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V. Bca. Jay Greenberg e Stephen Mitchell Nel loro libro Le Relazioni Oggettuali nella Teoria Psicoanalitica (1983), Greenberg e Mitchell hanno sostenuto che il punto centrale della clinica psicoanalitica è sempre stato la relazione del paziente con gli altri. Ma in che modo si verificano queste relazioni? Come operano e come vengono trasformate? In quale modo le relazioni con gli altri possono essere comprese all’interno cornice della teoria psicoanalitica? I due autori sostengono che siano state fornite principalmente due risposte a queste domande: il modello pulsionale, nel quale la relazione con gli altri viene generata e prende forma a seconda dei bisogni di soddisfazione pulsionale; e i diversi modelli relazionali, per i quali la relazione è di per sé un elemento primario e irriducibile. Greenberg e Mitchell hanno mostrato inoltre le divergenze e gli interscambi tra questi due modelli, nonché le complesse strategie adottate dai principali autori nel tentativo di collocarsi rispetto all’uno o all’altro modello. Hanno infine messo in luce come molte delle controversie e degli orientamenti più in voga riguardo alla diagnosi e la tecnica psicoanalitica possano essere comprese a fondo solo all’interno della dialettica tra i modelli pulsionali e quelli relazionali. L’opinione espressa nel loro libro è che autori tanto diversi quali Klein, Winnicott, Kernberg e Kohut siano tuttavia legati tra loro in virtù del primato accordato ai legami con l’oggetto e all’esperienza ‘relazionale’. Successivamente al 1983, Mitchell (1988, 1993, 1997, 2000) ha sviluppato ulteriormente la prospettiva relazionale prendendo in considerazione gli aspetti metapsicologici, il processo clinico, i modelli della mente e il flusso diadico del lavoro analitico. Nel 1993, in Speranza e timore in psicoanalisi , Mitchell ha delineato la rivoluzione relazionale con una “r” minuscola: una rivoluzione “su ciò che si suppone l’analista sappia (eco di Lacan) , e una rivoluzione su ciò che si suppone il paziente desideri (eco di Ferenczi)” (Harris, 2011, p. 704; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). In seguito, ricollegandosi alla visione di Loewald sui primi stadi evolutivi, Mitchell ha iniziato a occuparsi di quegli aspetti relazionali che emergono nelle prime fasi dell’attaccamento.
V. Bcb. I concetti di base del pensiero relazionale Tra i concetti fondanti dei diversi Modelli Relazionali vi sono:
1. La Psicologia Bipersonale. L’idea che la mente nasca dalla matrice delle relazioni sociali; una mente dunque tanto interpersonale quanto individuale. Attraverso il lavoro di Ghent (1990, 2002) la prospettiva diadica di Winnicott relativa allo spazio transizionale e agli oggetti transizionali è divenuta una componente fondamentale del pensiero relazionale. Per quegli analisti-ricercatori, come Beebe (Beebe e Lachman, 2005) Seligman (2003, 2005) e il Boston Change Process Study Group (Stern, Sandler, Nahum e altri, 1998), queste idee scaturiscono dall’osservare i bambini con i genitori. Gli studi di Infant Observation hanno fornito solide basi per la comprensione della dimensione relazionale precoce, con implicazioni per la teoria clinica e la tecnica della psicoanalisi relazionale come nel caso dei concetti di ‘regolazione reciproca’, di ‘rottura e riparazione’, di ‘momenti ad accresciuta affettività’( Beebe e Lachman, 2005), e di proprietà trasformativa dei ‘now moments’ (Stern e altri, 1998).
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