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oggetti". In un recente esempio di commistione tra culture psicoanalitiche, Kernberg ha fornito la seguente definizione nel Dizionario Internazionale di Psicoanalisi di De Mijolla: "Le Teorie Psicoanalitiche delle Relazioni Oggettuali possono essere definite come quelle che collocano a motivo delle loro formulazioni (strutturale, clinica, genetica e di sviluppo) l'interiorizzazione, la strutturazione e la riattivazione clinica, nel transfert e controtransfert, delle relazioni oggettuali primarie diadiche" (2013, p. 1175; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Le varie formulazioni della ‘Teoria delle Relazioni Oggettuali’ di cui si è detto possono essere classificate in base alla portata delle seguenti definizioni: 1. In senso più ampio la Teoria delle Relazioni Oggettuali si riferisce allo studio psicoanalitico della natura delle relazioni interpersonali e dello sviluppo delle strutture intrapsichiche derivanti dall’interiorizzazione di relazioni con gli altri all’interno del contesto delle relazioni interpersonali attuali e dell'organizzazione e funzionamento dell’intera personalità. In tale visione allargata la Teoria delle Relazioni Oggettuali includerebbe tutte le traversie del rapporto tra campo intrapsichico e interpersonale. Da questo punto di vista la psicoanalisi come teoria generale è in effetti una Teoria delle Relazioni Oggettuali. Se la intendiamo in senso ampio la Teoria delle Relazioni Oggettuali si può definire come un terreno intermedio - una lingua "di mezzo" tra il "linguaggio" clinico e quello metapsicologico (Mayman, 1963) (Rapaport and Gill, 1959). In Nord America questa concezione allargata è stata utilizzata e integrata alla Psicologia dell’Io di Schafer (1968) e Modell (1968). 2. Una definizione ‘intermedia’ e più ristretta della Teoria delle Relazioni Oggettuali si riferisce alla costruzione graduale di "rappresentazioni diadiche o riguardanti i due poli dell’interazione (immagini del Sé-e-dell’oggetto) intese come riflessi dell’originario rapporto infante-madre e del suo successivo sviluppo in relazioni interpersonali interne ed esterne diadiche, triangolari e multiple"(Kernberg, 1977, p. 55; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Tra le molte variazioni, il nucleo comune sta nel postulare la natura essenzialmente diadica e a due poli dell’immagine unitaria interiorizzata del sé-e-dell’oggetto formatasi in uno specifico contesto affettivo. Questo approccio è storicamente collegabile alla scuola britannica di Melanie Klein (1934, 1940, 1946), di Fairbairn (1952), di Winnicott (1955, 1958, 1960a, b, 1963) e Bowlby (1969); all'approccio della Psicologia dell'Io di Erikson (1956), Jacobson (1964) e Mahler (1968. Mahler, Pine, Bergman, 1975); e in vari modi anche alla prospettiva culturalista e interpersonale (Sullivan, 1953). Oggi questa definizione include vari approcci psicoanalitici che sono definiti in modo più ampio Modelli/ Teorie Relazionali (S. Mitchell, 2000; Greenberg e Mitchell, 1983; Harris, 2011). Così intesa, anche se con premesse diverse, la Teoria delle Relazioni Oggettuali con le sue implicazioni metapsicologiche, cliniche e sociologiche, è in più sensi sovrapponibile a molte idee di Loewald (1978,1988), Lichtenstein (1970), Green (1985, 2002), Rosenfeld (1983), Segal, (1991), Volkan (2006), e al "Terzo modello" di alcuni psicoanalisti francesi e franco-canadesi. Questa definizione fornisce “una fondamentale cornice integrativa che può collegare l'approccio psicosociale…alla natura soggettiva ed esperienziale della vita umana...alle strutture intrapsichiche… postulate dalla metapsicologia generale" (Kernberg, 1977, p. 58; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.) . Anche S. Mitchell sottolinea la qualità di
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