno “sentito” più importante della nostra vita” (ibid, p. 172; trad. it. p. 128). VI. B. Contributi italiani Laddove nella psicoanalisi britannica le teorie del Sé sono state sviluppate all’interno della tradizione delle relazioni oggettuali, nella psicoanalisi italiana il concetto del Sé è stato sviluppato da autori che hanno teorizzato la sua genesi dalla mente primitiva nella relazione con la madre (Eugenio Gaddini), dalla “matrice gruppale” (Giovanni Hautmann), dalla dimensione transgenerazionale (Diego Napolitani), o ancora è stato inteso come un dispositivo per analizzare le dinamiche nella relazione analista-paziente (Stefano Bolognini). Eugenio Gaddini (in: Mascadini, Gaddini, De Benedetti, 1989), attraverso la sua intensa conoscenza e collaborazione con Winnicott, è stato uno degli psicoanalisti che hanno contribuito a importare e a sviluppare le teorie del Sé nella psicoanalisi italiana. Nel riferirsi al Sé, egli utilizza il termine “organizzatore” rispetto al termine “struttura” per indicarne la funzione catalizzatrice nello sviluppo dell’organizzazione psichica. Nelle fasi iniziali della strutturazione del Sé prevale l’ancoraggio agli stimoli sensoriali e alle sensazioni corporee, che mancano di un senso definito del tempo e dello spazio. Queste prime sensazioni provocano nel bebè una forma iniziale di “esperienza di sé”, che è sperimentata come proveniente dal Sé, priva di confini e non differenziata dal non-Sé. La psiche emerge quindi dalle sensazioni, organizzandole gradualmente attraverso un meccanismo molto primitivo che Gaddini definisce “imitazione primitiva”, ovvero “imitare per essere”. Questa imitazione/impersonazione primitiva continua ad essere usata anche nella vita adulta, abitualmente nei sogni e nella patologia del senso del sé, e all’epoca dell’adolescenza viene utilizzata di fronte all’angoscia causata dal rapporto con l’oggetto (Mascadini, Gaddini, De Benedetti, 1989, p. 563).
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