Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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all’interno di essa che le descrizioni della posizione schizo-paranoide (1946) e depressiva (1935-1940) forniscono la cornice per considerare la pulsione come un fattore motivazionale determinante, proprio dalla prospettiva degli oggetti interni.

III. B. Bion Wilfred Bion ha ampliato la teoria kleiniana della proiezione-introiezione, soprattutto riguardo al ruolo comunicativo di tali processi nello sviluppo umano normale: "resta dunque implicito il concetto- che io utilizzerò senza specificarne l’aspetto quantitativo- di un’identificazione proiettiva di grado normale che, accanto all'identificazione introiettiva, costituisce la base dell’evoluzione normale" (1959, p.157). In questo senso, l'identificazione proiettiva è intesa come il legame del bambino al seno che gli consente di affrontare una sensazione "troppo minacciosa perché possa essere contenuta dentro di lui" (1959, p.162). Bion ci indica due modi in cui questo legame fondamentale può essere disturbato e "attaccato": o per il rifiuto della madre di ricevere l'identificazione proiettiva del bambino, o per l'invidia del bambino verso il buon seno materno, o per una combinazione delle due evenienze. In entrambi i casi ciò si traduce in "identificazioni proiettive eccessive", nelle quali l’originaria intenzione comunicativa dell'identificazione proiettiva viene distrutta portando ad un "marcato arresto dello sviluppo. A seguito del blocco della strada principale che il bambino ha a disposizione per far fronte ad emozioni troppo violente, vengono a crearsi i presupposti per l’abolizione di ogni vita emotiva. Ne consegue che ogni tipo di emozione…diventa intollerabile...Il risultato di questa situazione è l’insediamento…di un oggetto [interno] che esercita la funzione di un Super-Io severo che tenta di distruggere l’Io" (1959, pp. 162-163). Negli scritti successivi, Bion (1962,1963) ha sviluppato la sua teoria del processo proiettivo-introiettivo utilizzando i termini "contenuto" e "contenitore", introdotti per descrivere l'interazione tra le identificazioni proiettive del bambino e la funzione ricettiva della madre, sia negli aspetti creativi e di sostegno alla vita che in quelli distruttivi. (Vedi anche la voce CONTENIMENTO: CONTENITORE- CONTENUTO). III C. Fairbairn: relazioni oggettuali e strutture dinamiche A partire della seconda metà del ventesimo secolo, Ronald Fairbairn (1952) è stato in grado di rimodellare la psicoanalisi accordando priorità all’interazione umana, operando un vero e proprio cambio di paradigma all’interno del quale gli eventi relazionali reali hanno maggiore importanza rispetto alla “psicologia delle pulsioni” (1943, p. 85). Fairbairn ha delineato un’alternativa sistematica e coerente alla teoria classica della pulsione in una serie di articoli scritti negli anni '40 (1952, parte I), articoli che costituiscono senza dubbio un contributo unico e estremamente originale alla teorizzazione sulle relazioni oggettuali. Lo sviluppo del pensiero kleiniano fu di importanza cruciale per Fairbairn, e in particolare lo fu l'idea che l'oggetto sia fin dall'inizio inscritto nella pulsione. È solo alla luce della concettualizzazione kleiniana degli oggetti interni che, secondo Fairbairn, "uno studio delle relazioni oggettuali apporti qualche risultato significativo per la psicopatologia" (1943, p. 86).

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