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archeologo disvela non consiste pertanto nelle tracce di un’antica civiltà, ma in una catastrofe primitiva che ha le sue radici nelle carenze del legame primario con la madre, con il terrore senza nome che ne deriva e che si riattiva nel transfert attraverso l’attacco alla capacità di pensare e di tollerare il dolore psichico. La persistenza del transfert psicotico contrasta con la sua mancanza di profondità, la sua labilità e la sua estrema variabilità; ogni cambiamento si riflette nel transfert in modo indifferenziato, poichè l’accesso al significato è compromesso, se non annientato, dagli attacchi al legame che impediscono qualsiasi consapevolezza e legame con l’oggetto. Gli aspetti sensoriali dell’interpretazione, l’intonazione della voce e altre caratteristiche del contesto analitico, vengono di conseguenza usati dal paziente a discapito dell’interpretazione stessa. Bion sottolinea che “elementi del transfert vanno rinvenuti in quell’aspetto del comportamento del paziente che tradisce la sua consapevolezza della presenza di un oggetto che non è lui stesso. Nessun aspetto del suo comportamento può essere trascurato” (Elements of Psycho-Analysis, 1963, p. 69; citazione tradotta per questa edizione (N.d.T.). Con la “Griglia”, Bion concepisce un sistema di “notazioni e registrazioni” dell’esperienza analitica, definita in termini di esperienza emotiva. Il transfert può allora essere rappresentato come una delle categorie della Griglia; esso getta luce sul legame K (conoscenza) tra analista e paziente, un legame considerato basilare tra quelli della vita psichica insieme a L (love, amore) e H (hate, odio). Nella visione freudiana il transfert include, secondo Bion, la “rigida” trasformazione che pertiene a “un movimento di sentimenti e idee da una sfera di applicabilità a un’altra” (Transformations, 1965; pag. 19; citazione tradotta per questa edizione (N.d.T.). “I sentimenti e le idee riferiti alla vita sessuale infantile e al complesso di Edipo e alle sue propaggini sono trasferiti, con la pienezza e la coerenza che li caratterizza, nella relazione con l’analista. Questa trasformazione si accompagna a piccole deformazioni” (ibidem). Tali trasformazioni sono specifiche delle parti non-psicotiche della personalità e si riferiscono ad una “linearità” che fa emergere la distinzione di cosa venga trasferito nell’analista dal paziente. Quando nell’analisi sono in gioco i meccanismi psicotici legati a una catastrofe psichica primitiva e alla parte più arcaica della psiche, i livelli di proiezione si moltiplicano e gli attacchi alla funzione alfa - se non all’intero apparato psichico che garantisce il contatto con la realtà interna ed esterna - generano una tale confusione e distorsione che questo modello lineare si rivela inadatto ad accogliere materiale clinico. Bion introduce il termine di “trasformazioni proiettive” per spiegare queste forme di transfert segnate da stati di confusione, indifferenziazione e persino derealizzazione. In tali forme prevalgono meccanismi di scissione e di distruttività diretti ai contenuti psichici e al contenitore; l’arroganza prende il posto della ricerca della verità, e gli oggetti bizzarri, ridotti alla loro concreta dimensione e che includono frammenti dell’Io, del Super Io, ed elementi beta non trasformati, esitano nell’identificazione proiettiva patologica e negli attacchi al legame. Negli scritti successivi Bion ci ricorda che ogni teorizzazione, inclusa la teorizzazione del transfert, è una risposta alla paura dell’ignoto, e implica il rischio di paralizzare la creatività
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