Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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del processo analitico. Ciò si compie, secondo Meltzer, attraverso la “creazione del setting”, un lavoro costante nel quale i processi di transfert della mente del paziente possano trovare espressione. La concezione di Bion del setting è in accordo con quella di Freud nel senso che “un’analisi deve essere condotta in un’atmosfera di privazione”, in modo tale che “in nessun momento, l’analista o il paziente debbono perdere la sensazione di essere isolati all’interno del loro intimo rapporto analitico” (Bion, 1963, 15; it. 24). Il concetto di Bion dello spazio analitico combina intimità e isolamento. Questa creazione di un setting intimo e cionondimeno caratterizzato da astinenza è necessaria per evocare un’atmosfera dove la realtà che sta dietro ai fenomeni, priva di forma, “O”, possa “divenire” ed essere esperita, e non solo essere conosciuta intellettualmente. (Bion, 1965, 153; it. 211). Il setting è organizzato intorno al concetto bioniano di “trasformazioni”, per cui si facilita l’emergere del senso di una verità emotiva “assoluta” - un cambiare nella propria forma, spesso inteso come il dare alla luce parti del sé ancora mai nate. Alcuni scritti riguardanti il setting collegano gli aspetti temporali e spaziali del setting esterno con il setting interno dell’analista allo scopo di discutere le modalità attraverso le quali il setting rappresenta il livello primario dell’holding e della presenza materni. Molti di questi scritti sul setting/inquadramento riprendono la focalizzazione di Bleger sui significati inconsci dell’inquadramento per l’analista e il paziente, usando il concetto bioniano del modello contenitore/contenuto delle relazioni oggettuali e il concetto dei Baranger del campo analitico (Baranger & Baranger, 2008; Civitarese, 2008; Churcher, 2005; Green, 2002).

II. SETTING ESTERNO

Spazio: il lettino . Freud fece le seguenti raccomandazioni: “egli fa assumere [ai pazienti] una comoda posizione dorsale su un divano, mentre egli siede su una sedia alle loro spalle, nascosto alla loro vista” (Freud, 1903, 408). Vi sono varie ragioni per cui Freud dà questo suggerimento. Ragioni storiche: nei casi clinici in Studi sull’isteria , Freud nota che le pazienti che visitava erano spesso sdraiate su un divano e su una poltrona, e che esse preferivano rimanere in quella posizione, soprattutto se chiudevano gli occhi per parlare dei loro disturbi. In seguito, egli aggiunge un motivo soggettivo per evitare la posizione faccia-a- faccia: la sensazione di disagio e di mancanza di libertà mentre viene osservato dal paziente. Ma egli dà altre ragioni: “… [il paziente] si risparmia qualsiasi sforzo muscolare e ogni impressione sensoriale che possa distrarlo e distogliere la sua attenzione dal concentrarsi sulla propria attività psichica” [Freud, 1903, 408]. E per l’analista: “Dato che mi abbandono io stesso, mentre ascolto, al flusso dei miei pensieri inconsci, non desidero che l’espressione del mio volto offra al paziente materiale per interpretazioni o lo influenzi nelle sue comunicazioni” (Freud, 1913, 343). Dopo cento anni, l’esperienza accumulata ci permette di considerare valide

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