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Green (2007) infine coniò il termine ‘oggettualizzazione’ per riferirsi alla capacità di generare una nuova categoria di oggetti “in una solitudine popolata dal gioco”, investendo cioè la pulsione su elementi del mondo esterno, dello spazio transizionale, della cultura e delle idee. Approfondendo ulteriormente la sua comprensione del ruolo centrale dell’assenza nella struttura psichica, Green (1999) arrivò alla nozione di “lavoro del negativo” per descrivere i molti modi in cui l’Io difende se stesso dalla disgregazione. Questi esemplificano processi psichici qualitativamente differenti, nella misura in cui il soggetto è in grado di “rendere assente” l’oggetto dentro di sé, e cioè di simbolizzare l’oggetto piuttosto che rimanere nel bisogno di una sua presenza concreta o di un suo sostituto. Dunque ciò che è in gioco non è un’incorporazione dell’oggetto, ma la creazione di “un’assenza” al cuore del Sé (Pontalis, 1988). Chiamò “negativo strutturante”, qualcosa di simile allo spazio vuoto interno a un vaso. La funzione dell’oggetto è perciò paradossale: stimolare, risvegliare, la pulsione e allo stesso tempo contenerla. Un oggetto che venga a mancare troppo presto, o che sia oltremodo intrusivo, pone il soggetto in una situazione di eccesso intollerabile. Una carenza genitoriale, piuttosto che rendere più tollerabili le pulsioni, ne amplifica la pressione sul soggetto. Un’eccessiva “presenza” dell’oggetto paradossalmente ostacola piuttosto che facilitare lo schiudersi della potenzialità rappresentativa del bambino, poiché lo espone a un sovraccarico istintuale e pulsionale. L’ambiziosa riformulazione operata da Laplanche in: “I Nuovi Fondamenti per la Psicoanalisi” (1989) offre un’ulteriore prospettiva alla relazione tra oggetto e pulsione. Laplanche, come Green, ha molto influenzato gli analisti di lingua francese in Quebec. Egli criticò (Laplanche, 1993, 1999) il carattere “tolemaico” della visione freudiana - che pone la psiche individuale al centro del suo destino - e sostenne piuttosto come “la situazione antropologica” fondamentale della prima infanzia venga completamente decentrata dalla “priorità” dell’altro, ponendo la piccola persona in una posizione “copernicana” nel suo dover ruotare attorno alla figura di un adulto. La drastica asimmetria tra adulto e bambino, enfatizzata da Laplanche per via delle importanti conseguenze sulla struttura psichica di quest’ultimo’), si basa sul fatto che l’adulto è un essere sessuato, dotato di parola e di un inconscio, mentre l’infante è privo di sessualità e di parola, e non ha raggiunto ancora una sua suddivisione interna. L’adulto è scarsamente consapevole che l’intimità delle prime cure al corpo del bambino innesca una sessualità infantile inconscia. Questa “contamina” gli scambi intimi con l’infante sotto forma di “messaggi enigmatici”, che il bambino non ha i mezzi cognitivi, emotivi e corporei per decifrare. Tali messaggi enigmatici, provenienti dalla sessualità inconscia dell’adulto, suscitano la pulsione e la fantasia inconscia sotto forma di un “bisogno di traduzione”, interno al bambino. Per Laplanche questa sessualità, enigmatica in natura, è la sessualità infantile scoperta da Freud. Non è innata, ma è un innesto dall’altro reale, sebbene la realtà che conta - con una derivazione e un riadattamento altamente critico di Lacan - è la realtà del “messaggio”, una terza realtà che Laplanche aggiunge a quella psichica e a quella materiale freudiane. Così, per Laplanche la sessualità umana - la sessualità cioè mediata dalla fantasia - viene dall’altro ed è “altro” (nel senso di estranea all’Io). Un altro autore che ha ripensato a fondo il ruolo delle figure di accudimento - nella loro dimensione reale e individuale - per la trasformazione dell’apparato psichico è Reid (2008a,
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