Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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organicamente connesso col “campo di forze” dinamico che esso genera (1967, 3). In questa prospettiva, il setting scatena un insieme di illusioni in forma di transfert arcaici e relativamente maturi, e un intergioco di differenti temporalità. Robert Langs (1984) ha descritto la cornice (frame) ideale classica come una struttura che rende possibile il campo bipersonale in cui le comunicazioni inconsce del paziente possono emergere su una base sicura (e intersecarsi con quelle dell’analista). Nel suo approccio “comunicativo”, “Stabilire, gestire, rettificare e analizzare le violazioni della cornice costituisce un importante gruppo di interventi relativamente non riconosciuti e sostanzialmente cruciali” (Langs, 1979, 12). La sua ricca esposizione delle molteplici sfaccettature della comunicazione inconscia proiettiva-introiettiva nel campo bipersonale multivettoriale, che la “cornice saldamente stabilita e mantenuta” consente di far emergere – un collegamento con la capacità di compiere esperienze in uno spazio transizionale con le sue proprietà dinamiche emergenti e col contributo dell’analista al transfert del paziente – contiene molti elementi fondamentali (riconosciuti o no) di ricchi sviluppi contemporanei. Arnold Modell (1988, 1989) amplia la tradizione di estrarre le forze dinamiche intrapsichiche e relazionali, che emanano dalla centralità del setting psicoanalitico inteso come un “contenitore di livelli multipli di realtà” (Modell, 1989, 9), in vista di cambiare gli scopi del trattamento (Modell, 1988). Nella sua visione, il setting stesso include la qualità di legame tra analizzando e analista, e presenta il fondamento dinamico del trattamento psicoanalitico. Seguendo e sviluppando l’enfasi di Spruiell (1983) sull’importanza delle regole del gioco, le “regole di base” e la “cornice” di Langs (1979, 1984), e l’analogia di Milner con la cornice del dipinto (1952), Modell (1988) considera il “setting” non solo come una costrizione (Bleger, 1967), ma anche come racchiudente una realtà separata” (Modell, 1988, 585), e l’istituzione di un unico “accordo sia contrattuale che comunicativo tra i due partecipanti” (ibid.), generante l’illusione del transfert, che è in un certo senso analogo all’illusione teatrale. (Vedi anche J. McDougall, 1982). La sintonizzazione al setting stesso, ampiamente concepito in senso dinamico, evolve ulteriormente nella teoria contemporanea nord-americana, negli approcci bioniani e basati sulla teoria del campo (Goldberg, 2009; Peltz and Goldberg, 2013), nella scuola interpersonale (Levenson, 1987; Stern, 2009) e in quella relazionale (Aron, 2001; Bass, 2007 e altri). Hoffman (2001) per esempio, seguendo Gill e unendosi a Mitchell e al gruppo relazionale, ha scritto riguardo all’intergioco tra rituale e spontaneità, ponendo attenzione alla necessità delle regole e della sospensione di esse. José Bleger è stato letto solo relativamente di recente nella psicoanalisi nordamericana, ma Racker (1968) era stato tradotto precedentemente, ed ha avuto influenza sul lavoro intersoggettivo e interpersonale sviluppato nel William Alanson White Institute con Sullivan e Thompson, e successivamente da parte di Levenson, Mitchell, Donnel Stern ed altri. I teorici relazionali contemporanei come Bass (2007) vedono il lavoro analitico incorniciato (framed) come uno spazio in cui vi sono due persone in un campo bipersonale. Ma Bass, diversamente da Langs, sottolinea l’unicità: “una sola taglia non si adatta mai a tutti” (2007, 12). Il qui e ora è compenetrato col passato relazionale, un orientamento di pensiero che ha forti affinità con

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