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migliorare la comunicazione tra analisti portando coerenza e chiarezza nelle descrizioni delle trasformazioni del funzionamento mentale osservate clinicamente. Chiamò questo tipo di comunicazione “laterale” (ad esempio, 1970, VI, p. 293).
II. De. Trasformazioni e Situazione psicoanalitica La teoria delle trasformazioni serve come “un metodo di approccio critico alla pratica psicoanalitica e non [come] una nuova teoria psicoanalitica” (Bion 1965, V, p. 131). La differenza è cruciale. Con “teoria psicoanalitica” Bion si riferisce specificamente a elementi di metapsicologia pertinenti alla situazione clinica, ad esempio il complesso di Edipo, l'identificazione proiettiva ed altri. Al contrario, la teoria delle trasformazioni affronta i modi in cui l'analista osserva la situazione clinica: “la teoria delle trasformazioni è inapplicabile a qualsiasi situazione in cui l'osservazione non è essenziale. L'osservazione deve essere fatta e registrata in una forma adatta a lavorare ma opposta a invenzioni ribelli e indisciplinate” (Bion 1970, VI, p. 161; corsivo nell'originale). Scriveva inoltre: “Per i miei scopi conviene considerare la psicoanalisi come appartenente al gruppo delle trasformazioni” (Bion 1965, V, p. 129). Da questo vertice l'analista si propone di osservare l'evoluzione continua dei vissuti emotivi e della realtà psichica dei pazienti e di sé stesso, soprattutto all'interno della relazione clinica immediata. Ha scritto: “La teoria delle trasformazioni ha lo scopo di illuminare una catena di fenomeni in cui la comprensione di un anello, o un aspetto di esso, aiuta nella comprensione degli altri. L'accento di questa indagine è sulla natura della trasformazione in una seduta psicoanalitica” (p. 156). Bion ha anche scritto che con il “termine ‘trasformazione’... mi occupo di una funzione della personalità”, il che dimostra un uso su larga scala del concetto (Bion 1965, V, p. 137). In entrambi i casi, questa forma di osservazione richiede che l'analista eviti di avere in serbo delle teorie metapsicologiche già pronte, perché applicarle direttamente al materiale osservato lo distorce (da qui la singolare ingiunzione metodologica di Bion ad “abbandonare memoria e desiderio” [Bion 1967a]). Non dichiarato ma desumibile è che l'analista intuisca i prodotti delle trasformazioni, cioè Tβ, che sono nel dominio della realtà psichica. Il terzo paragrafo del classico articolo di Bion, “Appunti su memoria e desiderio”, si esprime così: “L'’osservazione’ psicoanalitica non si occupa né di ciò che è accaduto né di ciò che accadrà, ma di ciò che sta accadendo. Inoltre, non si occupa delle impressioni sensoriali o degli oggetti dei sensi. Qualsiasi psicoanalista conosce la depressione, l'ansia, la paura e altri aspetti della realtà psichica... Questi sono il mondo reale dello psicoanalista. Della sua realtà non ha dubbi. Eppure l’ansia, per fare un esempio, non ha forma, né odore, né sapore; la consapevolezza degli accompagnamenti sensuali dell'esperienza emotiva è un ostacolo all'intuizione della realtà [psichica] da parte dello psicoanalista” (Bion 1967a, VI, p. 205; corsivo di Bion). Bion ha aggiunto dei segni al modello matematico di base specifico per la psicoanalisi. Egli ha proposto che “a” indicasse l’analista e “p” indicasse il paziente. Ha introdotto delle
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