Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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trasformarlo in un robot parlante”. In questo e in altri modi, ha analizzato la potenziale alienazione perpetrata da un’applicazione cieca ed irriflessiva della cornice di riferimento (framework). Nel suo concetto dell’inevitabile “violenza dell’interpretazione”, essa ha collocato sia il primo caregiver sia l’analista nella stessa posizione paradossale di rischiare una interpretazione “eccessiva”, un ammonimento che ha condotto gli analisti di lingua francese da entrambe le parti dell’Atlantico ad esprime riserve riguardo ad un uso acritico del controtransfert per comprendere i pazienti. Gli autori francesi sono stati particolarmente sensibili all’inerente potenziale “seduttivo” – necessario ma anche abusante – che è parte del setting psicoanalitico. Donnet (2001, 138) differenzia il luogo psicoanalitico dalla situazione analizzante: “il luogo psicoanalitico contiene l’insieme di ciò che costituisce l’offerta di un’analisi. Include il lavoro dell’analista”, e “la situazione analizzante risulta causalmente dall’incontro sufficientemente adeguato tra il paziente e il luogo”. Le due principali fonti dell’attuale teorizzazione che riguarda specificamente il setting sono Winnicott (1955) e Bleger (1967). Alcuni autori si riferiscono anche all’uso che i Baranger (1983) fanno della teoria del campo, che vede la situazione analitica come una co- creazione; i due membri della coppia analitica sono inestricabilmente connessi, l’uno non può essere compreso senza l’altro. Il campo analitico è configurato come una fantasia inconscia della coppia analitica, che sarà affrontata in quanto tale nel corso dell’intera analisi. Il fondamentale articolo di André Green (1975) “L’analista, la simbolizzazione e l’assenza nel setting analitico” fu dedicato alla memoria di Winnicott, un autore il cui lavoro Green introdusse in Francia. Nella lettura che Green fa di Winnicott, la cornice (frame) e la qualità della presenza analitica che l’accompagna è l’“ambiente” attuale nel suo ruolo di facilitazione o di interferenza (impingement) nei confronti della capacità del paziente di vivere esperienze in uno spazio transizionale e di pensiero creativo. Qui per pensiero si intendono i pensieri non allucinatori e non proiettivi, soggettivati come parte di sé. Portando avanti questo orientamento teorico, il lavoro di René Roussillon ha sottolineato la qualità di “gioco dello scarabocchio” (“squiggle-game”): “il setting può diventare un invito al paziente alla partecipazione in un area/campo condiviso di gioco o co-pensiero, in cui il paziente può ‘rispondere’ a modo suo” (Roussillon, 1995) e che avrà alternativamente per conseguenza il fatto di essere contenuto oppure interpretato dall’analista. L’analista e il suo setting diventano un “médium malléable” nel senso dell’uso dell’oggetto (1988, 1997, 2013). VI. A. Specifici contributi e sviluppi della psicoanalisi nord-americana Negli scritti di Stone, Modell e Spruiell possiamo trovare un influente filone di espansione della tradizione freudiana, focalizzato sulla situazione/il setting/la cornice psicoanalitica in quanto attivamente e dinamicamente partecipante al processo psicoanalitico in corso. Leo Stone (1961), nel suo libro rivoluzionario (ormai un classico ma tuttora attuale) La situazione psicoanalitica , e nella sua prosecuzione nell’articolo “The Psychoanalytic Situation and Transference” (Stone, 1967), presenta il concetto del setting psicoanalitico come

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