Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

Torna all’indice

A partire dal terzo mese di vita la psiche del bambino, attraverso la percezione, comincia ad imbattersi in qualcosa che Gaddini definisce un “oscuro senso di non sé”, che lo porterà ad un primo riconoscimento dell’oggetto come separato da sé. L’autore sottolinea molto la vulnerabilità psichica del bambino in questa fase, superiore a quella biologica, e questa esperienza genera una forma di angoscia primitiva che è l’angoscia di perdita di sé (p. 566). Successivamente l’autore la definirà più specificamente come: 1) l’angoscia di non integrazione, quando il Sé separato non riesce a mantenere coesione e si frammenta; 2) l’angoscia di integrazione, quando il Sé, attraverso la maturazione biologica e l’adattamento dell’ambiente alle sue necessità emotive, acquisisce un sentimento di sufficiente stabilità ma teme costantemente di perderlo. È interessante notare che Winnicott afferma che l’angoscia di integrazione è connessa a un tipo di angoscia paranoide. La separazione del Sé dall’oggetto non-Sé coincide con la nascita psicologica (Mahler e al. 1975) e avviene attraverso un’oscillazione tra angoscia di non integrazione e angoscia di integrazione. Le cariche libidiche non cercano primariamente l’oggetto, ma sono rivolte all’interno per tenere insieme i frammenti del Sé: questo stadio si può definire di consolidamento del Sé costituito, unitario. Questo stadio può durare per un tempo notevole ed è un tempo prezioso, perché il Sé è in grado di avere vissuti autonomi e le angosce di perdita del sé gradualmente scompaiono. L’ultimo stadio è quello della formazione dell’oggetto, e coincide con la rinuncia del Sé alle difese precedenti per investire in un’autentica relazione d’amore. Gaddini sostiene che tutti questi stadi sono riconoscibili anche nel processo analitico individuale. Giovanni Hautmann (1990, 2002) ha sviluppato i legami tra l’iniziale formazione del Sé – la sua nascita -, gli inizi delle capacità simboliche e la nascita della capacità di pensare. L’autore sottolinea che la mente primitiva è governata da una matrice asimbolica, in cui prevalgono stimolazioni sensoriali, percezioni, sensazioni, emozioni primitive. Lo sviluppo del Sé avviene attraverso l’emersione progressiva da questa matrice originaria, con delle oscillazioni tra una condizione asimbolica, dispersa e disaggregata, e una iniziale spinta all’integrazione, verso gradi progressivi di possibile emersione di identificazioni ed espressività simbolica. Prendendo spunto dalle teorie di Bion sull’apparato protomentale, Hautmann definisce la matrice asimbolica come ‘magma protomentale’ o “Sé gruppale primitivo”. In questa matrice protosimbolica gli elementi, dispersi o aggregati che siano, stanno sul crinale di appartenenza tra lo statuto psichico e quello fisico e quindi sono passibili di avvicinamento analitico, come, forse, anche di avvicinamento biologico. Le oscillazioni della mente primitiva possono anche essere intercettate nella seduta analitica, contenute e comprese dalla rêverie dell’analista e risignificate attraverso la sua attività interpretativa. Diego Napolitani (1987, 1991, 2005) propone un modello di formazione del Sé individuale - inteso come nucleo identitario forte/nucleo centrale - a partire dalla matrice gruppale , stratificata nella sua dimensione culturale, sociale e familiare. L’autore ha modellato il suo costrutto del Sé con l’aiuto di una rappresentazione grafica che ha definito “mappa della mente bipolare”, in cui egli indica le componenti “maschili” e “femminili” come due differenti modalità di approccio alla conoscenza e alla visione del mondo. Nella mappa della ‘Mente Bipolare’ l’autore identifica tre dimensioni: 1) L’IDEM (termine latino per ‘stessità e identità’) è strettamente correlato all’ambiente originario (il nostro passato, dalle più lontane origini alle

605

Made with FlippingBook - professional solution for displaying marketing and sales documents online