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sostanzialmente rivisto le idee freudiane sullo sviluppo della libido e dell'aggressività e ha esteso l'effetto funzionale delle pulsioni. Il suo scopo è stato di intrecciare la teoria relazionale con quella metapsicologica classica, adeguando il punto di vista economico con la fenomenologia dell'esperienza umana, era convinta che proprio l’esperienza mettesse in risalto il ruolo delle relazioni con gli altri. Per raggiungere questo obiettivo utilizzò due strategie teoriche tra loro complementari. La prima era la focalizzazione sull'esperienza che il bambino ha di sé nel proprio ambiente - quello che Sandler e Rosenblatt (1962) hanno definito il "mondo rappresentazionale". Il mondo rappresentazionale del bambino derivava quindi da un substrato psicobiologico innato. Jacobson propose che le pulsioni istintuali non fossero "date" ma fossero piuttosto "potenziali innati", modellati sia da fattori maturativi interni che da stimoli esterni e ciò in particolar modo nel contesto delle relazioni primarie, che a loro volta potevano modellare il mondo rappresentazionale del bambino. Tale approccio biologico le ha così permesso di mantenere legami con i modelli strutturali/pulsionali precedenti. Il suo secondo approccio teorico fu una revisione degli stessi principi economici, giungendo alla conclusione che "la teoria economica deve raggiungere una maggiore sincronia con le vicissitudini delle relazioni oggettuali" (Greenberg e Mitchell, 1983, p. 306; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Secondo Jacobson, l'esperienza di piacere o di dispiacere rappresenta per il bambino il nucleo del suo rapporto con la madre (modello strutturale/pulsionale). Fin dall’inizio, questa esperienza viene registrata nei termini in cui è esperita qualitativamente dal bambino. Jacobson ha ipotizzato che la tonalità emotiva delle prime esperienze infantili contribuisca al consolidamento della libido e dell'aggressività e che ponga le basi per le immagini del sé e degli oggetti, determinando in definitiva il modo in cui percepiamo noi stessi e gli altri. Esperienze frustranti o sconvolgenti producono immagini di una madre frustrante e rifiutante e di un sé frustrato e arrabbiato, mentre esperienze più positive conducono a un'immagine di una madre amorevole, generosa e felice. La teoria di Jacobson ha quindi affrontato l'interazione tra esperienze reali e pulsioni. Inoltre, in un lavoro del 1954, osservò che nel bambino - prima della formazione dei confini tra sé e l'altro, - quando le immagini primarie sono fuse piuttosto che distinte in unità autonome - la percezione che il bambino ha dell'altro, dal punto di vista della rappresentazione mentale, modella direttamente l'esperienza del sé. In questo stato di fusione primitiva gli oggetti diventano parti interiorizzate delle immagini del sé, e sostanzialmente il senso profondo del proprio sé è una conseguenza di queste prime immagini. Jacobson notò che l'integrazione tra immagini buone e cattive, cioè di una madre sia "buona" che "frustrante", poteva facilitare la capacità integrativa di stati emotivi conflittuali. In definitiva, le immagini affettivamente integrate del sé e dell'altro portavano a una maggiore capacità di esperienze emotive complesse. Pertanto esperienze preedipiche precoci di controllo e proibizioni da parte della madre producono le prime immagini intorno a cui si formerà poi il Super-Io. Freud (1940) ha descritto la libido come una forza che crea legami e l’aggressività come quella che li distrugge. Jacobson ha applicato questo concetto al processo di Individuazione - Separazione e, puntando all’integrazione tra Teoria Pulsionale Classica e Teoria delle
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