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L’oggetto è al centro della vita emotiva fin dall’inizio, come lo è nella situazione transferale, e i meccanismi di difesa sono indelebilmente legati alle relazioni oggettuali. La ricerca dell’oggetto è considerata fondamentale da Melanie Klein: essa va a costituire un prerequisito per la vita psichica, mentre per Freud la ricerca dell’oggetto è indipendente dalla soddisfazione delle pulsioni. Queste differenze producono una profonda divergenza nelle loro rispettive teorie riguardo al transfert: laddove, nella visione di Freud, il transfert è per lo più basato sulla ricerca di scarica pulsionale e sulla ricostruzione del passato, per la Klein l’evoluzione del transfert diviene il centro dell’attenzione. “…i cambiamenti fondamentali (in analisi) avvengono attraverso la coerente analisi del transfert; essi sono legati a una revisione approfondita delle prime relazioni oggettuali, si riflettono nella vita attuale del paziente e modificano gli atteggiamenti verso l’analista” (Klein, 1952, p 438; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Klein non è favorevole ad interpretazioni “qui e ora” disconnesse dal passato del paziente, ma riconosce che il paziente proietta nell’analista un mondo interno determinato dalle passate esperienze, e la struttura di questo mondo interno si evolve attraverso il processo di ripetizione transferale. La scoperta dei meccanismi scissionali negli anni ’20 rende possibile agli psicoanalisti di concettualizzare il fatto che il transfert possa essere esperito dai pazienti psicotici: la scissione tra oggetti buoni e cattivi, che domina i primi stadi infantili, porta direttamente alla comprensione del transfert come combinazione di sentimenti positivi e negativi, di amore e odio. L’interazione dei diversi aspetti degli oggetti verso cui sono dirette queste emozioni produce un circolo vizioso di aggressività, angoscia e colpa su cui occorre lavorare ripetutamente nel transfert. “Ci sono in realtà molte poche persone nella vita del bambino piccolo, che però lui percepisce come una moltitudine di oggetti in quanto gli appaiono sotto aspetti differenti” (Klein, 1952, p. 436; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). Klein sostiene che l’analisi del transfert negativo è una precondizione per guadagnare l’accesso ai livelli più profondi della mente, quantunque transfert negativo e positivo siano sempre combinati. Klein enfatizza la nozione di fantasia inconscia nel qui e ora della seduta. Gli eventi della vita “reale” devono essere sempre considerati, secondo la Klein, nella loro interazione con la vita fantasmatica inconscia del paziente. La definizione di fantasia inconscia di Melanie Klein (e di Susan Isaacs) fu al centro delle Controversial Discussions dei primi anni ‘40, e secondo Elisabeth Bott-Spillius e Ron Britton l’uso delle stesse parole per differenti concetti ha contribuito all’intensità del dibattito. Secondo la visione kleiniana, la fantasia inconscia include ogni forma precoce di pensiero infantile; essa è la sorgente principale della mente inconscia e della rappresentazione psichica delle pulsioni, ma include anche forme di pensiero che emergeranno in seguito, attraverso lo sviluppo delle fantasie originarie. In questa visione, il transfert è l’esperienza inconscia del qui e ora, benché la sua mappatura sia rintracciabile nei meccanismi infantili attraverso i quali il paziente gestiva i suoi conflitti molto tempo prima. La fantasia inconscia influenza e colora l’esperienza della realtà, e viceversa. Melanie Klein è a favore dell’interpretare in termini di fantasia inconscia, piuttosto che in termini di impulso/ difesa- ossia quali difese messe in atto contro quali impulsi. In definitiva, lei era solita interpretare massicciamente nel transfert , piuttosto che interpretare il transfert in sé. “Si può
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