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che tali concetti dovessero essere messi in relazione con alcuni fondamentali costrutti psicoanalitici quali ‘fantasia inconscia’, ‘angoscia primaria’ e ‘difese’ (Klein, 1952) che si manifestano nella situazione psicoanalitica, sulla spinta della relazione di transfert- controtransfert.
II. EVOLUZIONE DEL CONCETTO
Occorre ricordare come, prima di ciò, l’autore avesse già spinto in questa direzione le proprie riflessioni teoriche, nella sua tesi di dottorato che divenne in seguito il suo primo libro, intitolato Psychosomatic Semiology (1947). L’adozione della Teoria della Comunicazione fu per Liberman solo un passo ulteriore nel lungo sforzo di sistematizzare il lavoro clinico psicoanalitico, per rendere conto della realtà dei pazienti in consultazione in una maniera possibilmente più oggettiva e prendere in considerazione la singolarità di ciascun membro della coppia terapeutica. La Teoria della Comunicazione fu accompagnata nei suoi sviluppi da una delle sue possibili estensioni: la semiotica. Questa è la scienza che studia i principi generali che governano il funzionamento dei sistemi di segni e codici, e determina la loro tipologia (Prieto, 1973). Tale disciplina (cui contribuì anche Morris, 1946) gli fornì quegli strumenti concettuali utili a comprendere come la comunicazione umana non fosse solo mediata dal canale verbale (area ‘sintattica’) ma venisse influenzata anche dall’area ‘semantica’, cui occorre porre attenzione per i possibili ‘fraintendimenti’ interni alla comunicazione, oltreché dalla ‘area pragmatica’, che avviene principalmente attraverso il canale comportamentale. Di conseguenza, con ‘area sintattica’ ci riferiamo alla relazione sintagmatica tra i segni; con ‘area semantica’ alla relazione tra significato e significante; e con ‘area pragmatica’ alla relazione tra l’utente e il codice (Watzlawick et al, 1967). In altri termini, l’informazione viaggia in “pacchetti” che determinano le varie combinazioni delle tre aree semiotiche. A seconda degli elementi prevalenti e delle alterazioni che possono essere osservate in ciascuno di questi, Liberman classificò i pazienti in tre categorie distinte: 1) “con distorsioni prevalenti nell’area sintattica”, corrispondenti all’incirca ai pazienti “nevrotici” nella classica psicopatologia; 2) “con distorsioni prevalenti nell’area semantica”, che coprono una vasta gamma dei disturbi “narcisistici”; 3) “con distorsioni prevalenti nell’area pragmatica”, che includono le psicopatie, la perversione e la dipendenza patologica, nella classica formulazione. L’idea che si tratti di alterazioni prevalenti ma non assolute è fondamentale per comprendere questa classificazione. Infine, Liberman terminò la propria opera di sistematizzazione clinica con uno studio “sui fattori e sulle funzioni della comunicazione” di Roman Jakobson (Jakobson, 1960). Correlando questi con il proprio personale riadattamento della prima Topica Freudiana, creò la “teoria degli stili”, della “complementarità stilistica”, e “dell’Io perfettamente plastico” ( ideally plastic ego ). Negli ultimi anni della sua vita, che fu interrotta prematuramente, Liberman tornò al suo
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