Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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campo, la psiche infantile gradualmente si separa come un centro relativamente più autonomo di attività psichica. In questa prospettiva, le pulsioni istintuali -nella loro forma originaria- non sono forze immanenti in una psiche originaria, autonoma e distinta, ma il risultato delle tensioni all’interno della matrice psichica madre-bambino, prima, e tra la psiche infantile non ancora matura e la madre, poi. Gli istinti, in altre parole, vanno considerati come fenomeni relazionali fin dal principio, e non come forze autoctone che cercano una scarica, intesa come il liberarsi di una qualche energia potenziale in un sistema chiuso”. (Loewald 1972, p.321f; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.) Loewald è stato esplicito anche rispetto alla necessaria asimmetria dei “due livelli di organizzazione psichica” coinvolti in questo processo: madre/bambino, analista/paziente. È indicativo del procedere della riflessione sui due mondi separati il fatto che Roussillon possa aver pubblicato un articolo nel 2013 dal titolo: “La funzione dell’oggetto nel legare e slegare le pulsioni”, che non contiene alcuna citazione del lavoro di Loewald. L’ineluttabile asimmetria della “situazione antropologica fondamentale” è qualcosa su cui è stato categorico anche Laplanche (1999), malgrado fosse meno interessato all’imbrigliamento e più alla qualità sessualmente disturbante dell’intrusione dell’inconscio del caregiver. Entrambe queste funzioni devono essere prese in considerazione per poter cogliere in tutta la sua portata l’impatto che ha l’oggetto sulla formazione del soggetto. Secondo Seulin (2015), il carattere “demoniaco” di una certa sessualità, su cui hanno insistito Laplanche e Freud, è più una conseguenza del fallimento dell’oggetto nel suo ruolo, che della qualità enigmatica dei suoi “messaggi”. Si confronti tuttavia Stein (2008) per un punto di vista opposto. Diversi autori, tra coloro qui raggruppati retrospettivamente come afferenti alla “Terza Topica”, hanno raggiunto conclusioni simili rispetto a una relativa inefficacia del classico lavoro interpretativo con persone che si trovano al di sotto dello spettro ‘nevrotico’. La valenza terapeutica è spostata sulla funzione dell’analista come contenitore e facilitatore della capacità del paziente nel riconoscere le proprie sensazioni, verbalizzarle e rappresentarsele. Winnicott ha scritto su “holding e handling”, nonché sulla “capacità di giocare”, Bion (1962a, 1962b) si è riferito alla “reverie”, Green (2003/2005) ha proposto la definizione di “messa al lavoro della rappresentazione”, Aulagnier (1977) ha sottolineato il diritto di celare i propri pensieri, Reid (2008a, 2008b, 2010, 2015) ha parlato di accesso ai processi psichici transizionali e “terziari”, Roussillon (1991; Casoni et al, 2009; Daoust, 2003) di “medium malleabile”, e Loewald (1960, 1970, 1971, 1972) di “interazioni integrative” e “mediatrici” del genitore e dell’analista. Tra questi lavori risulta chiaro un ulteriore nesso nel convergere -insieme ad altri orientamenti psicoanalitici, e Freud stesso si sarebbe trovato d’accordo- verso la conclusione che la salute mentale e la resilienza siano associate ad una fluidità ottimale tra le strutture intrapsichiche, così come ad una relativa libertà di identificazione nelle relazioni. (Confronta anche le voci INCONSCIO, INTERSOGGETTIVITÀ).

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