Uninews TorVergata #colori

Newsletter di Ateneo n°4 #colori

UNINEWS TORVERGATA

Settembre 2024 n°4

#colori

SOMMARIO

#colori

In apertura di Massimo Federici

Color washing o della persuasione ingannevole di Natalia Marzia Gusmerotti Il diritto romano: è possibile pensarlo a colori? di Paola Bianchi I colori della vita di Eleonora Candi, Simone Sergio, Alessandro Montella

Il colore dei suoni di Serena Facci

L'energia dei colori di Andrea Reale

Impresa e ricerca: un incontro multicolore di Paola M. A. Paniccia

Dilemma tatuaggi tra bellezza e salute di Marilena Carbone

ToVità Green Societies World Campus LE RUBRICHE

LabDoc

BotaniCampus

Direttrice responsabile Lucia Ceci

Progetto grafico Adriana Escobar Rios

UNINEWS TORVERGATA Contatti: uninews@uniroma2.it Web: https://n9.cl/uninewstv

Photo editor Riccardo Pierluigi

Web Scilla Gentili

Redazione Pierpaolo Basso, Thomas M. Brown, Maria Novella Campagnoli, Marilena Carbone, Tommaso Continisio, Maria Rosaria D’Ascenzo, Adriana Escobar Rios, Francesco Fabbro, Scilla Gentili, Emanuela Liburdi, Federica Lorini, Florinda Magliulo, Andrea Sansone, Sabina Simeone, Marco Tirone, Chiara Tranquilli

Chiuso in redazione: 17 settembre 2024

di Massimo Federici* In apertura

In questo numero della nostra Newsletter il colore è presente come traccia per le considerazioni e le riflessioni nei diversi articoli. Il colore, anzi i colori sono un tratto fondamentale della vita accademica anche se non sempre ne siamo consapevoli nel nostro agire quotidiano. Eppure, ogni facoltà o macroarea è usualmente identificata da un colore. Dal Rosa per Lettere e Filosofia, al Blu di Giurisprudenza, fino al Rosso di Medicina, passando attraverso il Bordeaux di Economia, il Verde della macroarea di Scienze e il Nero di Ingegneria. Questi colori sono spesso usati dalle studentesse e dagli studenti nel fatidico giorno della discussione della tesi, quando si preparano a lasciare la nostra accademia dopo anni di esperienza e crescita personale, di emozioni e sentimenti spesso positivi e a volte meno, che però sommate assieme sono l’essenza per percorso di maturazione personale e intellettuale che l’università cerca di trasmettere ai nostri giovani. Picasso disse che «i colori seguono il cambiamento delle emozioni» ed è infatti nota anche una corrispondenza tra attività del sistema nervoso centrale e colore, che dipende da come il nostro filtro biologico, la retina, traduce il segnale elettromagnetico facendolo percepire come un colore; che non tutti “vedono” però sempre nello stesso modo, anche questo è un riflesso della bellezza e della complessità delle scale

cromatiche. Ricca è anche la presenza dei colori nella letteratura e anche in questo caso gli elementi cromatici sono utilizzati per rappresentare e descrivere sensazioni e atmosfere. Anche nello studio delle scienze della vita i colori sono fondamentali, da quelli naturali espressi dal mondo vegetale – pensiamo al verde lucente e vitale della clorofilla e ai tanti colori del mondo animale – fino a quelli degli esseri umani che seguono in questo caso il cambiamento, oltre che delle emozioni, anche delle fasi della vita. Quali dunque i temi di questa Newsletter? Di colore dei suoni, di cromostesia, cara a molti autori e interpreti ci parlerà Serena Facci (“Il colore dei suoni”). Eleonora Candi illustrerà tutti i colori utilizzati nelle sperimentazioni delle Scienze della Vita, colori a volte naturali, a volte artificiali che usiamo per esplorare il nostro corpo e le sue funzioni vitali (“I colori della vita”); del “Dilemma tatuaggi tra bellezza e salute” discuterà Marilena Carbone, tema molto affascinante al confine tra arte pittorica e necessità di utilizzare strumenti sicuri e non tossici quando si interviene sul corpo umano. Ma i colori sono presenti ovunque, anche nello studio del diritto, come spiegherà Paola Bianchi (“Il diritto romano: è possibile pensarlo a colori?”); e ovviamente non possiamo dimenticarci

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*Prorettore alla Ricerca - federicm@uniroma2.it

dei colori in economia e geopolitica, spesso usati come metafore per rappresentare avvenimenti o nuovi orizzonti come illustrerà Natalia Marzia Gusmerotti (“Color washing o della persuasione ingannevole”). Infine, i colori nella tecnologia, tema

trattato da Andrea Reale (“L’energia dei colori”). Quale che siano le emozioni che queste letture ci stimoleranno, l’augurio è ovviamente che siano tutte gioiosamente “colorate”.

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COLOR WASHING O DELLA PERSUASIONE INGANNEVOLE

sistemico, da parte di tutti gli attori che in questi sistemi operano. Le aziende hanno un’influenza significativa sul sistema sociale ed ecologico ed è per questo che si trovano ad affrontare crescenti pressioni da parte degli stakeholder. Un sondaggio delle Nazioni Unite ha rivelato che l’89% dei CEO considera la sostenibilità una questione cruciale e il 90% percepisce una responsabilità morale nel garantire che la propria azienda abbia un chiaro scopo nella società. Nonostante ciò, occorre considerare che le pressioni esterne generano tensioni significative nelle organizzazioni, chiamate a bilanciare logiche commerciali, ambientali e sociali.

di Natalia Marzia Gusmerotti *

Oggi i cittadini si aspettano che le

imprese contribuiscano significativamente alla risoluzione di problematiche legate alla crisi di sostenibilità, che può essere esemplificata da fenomeni quali il cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita di biodiversità e la diseguaglianza.

Infatti, le crisi ambientali e sociali devono essere affrontate a livello

*Ricercatrice in Economia e gestione delle imprese - natalia.marzia.gusmerotti@uniroma2.it

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Ciò ha portato, spesso, a un disallineamento tra l’immagine aziendale proiettata e le pratiche effettivamente implementate. Uno dei fenomeni più conosciuti in tale contesto è il greenwashing , termine ombrello che comprende una varietà di comunicazioni e pratiche ingannevoli che inducono percezioni falsamente positive sulla performance ambientale di un’organizzazione. Nel 2010, uno studio condotto da Terrachoice, ha osservato come il 95% circa dei prodotti fosse interessato da pratiche di greenwashing , oltre a registrare un notevole aumento (73%) di prodotti accompagnati da affermazioni ecologiche. Uno studio condotto per conto della Commissione Europea, nel 2020, ha evidenziato come il 53,3% degli environmental claims esaminati nel mercato europeo, sia vago e ingannevole, mentre il 40% di questi non è supportato da informazioni credibili. Pinkwashing è, invece, un termine nato per identificare le aziende impegnate nella lotta al cancro al seno con prodotti o azioni dannosi alla salute, di recente esteso anche a tutte quelle iniziative che mettono una etichetta (non sincera) su temi su cui c’è grande sensibilità contemporanea come quelli del femminile, contro la violenza delle donne, per i diritti LGBTQ+.

Breast Cancer Action (BCA) ha coniato il termine Pinkwashing nel 2002, lanciando la campagna Think Before You Pink . Questo termine descrive un’azienda che dichiara di avere a cuore il cancro al seno promuovendo un prodotto con il nastro rosa, ma che allo stesso tempo produce e/o vende prodotti contenenti sostanze chimiche collegate alla malattia.

Bluewashing riguarda, infine, i diritti umani e prende il

nome dal colore delle Nazioni Unite. Esso si manifesta quando le aziende aderiscono

superficialmente ai principi del United Nations Global Compact, un programma che stabilisce standard di sostenibilità etica e ambientale. Purtroppo, il rispetto di queste norme si rivela troppo semplice e assolutamente non vincolante, permettendo alle aziende di vantare un impegno che, spesso, non è

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supportato da misure concrete. Occorre, oggi più che mai, promuovere un cambiamento autentico nel modo che le imprese hanno di generare valore, passare dalle parole ai fatti e abbandonare strategie di marketing ingannevoli. A livello europeo, per esempio, si sta consolidando un quadro normativo per le dichiarazioni ambientali (direttiva 2024/825/UE,

COM (2023) 1661), i cosiddetti green claim , volto a supportare informazioni ambientali fondate, affidabili, comparabili e verificabili. Ciò, con lo scopo di tutelare e promuovere i prodotti ambientalmente sostenibili e quelle imprese che si stanno realmente impegnando per individuare soluzioni innovative per la sostenibilità. Si tratta di una

leva fondamentale per l’attivazione di processi virtuosi a livello di produzione e di consumo. Simili processi, in assenza di profondi cambiamenti culturali e di una estesa diffusione di processi di innovazione per la sostenibilità, potrebbero risultare in una miriade di altri colori, dipinti con il solo scopo di «cambiare tutto, perché nulla cambi».

Fonti

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IL DIRITTO ROMANO: È POSSIBILE PENSARLO A COLORI?

Fig. 1

di Paola Bianchi*

Le innumerevoli forme di società che l’esperienza giuridica romana conobbe nel lasso di ben 14 secoli avevano, tutte, una caratteristica fondamentale, ovvero una struttura interna, un’organizzazione, e, più in particolare, una sorta di “gerarchia” delle parti e degli status . Tali gerarchie potevano essere visibili attraverso i colori. Da questi, possiamo capire se i personaggi della storia che conosciamo appartenevano a un certo rango sociale, possedevano un qualche potere, spiccavano nel foro, rappresentavano cariche pubbliche importanti. Il colore, anzi i colori, sono fortemente rappresentativi della Roma antica che qui indichiamo come un luogo

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*Ricercatrice in Diritto romano - bianchi@juris.uniroma2.it

a-temporale che nel pensiero comune continua a echeggiare: toghe, asce, mantelli, ornature di cavalli, drappi. Ad esempio Diocleziano usava il porpora e pare che avesse proibito l’uso di questo colore a tutti gli altri uomini. In questo modo, l’imperatore, ormai dominus , spiccava anche nell’immagine. La porpora poteva, invece, anche decorare i vestiti femminili negli orli o nelle balze. Sembra che i colori fossero anche sinonimo di differenza di genere, secondo una terminologia molto attuale: Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia (XXI, 22) accenna alla discriminazione sessuale nell’uso dei colori. Essi derivavano dai fiori e alcuni erano chiamati colores principales e, cioè, communes maribus ac feminis : si trattava del rosso scarlatto (dal rosa al porpora), del viola e delle porpore più chiare (perché diluite). I colores , identificavano anche una delle tre parti della retorica, almeno secondo Seneca il Vecchio, per il quale le controversie erano riunite in sententiae, divisiones e colores : in sostanza, il sistema della

Fig. 2

materia, lo stile e il colore (le espressioni colorite) dell’oratoria. Quindi, i colores entravano nelle discussioni forensi poiché, come ben sosteneva Cicerone, un avvocato doveva essere anche un oratore: per una buona causa era necessaria cultura e ars retorica, cioè l’uso appropriato dei topoi retorici greci che la giurisprudenza romana usò a piene mani. Cicerone nel De Oratore (il trattato

sull’eloquenza, dedicato al fratello Quinto in cui possiamo assistere alla discussione tra Marco Antonio, avo del triumviro, Q. Mucio Scevola, Augure, C. Aurelio Cotta, Strabone Vopisco) faceva dire a P. Licinio Crasso Divite Muciano che il fratello P. Scevola non sarebbe stato un buon giurista se non fosse diventato oratore, perché a suo parere l’oratore doveva conoscere il diritto e il giurista

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ricordare i colori porpora e giallo ocra di Pompei che, a causa del tragico evento del 79 d.C., riusciamo ad ammirare quasi intatti nella Fig. 1, che mostra una fullonica e cioè una lavanderia, o nella Fig. 2, che mostra le pareti di una delle case o delle ville: si può notare come fossero dominanti in particolare il rosso porpora e giallo. E che dire delle statue? Le immaginiamo bianche, ma anche esse erano completamente colorate. Guardiamo a come gli archeologi hanno ricostruito i colori di una delle più celebri statue romane, la statua di Augusto detta “di Prima Porta” (Fig. 3). Per concludere, si può affermare che Roma fosse piena di colores , in tutte le

Fig. 3

perseverantia). Insomma, i colori rientrano nella retorica alludendo allo stile linguistico e oratorio di un buon avvocato. Cosa dire poi dei monumenti e delle statue? Siamo abituati ai siti archeologici e a una Roma che rimane ancora oggi un museo a cielo aperto, ma tutto è in bianco e nero. Per i Romani era così? Assolutamente no! Per fare solo un esempio basta

doveva essere oratore. Invece, Quintiliano nelle sue Institutiones oratoriae , 4. 2. 94, afferma che nella narrazione non è sufficiente usare i colores che potevano condizionarne il discorso, a meno che – egli dice – siano almeno concordi per tutta l’azione (non est autem satis in narratione uti coloribus, nisi per totam actionem consentiant, cum praesertim quorundam probatio sola sit in adserveratione et

loro possibili valenze, accezioni e tantissime declinazioni.

Fonti

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I COLORI DELLA VITA

di altri esseri viventi sotto forma di colori. Quando la luce investe la materia, infatti, una parte delle sue radiazioni può essere assorbita, mentre un’altra parte riflessa; tale radiazione riflessa viene dapprima captata dai fotorecettori presenti negli occhi e successivamente inviata alle cortecce visive nel cervello, dove essa viene convertita in un colore specifico in base alla sua lunghezza d’onda. I colori, dunque, rappresentano il sistema attraverso il quale il cervello interpreta le diverse radiazioni che compongono

di Eleonora Candi, Simone Sergio, Alessandro Montella*

L’intero universo è permeato dalle onde elettromagnetiche, radiazioni di diversa lunghezza d’onda, le quali, raggruppate insieme, formano lo spettro elettromagnetico.

Spaziando dalle onde radio ai raggi γ, lo spettro elettromagnetico include al suo interno anche la luce visibile, le cui lunghezze d’onda sono in grado di essere apprezzate singolarmente dall’occhio umano e da quello

*Professoressa ordinaria di Biochimica - candi@uniroma2.it; dottorandi in Biochimica e Biologia Molecolare - simone.sergio@alumni.uniroma2.eu, alessandro.montella@students.uniroma2.eu

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lo spettro del visibile, ampliando la capacità degli esseri viventi di ottenere e scambiare informazioni sul mondo che li circonda. Ciò rende i colori custodi di un importante significato funzionale ancor prima che estetico, conferendo loro un ruolo cruciale tanto nel mondo naturale quanto in quello della ricerca scientifica. Se nel primo, infatti, essi ricoprono un ruolo comunicativo guidando le interazioni tra gli esseri viventi, nel secondo la loro oculata implementazione in tecniche e strumenti di laboratorio permette di ampliare notevolmente le frontiere nella diagnosi, comprensione e cura delle malattie.

sequenza ma anche l’eventuale presenza al loro interno di mutazioni associate a difetti genetici, consentendo di prevedere la possibile comparsa di malattie in soggetti apparentemente sani. Nella microscopia confocale, invece, i colori si dimostrano molto utili nello studio dell’architettura cellulare e tissutale, tanto in condizioni fisiologiche quanto patologiche. La marcatura delle diverse componenti cellulari e tissutali con molecole fluorescenti di colore distinto permette, infatti, una visualizzazione dettagliata delle loro caratteristiche cellulari e molecolari, mediante la

messa a punto di immagini tridimensionali dotate di una risoluzione senza precedenti nelle quali è possibile, oltretutto, adottare colori non solo accattivanti ma anche amichevoli per soggetti affetti da daltonismo. In ambito diagnostico, invece, i colori vengono sfruttati nella rilevazione di parametri utili al monitoraggio dello stato di salute degli individui, come nel caso, ad esempio, di un comune saturimetro, impiegato per determinare i livelli di saturazione di ossigeno dei globuli rossi. Il principio di funzionamento di questo dispositivo si basa sull’emissione di luce

È questo il caso, ad esempio, del

sequenziamento degli acidi nucleici e della microscopia confocale. Nel sequenziamento, i colori

vengono utilizzati per marcare in maniera

univoca i diversi nucleotidi che compongono gli acidi nucleici, rendendo possibile non solo l’accurata determinazione della loro

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a due diverse lunghezze d’onda (rossa e infrarossa) le quali attraversano il polpastrello di un dito fino a raggiungere i globuli rossi nei capillari; la determinazione della quantità di luce assorbita dal sangue, dipendente dalla quantità di ossigeno in esso presente, consente allo strumento di determinare la saturazione sanguigna di ossigeno, un parametro fondamentale per valutare la funzionalità respiratoria. In conclusione, risulta evidente come il linguaggio dei colori sia più articolato e ricco di significato di quanto possa apparire in prima istanza, permettendo loro di veicolare informazioni di vitale importanza tanto nel mondo naturale quanto in ambito biomedico.

Nell’immagine A, ottenuta con l’utilizzo del microscopio confocale, è possibile apprezzare una sezione di cute murina nella quale sono stati marcati i nuclei cellulari (in blu). Si evidenzia anche il citoscheletro delle cellule dello strato basale in verde (cheratina 14) e le cellule dello strato differenziato in rosso (citocheratina 1). L’immagine B mostra l’architettura del citoscheletro in cheratinociti umani, mediante marcatura dei filamenti di actina. I nuclei sono sempre colorati in blu. Per rendere le immagini di microscopia apprezzabili agli occhi di tutti, le immagini in C e D sono state trasformate utilizzando colori amichevoli per i soggetti affetti da cecità ai colori. Il blu è stato sostituito con il grigio, il verde con il ciano ed il rosso con il magenta.

Questi messaggeri silenziosi si inseriscono dunque a pennello tra le risorse a disposizione della

biologia, nella quale l’adozione di efficaci strategie di immagazzinamento,

Fonti

trasmissione e utilizzo delle informazioni rappresenta un vero e proprio pilastro.

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IL COLORE DEI SUONI

termine viene da ranj “essere colorato”.

bellezza dei suoni, descrivendo le polifonie della scuola di Notre Dame. Ancora attualmente si definisce colore la resa timbrica dei vari strumenti e il carattere dell’orchestrazione, ovvero non ciò che è tracciato sulla carta pentagrammata, quanto l’effetto di quelle sonorità. Definire i suoni, le loro qualità e le reazioni che producono non è mai facile e anche nel linguaggio comune si fa spesso ricorso al vocabolario proprio di altre percezioni sensoriali: tattili (i suoni sono pungenti, morbidi, ecc.),

Ognuno dei rāga è infatti associato a un’emozione, una stagione e un momento del giorno, dunque a un’atmosfera caratterizzata da una sua propria luminosità e da sfumature e colori diversi. Anche nella tradizione musicale europea c’è un’osmosi del termine colore tra l’ambito della percezione visiva e musicale. Nel De mensurabilis musica Joannes de Garlandia afferma che il color è la

di Serena Facci*

I rāga sono il principio basilare della musica classica indiana. Sono strutture melodiche a fondamento della composizione di brani musicali e delle improvvisazioni realizzate durante le performance. Il

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*Professoressa associata in Etnomusicologia - serena.facci@uniroma2.it

gustative (dolci, aspri, ecc.), visive (tondi, lineari, ecc.) incluse le associazioni con specifici colori utilizzate talvolta dai musicisti nei titoli delle opere come chiave di lettura delle loro finalità creative. L’indaco di Mood Indigo di Duke Ellington, come si intuisce anche dal testo di Irving Mills, esprime un sentimento di notturna solitudine malinconica che supera anche quella del blues . A proposito del blues, ricordo

personalmente Ali Farka Touré che durante un suo intervento in un convegno a Venezia nel 2001 disse che non amava che la sua musica fosse definita così, come era allora frequente da parte di giornalisti e studiosi, perché per lui, in Mali, il blues era il colore della malattia. Nel rock e negli stili derivati sono molti i collegamenti tra i colori scelti per le copertine dei dischi e il sound dei brani, spesso resi espliciti anche dai titoli

come Red di Taylor Swift. Il rosso è prevalente nella copertina di Flashpoint, live album dei Rolling Stones, in cui figura un fiammifero acceso a indicare che al rosso-fuoco si ispira il disco. Il giallo, come in Goodbye Yellow Brick Road di Elton John, rimanda a sonorità brillanti e solari, il bianco alla purezza (come quello del cosiddetto White Album che segnava il ritorno dei Beatles a una musicalità meno artificiosa) e così via. Si tratta solo di convenzioni? Come ricorda anche Oliver Sacks, gli studi sulla sinestesia, ovvero sulle associazioni e sovrapposizioni tra percezioni di natura diversa, come appunto quella uditiva e visuale, stanno indagando da tempo sul loro funzionamento a livello psico-neurologico, grazie anche alle maggiori conoscenze attuali sul funzionamento delle differenti aree del cervello e sulla relazione che si instaura tra loro. Con tutt’altro approccio, Stefania Guerralisi e Gino Stefani hanno per anni sperimentato l’utilità didattica e terapeutica di queste possibili associazioni.

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magnetiche e possono propagarsi nel vuoto, le seconde derivano dalla vibrazione di un corpo tangibile che si tramette attraverso un mezzo anch’esso concreto. Però si definiscono entrambe in termini di frequenze e ampiezze e, sulla base di

questa parentela, è detto rumore bianco un suono che è il risultato della somma di tutte le frequenze udibili, così come bianca è la luce solare che, come sappiamo, è composta da tutto lo spettro dei colori.

Va ricordato anche che dal punto di vista fisico le onde luminose e sonore si differenziano sostanzialmente

in quanto le prime sono

Fonti

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L'ENERGIA DEI COLORI

Il fotovoltaico semitrasparente è una sfida tecnologica entusiasmante, che permette di far coesistere la produzione di energia rinnovabile dal sole con i bisogni degli ambienti per gli esseri umani (il cosiddetto BIPV, Building Integrated PV) o delle piante (AgriPV o Agrivoltaico).

di Andrea Reale*

protezione per le colture, contribuendo a creare microclimi favorevoli e migliorando le condizioni di coltivazione. La coltivazione in serra è uno degli elementi chiave nella strategia contro il cambiamento climatico, perché consente maggiori produzioni alimentari con

minore consumo di suolo, acqua e pesticidi, migliore qualità del prodotto, e la possibilità di rendere produttivi terreni altrimenti inutilizzabili. Per contro, uno dei problemi principali della coltura intensiva in serra è l’elevato consumo energetico, conseguenza

Le nuove tecnologie del fotovoltaico di terza generazione permettono in varie forme di sfruttare colorazioni selettive, per conciliare i bisogni di visibilità negli edifici o di attività fotosintetica delle colture con la produzione di energia pulita. Questa tecnologia, con la sua capacità di integrarsi in modo discreto e armonioso in diversi contesti paesaggistici e architettonici, si rivela particolarmente adatta per applicazioni in ambito agrivoltaico (vedi Fig. 1). Questa tecnologia permette di realizzare impianti fotovoltaici che possono essere integrati in serre, coperture o strutture di

Fig.1: Prototipi di moduli fotovoltaici organici semitrasparenti

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*Professore associato di Elettronica - reale@ing.uniroma2.it

inevitabile della necessità di ricorrere alla ventilazione forzata e talvolta al condizionamento dell’aria per un controllo accurato

fotoattivi delle celle solari polimeriche (OPV, Organic PV), a colorante (DSSC, Dye- Sensitized Solar Cells) o perovskite (PVSK) sviluppati presso il Laboratorio CHOSE (Centre for Hybrid and Organic Solar Energy) possono essere formulati come pannelli filtranti, in grado di assorbire solo la radiazione luminosa del sole in eccesso rispetto al bisogno delle colture. In Fig. 2 viene riportato l’esempio della serra ad alta tecnologia presso l’Orto Botanico di Ateneo, in cui sono stati istallati in collaborazione col CHOSE dei pannelli prototipali in tecnologia DSSC. Sappiamo inoltre che la maggior parte delle piante è verde, perché la clorofilla presente nelle foglie non assorbe il verde, e la pianta riflette questo colore. I diversi colori che

compongono lo spettro della luce solare possono quindi “dividersi i compiti”: alcune colorazioni sono utilizzate per la fotosintesi delle colture (e per altre importanti funzioni morfologiche delle piante), mentre altre non necessarie alla crescita della vegetazione possono

della temperatura e l’umidità, ai sistemi di

pompaggio necessari per la fertirrigazione, al controllo del tenore di CO2, e all’illuminazione supplementare per la coltivazione invernale. Nei Paesi del bacino Mediterraneo, il consumo energetico varia da “moderato” (2 kWh/m2*anno) per serre semplici con ventilazione naturale e semplici pompe per irrigazione, a “medio” (9 kWh/m2*anno) per serre con ventilazione forzata estiva e riscaldamento invernale, ed “elevato” (80 kWh/m2*anno) per serre “hi-tech”, dotate di pompa di calore per riscaldamento / raffrescamento, di sistemi di umidificazione / deumidificazione e di illuminazione addizionale per i mesi invernali. L’integrazione di pannelli fotovoltaici sui tetti delle serre appare dunque come la scelta più logica per sopperire al consumo energetico dell’azienda agricola senza consumare suolo, e spesso consente di generare un reddito addizionale. I materiali

essere assorbite dai pannelli fotovoltaici semitrasparenti, per produrre l’energia

necessaria alla serra. È possibile quindi ottenere contemporaneamente adeguate rese di produzione vegetale, maggiore stabilità della temperatura all’interno della serra e sfruttare la superficie agricola anche per produrre elettricità.

Fonti

Fig. 2: Celle solari a colorante DSSC istallate presso la serra acquaponica dell’Orto Botanico di Ateneo.

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IMPRESA E RICERCA: UN INCONTRO MULTICOLORE

di Paola M. A. Paniccia*

Immaginiamo il futuro come un grande foglio bianco. Immaginiamo di avere a disposizione una gamma infinita di colori grazie alla quale ognuno di noi può provare a dipingere uno spazio illimitato di possibilità, in cui ogni tratto, ogni scelta contribuisce a delineare ciò che sarà. Per far questo possiamo usare i “colori” dell’immaginazione, della creatività, della vitalità, del dinamismo, dell’audacia, della passione, della competenza, della

resilienza e dei valori di fondo. Sono i colori delle idee, quelli che rivelano il potere dell’ingegno nel tracciare nuove prospettive, soluzioni e opportunità. Sono i colori della Ricerca, quella orientata al domani, quella impegnata a trovare risposte ai problemi della società, quella che sa anche trasformarsi in Impresa per contribuire a disegnare il futuro che più desideriamo, più inclusivo e sostenibile, attento alla qualità della vita. All’interno della Terza

Missione e ancora di più con lo slancio dato dal PNRR, le università sono chiamate a svolgere un ruolo di propulsore nei processi di produzione, trasmissione e valorizzazione dei saperi scientifici e tecnologici: lo scopo è far crescere il potenziale multicolore di studenti e ricercatori, donne e uomini, rafforzare i legami con le imprese, promuovere percorsi di imprenditorialità e auto- imprenditorialità, sostenere lo sviluppo di start-up innovative ad alto

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*Professoressa ordinaria di Economia e Gestione delle Imprese - paniccia@economia.uniroma2.it

contenuto di conoscenza, creare impatto sociale.

d’impresa innovativa generato dalla ricerca nei settori Cleantech & Energy, Life Sciences-MedTech, ICT e Industrial. Protagoniste sono le idee di ricercatori e giovani talenti delle Università e degli Enti di ricerca della Rete PNICube, vincitori delle 17 competizioni regionali, che sono stati accompagnati con avanzati programmi di formazione imprenditoriale e servizi di supporto lungo tutto il percorso che dalle Start Cup porta alla sfida finale PNI. Altro esempio di impegno “multicolore” del nostro Ateneo è l’esperienza di Start Cup Lazio collegata al PNI , frutto di una virtuosa collaborazione tra 58 soggetti locali (di cui 11 Università, 7 Enti di Ricerca

Con particolare riferimento a quest’ultimo, l’Ateneo organizza insieme a PNICube l’edizione 2024 del Premio, in collaborazione con le Università ed Enti di Ricerca della Start Cup Lazio nell’ambito di Rome Technopole, Spoke 2 “Trasferimento tecnologico, nuova imprenditorialità, incubazione e accelerazione di impresa”. L’evento della finale PNI si terrà il 5 e il 6 dicembre,

Ispirato dalla sua mission e vision, il nostro Ateneo da molti anni è impegnato in questa direzione di marcia: tra le altre, è tra i soci fondatori di PNICube e ne è orgogliosamente alla guida per il triennio 2023- 2025. Promossa dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane–CRUI, PNICube è la Rete nazionale delle Università, Incubatori accademici e Start Cup regionali nata nel 2004, con

l’obiettivo della valorizzazione

ultimo miglio di quel percorso generativo di ampio respiro, locale e

imprenditoriale della Ricerca attraverso un percorso generativo di spin-off/start-up innovative. Riconosciuta dall’OCSE come best practice per la sua capacità di networking, oggi la Rete PNICube conta 55 associati che rappresentano oltre l’80% delle Università italiane e coinvolge praticamente l’intero Paese grazie a 17 Business Plan Competition locali (Start Cup regionali) e due competizioni nazionali, il Premio Italian Master Award–IMSA e il Premio Nazionale per l’Innovazione-PNI.

nazionale, che da oltre 20 anni ha al centro talenti universitari di tutta Italia, in sfida per conquistare il titolo di migliore progetto

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e 40 tra qualificate imprese, organizzazioni finanziarie e associazioni di settore), attivi in sinergia con la Regione Lazio-Lazio Innova

Tor Vergata, che ogni anno promuove una Business Plan Competition unica nel suo genere nel Lazio, per sostenere e premiare i migliori progetti d’impresa innovativa ad alto contenuto di conoscenza ed elevato impatto proposti da team di ricercatori e team di studenti provenienti dal sistema regionale della Ricerca.

regionali si misureranno a colpi di pitch nella finale nazionale PNI di dicembre, per aggiudicarsi il montepremi messo in palio. L’appuntamento è dunque a fine anno con la XXII edizione di PNI , per vedere in campo nuove visioni, energie creative, tutti i colori del futuro.

sui temi della valorizzazione

imprenditoriale della Ricerca e delle start-up innovative per lo sviluppo del territorio. Questa iniziativa, giunta alla sua X edizione, è fin dai primi passi coordinata dall’Università di Roma

Fonti

I vincitori della Start Cup Lazio e delle altre start Cup

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DILEMMA TATUAGGI TRA BELLEZZA E SALUTE

Credo che a tutti sia capitato di emozionarsi di fronte a un tatuaggio evocativo e ben eseguito e di ammirare la brillantezza, varietà di sfumature dei colori e, a seconda dell’esecuzione, l’armocromia di alcune immagini su pelle.

di Marilena Carbone*

E allo stesso modo credo che, almeno una volta ci si sia chiesto cosa c’è dentro agli inchiostri per tatuaggi, nonché the ultimate question : queste sostanze che si iniettano e restano indelebili sotto pelle, fanno male? Da chimica, posso rispondere alla prima domanda, anche se devo ammettere che i nomi che noi chimici diamo alle cose

sono spesso impronunciabili, benché, a tratti, esotici. Per rendere a tutti la vita più semplice, ci limitiamo a descrivere i componenti dell’inchiostro come “il pigmento”, la parte che dà il colore ed è tipicamente solido e insolubile in qualunque solvente e “il veicolo”, la parte liquida e

incolore, che ingloba il pigmento e consente di iniettarlo. Lasciatemi menzionare una delle molecole più controverse nell’ambito della comunità dei tatuatori: la ftalocianina di rame, responsabile della colorazione blu degli inchiostri nella sua versione idrogenata e

*Professoressa ordinaria di Chimica generale e inorganica - carbone@uniroma2.it

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verde in quella alogenata, particolarmente brillanti, molto ricercati per l’esecuzione di tatuaggi colorati. Entrambe le versioni sono state bandite dal REACH (Regulation on Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) nel 2022. Il meccanismo di rigetto o di ban di una sostanza, tuttavia, non ne implica necessariamente la tossicità. La dimostrazione di non-tossicità è a carico

del produttore e/o dell’importatore del

soddisfazione dei consumatori, poiché non sempre risponde ai requisiti di stabilità di colore nel tempo, tendendo a virare nel marrone, in alcuni tipi di pelle. Va sottolineato che, benché l’Italia sia il paese al mondo con la più alta percentuale di popolazione tatuata (pari al 50%) assieme a Stati Uniti e Svezia, non ha una legislazione in materia di regolamentazione degli inchiostri per tatuaggi,

REACH), che hanno meramente valore di linee guida. Le domande fondamentali, però, restano tutte. Gli inchiostri per tatuaggi fanno male? Se sì, quali colori, tutti o solo alcuni? Solo alcune sfumature? Solo se si utilizzano alcuni schiarenti bianchi oppure se si utilizzano altri diluenti? Infine, se ci si stanca del tatuaggio e si procede alla rimozione, tipicamente mediante laser, è possibile che si producano molecole tossiche nel processo? Se sì, a livello tollerabile o oltre soglie di rischio? Dimostrare la tossicità o

prodotto chimico o di una miscela che lo contenga. Per quanto riguarda l’uso di ftalocianine negli inchiostri per tatuaggi, semplicemente i produttori non hanno ritenuto economicamente vantaggioso sobbarcarsi i costi degli studi di verifica di non-tossicità e, in alcuni casi, si sono ritirati tout- court dal mercato europeo. Questo, di fatto, ha cambiato il mercato degli inchiostri, perlomeno per i segmenti di colorazione blu e verde, poiché restano in commercio solo quelli che contengono un pigmento blu alternativo, di recente formulazione, che non incontra piena

per cui si fa riferimento alle indicazioni della Comunità Europea (attraverso il

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non tossicità di un prodotto è tutt’altro che banale, ma soprattutto, il problema non è stato mai finora affrontato in maniera sistematica. La dermato- tossicologia legata alla pratica dei tatuaggi non è stata ancora sufficientemente esplorata per dare una risposta inequivocabile. Spesso ci si trincera dietro a un’asserzione di

non-tossicità basata sulla longevità della pratica del

che non si usano più, a favore delle ftalocianine, ora bandite, malgrado potrebbero essere innocue. Ma alla fine, i tatuaggi fanno male? Sinceramente, onestamente e definitivamente: non lo

tatuaggio e della sua rimozione, che non

costituiscono una prova scientifica, né tengono conto della variazione della composizione degli inchiostri nel tempo. Per fare un esempio, cinquant’anni fa gli inchiostri verdi erano a base di composti di cromo, sicuramente cancerogeni,

sappiamo! Anche se sicuramente ci stiamo lavorando per capirlo.

Fonti

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E tu di che colore sei?

di Federica Lorini, Emanuela Liburdi*

Uno degli elementi più originali e distintivi della tradizione universitaria italiana è rappresentato dai colori associati a ciascuna facoltà. Una tradizione antica che affonda le proprie origini nel XII secolo, quando in Europa vennero fondati i primi atenei. In Italia furono l’Università di Bologna e l’Università di Padova le prime a stabilire la propria identità associando a ogni facoltà un colore specifico che ne rappresentasse ed enfatizzasse l’identità e il campo di studio. Non si tratta di un sistema cromatico fisso: ciascun ateneo ha, nel tempo, introdotto delle piccole variazioni e peculiarità per lo più legate alla propria storia personale o al contesto culturale. Ma andiamo a vedere quali sono i colori più tradizionali e nello specifico quali sono quelli legati alle nostre sei macroaree.

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*Ufficio Comunicazione di Ateneo - federica.lorini@uniroma2.it , emanuela.liburdi@uniroma2.it

Il rosso è il colore che simboleggia, quasi ovunque, la Facoltà di Medicina e Chirurgia

all’austerità, viene utilizzato da studentesse e studenti della Facoltà di Ingegneria per rappresentare il proprio lavoro di precisione, abilità tecnica e responsabilità professionale. Il bianco è associato per tradizione alla Facoltà di Lettere e Filosofia poiché richiama la purezza e l’ispirazione necessarie ad approcciarsi alla cultura umanistica. Il nostro Ateneo, tuttavia, ha scelto il rosa , un colore che evoca sentimenti di passione, sensibilità e creatività, qualità fondamentali per coloro che si dedicano a esplorare e interpretare le esperienze umane, emozionali e artistiche. Per la Facoltà di Economia viene spesso utilizzato il giallo, il colore dell’energia e del successo ma noi abbiamo deciso di adottare il bordeaux .

Serio e professionale, il bordeaux enfatizza l’approccio rigoroso e analitico che l’ambito degli studi economici richiede. Queste scelte cromatiche non solo aiutano a differenziare visivamente le facoltà durante cerimonie ed eventi ufficiali, ma contribuiscono anche a creare un senso di identità e appartenenza in tutta la comunità universitaria. In un’epoca in cui le università giocano un ruolo cruciale nella formazione delle nuove generazioni, mantenere e valorizzare queste tradizioni simboliche può contribuire a rafforzare il legame tra passato, presente e futuro, creando un ambiente educativo che rispetta e celebra le sue radici storiche pur guardando

perché rappresenta, nella sua vivacità e intensità, la passione e l’impegno nel curare e preservare la vita umana. Tradizionalmente il colore associato alla Facoltà di Giurisprudenza è il blu . Colore che dona serenità e sicurezza, simboleggia l’equilibrio, la razionalità e la legge, elementi fondamentali per la pratica del diritto. Il verde , con la sua freschezza e il suo legame alla natura, viene quasi sempre scelto per rappresentare la Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali poiché riflette l’idea di esplorazione scientifica, di scoperta e di conoscenza del mondo naturale. Il nero , storicamente associato alla sobrietà e

avanti verso nuove frontiere del sapere.

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Comunità energetiche e smart grid

globale per il clima che si sono avvicendati nel tempo, è stata adottata in ambito europeo una strategia quadro per una «Unione dell’Energia resiliente», che ha a sua volta dato alla luce una serie di proposte legislative (si pensi, ad esempio, al Clean Energy Package , al Green Deal Europeo, al Fit for 55 package e al REPowerEU ), finalizzate alla decarbonizzazione del sistema energetico interno. In tale contesto, l’Unione Europea ha emanato la Direttiva n. 2018/2001 (c.d. Direttiva Energie Rinnovabili o RED II), di recente modificata dalla Direttiva n. 2023/2413 (c.d. RED III), e la Direttiva n. 2019/944 (c.d. Internal Market for electricity Directive ), consentendo ai consumatori di autoprodurre energia elettrica pulita necessaria al proprio fabbisogno e, all’occorrenza, di

di Giorgio Potenza*

La transizione verso il modello di sviluppo sostenibile della green society passa attraverso la costituzione delle Energy communities che rappresentano forme giuridiche innovative di aggregazione sociale per la produzione in via decentralizzata e per lo scambio peer to peer di energia elettrica derivante da fonti rinnovabili.

A seguito degli accordi internazionali sull’azione

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*Ricercatore di tipo A in Diritto Privato Comparato, Programma Operativo Nazionale “Ricerca ed innovazione”- giorgio.potenza@uniroma2.it

condividere nella rete la parte prodotta in eccesso (c.d. prosumers ). Gli Stati membri devono assicurare altresì che i consumatori, attraverso la conclusione di un accordo, possano partecipare alle comunità di energia rinnovabile, conservando comunque i diritti previsti per i clienti finali.

Alla luce delle direttive europee, il legislatore italiano, dapprima con il

Decreto «Milleproroghe», e poi con la Legge n. 53/2021 e successivi decreti attuativi (in particolare i D.lgs. nn. 199 e 210 del 8 novembre 2021), ha disciplinato le nuove figure del prosumer e delle comunità energetiche, stabilendo una serie di incentivi, tariffe premio e contributi derivanti dal PNRR che possono poi essere ripartiti tra i membri della comunità, proporzionalmente ai rispettivi consumi e/o livelli di produzione di energia. Per garantire il funzionamento delle comunità energetiche, tuttavia, si rende necessaria

centralizzato e unidirezionale del settore energetico. Conversione che può essere attuata con l’ausilio di nuove tecnologie, tra cui si annoverano le smart grid e

– in costante sviluppo – fondato sul concetto di green energy justice . Tra i suoi progetti di ricerca il dipartimento di Giurisprudenza del nostro Ateneo, in collaborazione con importanti attori economici nazionali, è in prima linea nell’analisi e confronto giuridico dei processi di democratizzazione del mercato elettrico ispirati al contempo ai principi della sostenibilità.

gli smart meters , reti elettriche e contatori

intelligenti che consentono non solo il telecontrollo e monitoraggio dei dati di consumo, con conseguente riduzione dei costi di gestione, ma anche la realizzazione, attraverso il collegamento e l’esecuzione di smart contracts su piattaforma blockchain , di un nuovo sistema di rapporti giuridici

Fonti

una conversione del tradizionale modello

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You Are Your Sport Future

the project’s impact on international education.

di Tommaso Continisio*

CUS Roma Tor Vergata has

recently joined an exciting Erasmus+ Mobility of Sport project in Starogard Gdański, Poland. You Are Your Sport Future brought together sports enthusiasts from across Europe to tackle sedentary lifestyles and underline sport’s power in encouraging international cooperation and cultural exchange. We spoke to Dr. Manuel Onorati, Chairman of CUS Roma Tor Vergata, about

“Manuel, how can projects like this enrich students’ international experience?” “Projects like the Erasmus+ Mobility of Sport, designed and won by CUS Roma Tor Vergata, do enhance the international experience of students in three main ways. First, they build athletic skills in a new environment with different coaching styles. Second, they promote cultural immersion through interaction with athletes

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*Welcome Office - welcome@uniroma2.it

from other countries. Lastly, they develop valuable life skills like adaptability and teamwork across cultural boundaries, crucial in today’s global job market”. “How can this project contribute to participants’ educational and personal growth?” “It contributes significantly to both. It provides hands- on learning that complements classroom teaching. This allows students to gain practical knowledge and apply theoretical concepts in real- world settings. In terms of personal growth, it fosters self-confidence and independence. Participants learn to cope with unfamiliar situations, communicate across cultures, and develop leadership skills working with a variety of

teammates”.

sports in international education. As universities prepare students for an increasingly globalized world, sport offers significant advantages in fostering cross-cultural interactions, providing practical experience, and developing essential soft skills. The success of the CUS Roma Tor Vergata project points to exciting possibilities for expanding sports-focused initiatives in higher education. Sport is more than just a game – it is a powerful tool for global understanding and personal development. With plans for future collaborations, this project is not just crossing a finish line; it is the starting block for a new wave of sports- integrated international education.

“Based on the results of this project, how do you see sport integrating into future international education programs?” “I see greater integration of sport into international education. We’ll likely see a more holistic approach combining sporting skills with cultural exchange and personal growth. Imagine international conferences where students participate in sports tournaments

alongside academic sessions. Educational

institutions could partner with sports organizations for full exchange programs, creating well-rounded, culturally aware people ready for our interconnected world”.

The experience in Poland shows the potential for

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Mabuse e la critica cinematografica italiana

di Matteo Berardini*

Che relazioni intercorrono tra lo stato della critica cinematografica e le forme culturali di un dato momento storico? Quanto e cosa di quei discorsi, battaglie e posizionamenti intellettuali, di quelle pratiche commerciali e flussi di mercato, può dirci di come cambia il nostro modo di pensare, costruire, vedere, vendere e comprare immagini? È a partire da queste domande di carattere generale che ho impostato il mio percorso di ricerca dottorale, facente parte del corso in Beni Culturali, Formazione e Territorio con indirizzo in Musica e Spettacolo, e giunto adesso al suo terzo anno. Nello specifico, il mio progetto consiste in uno studio storicistico della critica cinematografica italiana nel periodo che va dalla fine degli anni Settanta a metà dei Novanta. L’obiettivo è quello di ricostruire, attraverso risorse archivistiche e fonti orali, le trasformazioni della critica, intesa come discorso culturale incentrato su due poli: da una parte, la crisi della critica, per come viene

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*Dottorando in Beni Culturali, Formazione e Territorio - matteoberardini@gmail.com

espressa e riflessa all’interno di convegni, incontri, dossier realizzati dalle riviste specializzate; dall’altra, il ritorno delle riviste popolari d’informazione, affini alle nuove forme di consumo e gestione dell’audiovisivo sviluppatesi a partire dalle innovazioni televisive e tecnologiche degli anni Ottanta. Ho definito la dinamica tra queste due dimensioni come una relazione tra “cenere” e “diamanti”, immagine che in sé riassume la natura contraddittoria del periodo. Buona parte della mia ricerca si è svolta dentro il Laboratorio Cinema e Teatro , anzitutto in quanto luogo di conservazione e consultazione di numerose riviste d’epoca. Tra gli obiettivi del mio percorso dottorale, del resto, c’è anche quello di contribuire a rivitalizzare la natura di “emeroteca” del Lab, coadiuvando il riordino, l’accrescimento e la messa a disposizione del materiale archivistico presente. Gli studi di Spettacolo del nostro dipartimento, infatti, approcciano il cinema e l’audiovisivo in generale come un bene culturale, risorsa non solo estetica ma storico-culturale in grado di fornire molteplici approcci e

prospettive di studio scientifico. Effetto e continuazione della mia ricerca è anche l’attività pratica, che ho svolto all’interno dei Laboratori rivolti alle studentesse e agli studenti del Corso di laurea triennale e magistrale, opportunità pratiche dedicate al montaggio, alla produzione e post-produzione audiovisiva, alla sceneggiatura, e per l’appunto alla critica cinematografica. A riguardo sono già due anni che in autunno si svolgono dei percorsi laboratoriali dedicati alla formazione

critica, esperienza che ha generato il progetto studentesco di critica cinematografica denominato Mabuse . Questa iniziativa, che matura settimana dopo settimana grazie a un crescente coinvolgimento studentesco, si manifesta al momento in duplice forma, ovvero, di rivista online e di programma radiofonico nel palinsesto di Uniradio Tor Vergata (“Così parlò Mabuse”), due facce di una piattaforma che muove dal Lab per offrire molteplici

sponde didattiche e occasioni formative. Fonti

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Variegate palette vegetali

di Roberto Braglia*

sopravvivere e riprodursi efficacemente.

conferire a fusti, fiori e foglie una gamma affascinante di colori visibili e “invisibili”. La comprensione della genetica dei colori delle piante può avere applicazioni pratiche in agricoltura, orticoltura e biotecnologia.

I colori rappresentano la vita stessa delle piante, contribuiscono, di certo, al loro fascino e alla loro bellezza, ma svolgono anche ruoli cruciali nella fotosintesi, protezione da fattori biotici ed abiotici, attrazione di impollinatori e disseminatori, difesa dai predatori, e nella comunicazione di stress ambientali.

I colori delle piante sono il risultato di un lungo processo evolutivo e di un’interazione complessa tra genetica e ambiente, con una varietà di pigmenti e geni che contribuiscono a

Senza i colori ed i loro pigmenti associati, le piante non sarebbero in grado di

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*Coordinatore dell’Orto Botanico dell’Università di Roma Tor Vergata - roberto.braglia@uniroma2.it

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