Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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metapsicologia psicoanalitica (Meltzer, 1984). Per comprendere il funzionamento di una mente, occorre capire se quella mente è in grado di apprendere dall’esperienza. Viene introdotto il concetto di oggetto contenitore/trasformativo che con la propria funzione alfa dà senso e trasforma la soggettività del soggetto. In tal modo, aggiunge significato e trasforma le emozioni senza nome dell’infante. Per Levy, Bion considera che ogni nuova conoscenza, attraverso l’espansione della rete simbolica, sia possibile attraverso il legame K (Knowledge), a cui attribuisce quasi uno status di pulsione. Ciò conduce alla comprensione e all’apprendimento a partire dall’esperienza emotiva, che alimenta così la crescita mentale. Se inizialmente le idee centrali su cui si basava la comprensione della costituzione dell’apparato psichico erano la pulsionalità, l’esperienza di soddisfacimento, la memoria, il desiderio, le rappresentazioni psichiche, ciò fu rivisto spostando l’enfasi sulla relazione soggetto-oggetto. Come per Klein, assume maggior rilievo la presenza dell’altro, ossia dell’oggetto e della sua mente. L’evoluzione teorica a opera di Bion, Winnicott e Meltzer introdusse l’idea che la presenza dell’altro e della sua mente provochi un’esperienza emotiva. La mente del soggetto è colpita da protoemozioni, esperienze emotive e sensoriali che derivano dall’incontro con l’oggetto, oltre che da sensazioni provenienti dagli stimoli somatici che richiedono una simbolizzazione. Questo modello arriva a considerare l’oggetto come trasformativo e fondativo della soggettività del soggetto, e ciò ha profonde implicazioni sulla tecnica psicoanalitica che si apre alla nozione di situazione psicoanalitica come campo dinamico bi-personale. Levy sottolinea come per gli autori contemporanei della teoria del campo, come Ferro (1995), il vertice d’ascolto secondo le concettualizzazioni di Bion e dei Baranger rappresenti solo un’angolatura, e aggiunge che non è più possibile ascoltare il paziente senza tener conto dell’impatto sull’oggetto e quello dell’oggetto su di lui. L’esperienza emotiva strutturante avvenuta tra soggetto e oggetto, in entrambe le direzioni della relazione, non può essere più a lungo tralasciata. Da parte sua, Raul Hartke (2005) ha articolato in un unico modello la Teoria delle Relazioni Oggettuali con quello dell’Intersoggettività psicoanalitica, radicandolo nei contributi di Bion e dei Baranger con implicazioni per il lavoro analitico con i pazienti traumatizzati. Seguendo Bion, per Hartke la funzione dell’oggetto non è solo quella di soddisfare o frustrare le pulsioni del soggetto, ma anche di influenzare la genesi e lo sviluppo della capacità di pensare nel bambino o al contrario di intralciarla, inibirla, orientandolo in modo errato. Hartke notò come da una prospettiva bioniana, la nozione freudiana di “barriera anti-stimolo” ( Reizschutz ) -che fa riferimento alla protezione da uno stimolo pulsionale potenzialmente soverchiante, specie per chi abbia subito un trauma- corrisponderebbe all’idea di un oggetto contenitore interno, risultante dall’introiezione di un oggetto contenitore esterno.

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