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quello dei Baranger e di Bleger. Il setting – nel senso di Bleger – è più in sintonia coi modelli bi-personali del processo analitico, incluso il pensiero che le preoccupazioni sociali, istituzionali e anche meta-teoriche si giocano nel setting, ed operano all’interno di esso. In modo simile a quello di Bleger, Peter Goldberg (2009) ha sviluppato una prospettiva in cui egli vede la cornice/setting in termini bioniani come la struttura in cui sono proiettate e contenutele le angosce psicotiche. Secondo il punto di vista di Goldberg, la cornice (frame) diventa un luogo in cui l’analista o il paziente evacuano aspetti danneggiati o psicotici del sé. Per comprendere tutti gli aspetti scissi delle dinamiche transfert/controtransfert, in certi casi si può osservare la cornice, gli elementi presumibilmente semplici e lineari della cornice, o setting, che sono stati distorti e resi tossici attraverso processi di evacuazione e proiezione. I frammenti pericolosi del sé o dell’altro potrebbero rimanere nascosti nella cornice, rimanendo insignificanti ed extra-analitici fino a che l’analista non è in grado di osservare e far rientrare questi frammenti scissi nelle persone viventi nella situazione analitica. Grotstein, uno dei primi e dei più influenti ad introdurre Bion negli Stati Uniti, ha sviluppato un concetto del setting in cui i due partecipanti col tempo si accordano nel proteggere la “solitudine” analitica. Qui il concetto di setting, in quanto distinto dalla cornice, diviene un accordo “sacro”: nello stabilire le regole della cornice e nell’accettazione di esse da parte dell’analizzando, “analista e analizzando siglano un patto che lega ognuno di loro al compito di tutelare il terzo – vale a dire, la prassi analitica stessa” (Grotstein, 2011, 59; it. 66). Tabakin (2016) ha fatto di recente una distinzione fra i termini “cornice” (frame) e setting. Egli propone che la concettualizzazione della “cornice” connoti la struttura, mentre il “setting” implichi la relazione. L’idea della cornice come struttura serve come guida per la misurazione e l’interpretazione degli acting-out contro quella struttura. Il setting, in quanto distinto dalla cornice, implica l’atmosfera che definisce il potenziale effetto trasformativo del trattamento. Il setting narra lo spazio condiviso tra l’analista e l’analizzando, che diviene un processo dinamico di sviluppo tra i due partecipanti. L’evoluzione del concetto di setting/cornice è una storia indipendente nel caso degli analisti di lingua francese del Québec, che si situano alla confluenza di tre culture psicoanalitiche: è predominante la loro naturale affinità con gli analisti continentali francesi, ma tuttavia sono anche influenzati da tutte e tre le scuole di pensiero britanniche, e consapevoli di alcuni dei maggiori sviluppi che cambiano il paesaggio psicoanalitico americano. Rispetto al setting, per la comunità analitica del Québec la scelta di identificazione è stata chiara: distanziandosi sia dal modello medico sia dalla versione di Eitingon della cornice, si è esplicitamente definita in opposizione alle pressioni “canoniche” che erano diventate una forte fonte di divisione per molti analisti statunitensi. In contrasto col bisogno di assertività iconoclastica che tendenzialmente ha caratterizzato segmenti importanti della teorizzazione americana, l’eredità di Lacan ha promosso una libertà mentale, espressa in uno spirito di dibattito profondo con l’opera freudiana, ampliandola. Ne sono esempi conseguenti sia il lavoro di Green (1975) sulla cornice come un “terzo” e come supporto al funzionamento mentale del paziente nella sua capacità di
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