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alcuni psicoanalisti si servono solo dei concetti di Bion pubblicati fino al 1963 o 1965 circa, mentre altri si avvalgono di tutta la sua opera. Gli analisti hanno adottato a livello internazionale il termine “tardo Bion” per indicare il suo lavoro da Trasformazioni fino alla sua morte, nel 1979. In questo contesto, Trasformazioni (1965) può essere considerato come il punto di transizione tra il medio e il “tardo” Bion, nonché l'origine delle differenze tra i due gruppi di analisti che lavorano utilizzando i suoi concetti. Per completezza di rappresentazione, questa voce include una sezione che descrive altri usi del termine che non si riferiscono al lavoro di Bion, nel quadro dei diversi orientamenti della psicoanalisi nordamericana. III. Ba. James Grotstein James Grotstein è stato il più importante studioso nordamericano - forse internazionale - di Bion. Il suo lavoro ha influenzato tutti gli studiosi di Bion del Nord America, la maggior parte dei quali in qualche modo ha comunicato direttamente con lui. In tutti i lavori che Grotstein ha pubblicato si riprende il pensiero di Bion (Malin e Grotstein, 1966; Grotstein, 2019), e i suoi quattro libri sono stati esplicitamente influenzati da lui (Grotstein 1981, 2000, 2007, 2009a, b). Probabilmente, “Un raggio di intensa oscurità: l'eredità Wilfred Bion” (2007) è il libro più completo di Grotstein relativo all’approccio di Bion alla psicoanalisi. Grotstein non ha strutturato il suo libro come un manuale di Bion per i nuovi lettori. Piuttosto, riflette la sua personale e complessa visione dell'intera opera di Bion. Se i suoi articoli e i suoi libri sono completi nei contenuti, lo stile di scrittura di Grotstein è evocativo, vulcanico, poetico e allusivo, il che potrebbe affaticare qualche lettore. La sua intenzione sembra essere stata quella di mettere tutto ciò che gli veniva in mente nel maggior numero di modi possibili, sperando che i lettori trovassero la versione che più direttamente parlava a ciascuno di loro. Il capitolo 20 esamina il concetto di trasformazioni (Grotstein 2010, pp. 233-255) e appare più convincente per i lettori che hanno una conoscenza di base del concetto. Grotstein sostiene che “Bion fece appello al concetto di trasformazioni per portare il pensiero psicoanalitico dalla stasi al flusso – vale a dire la costanza del movimento e del cambiamento - e per aiutarci a comprendere i processi intermedi con cui ‘apprendiamo dall'esperienza’, cioè il modo in cui ‘digeriamo’ le esperienze e le ‘metabolizziamo’ in un significato emotivo e un senso oggettivo” (p. 233, corsivo nell'originale; Ediz. Ital.) Aggiunge che il concetto di trasformazione “è la funzione matematica dell'adattamento all'essere vivi. Rimanere emotivamente umani è la sua incarnazione” (p. 253, Ediz. Ital.). Grotstein afferma che l'“O” primario, o il primario trasformato, per la psicoanalisi è rappresentato in modo equivalente dalle emozioni, dall'esperienza emotiva e dalla “verità emotiva” (p. 239). Le trasformazioni sono descritte con i modelli metaforici del “canale gastro-alimentare”, della “sinapsi”, del “sistema immunitario” e del “nastro di Möbius”, con l'intento che ogni metafora non solo descriva una delle (innumerevoli) forme di trasformazione, ma solleciti evocativamente anche l'immaginazione del lettore in modo da trasformare e organizzare ulteriormente la sua comprensione del concetto nel modo che ritiene più utile. Grotstein aggiunge questi modelli
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