ricordare i colori porpora e giallo ocra di Pompei che, a causa del tragico evento del 79 d.C., riusciamo ad ammirare quasi intatti nella Fig. 1, che mostra una fullonica e cioè una lavanderia, o nella Fig. 2, che mostra le pareti di una delle case o delle ville: si può notare come fossero dominanti in particolare il rosso porpora e giallo. E che dire delle statue? Le immaginiamo bianche, ma anche esse erano completamente colorate. Guardiamo a come gli archeologi hanno ricostruito i colori di una delle più celebri statue romane, la statua di Augusto detta “di Prima Porta” (Fig. 3). Per concludere, si può affermare che Roma fosse piena di colores , in tutte le
Fig. 3
perseverantia). Insomma, i colori rientrano nella retorica alludendo allo stile linguistico e oratorio di un buon avvocato. Cosa dire poi dei monumenti e delle statue? Siamo abituati ai siti archeologici e a una Roma che rimane ancora oggi un museo a cielo aperto, ma tutto è in bianco e nero. Per i Romani era così? Assolutamente no! Per fare solo un esempio basta
doveva essere oratore. Invece, Quintiliano nelle sue Institutiones oratoriae , 4. 2. 94, afferma che nella narrazione non è sufficiente usare i colores che potevano condizionarne il discorso, a meno che – egli dice – siano almeno concordi per tutta l’azione (non est autem satis in narratione uti coloribus, nisi per totam actionem consentiant, cum praesertim quorundam probatio sola sit in adserveratione et
loro possibili valenze, accezioni e tantissime declinazioni.
Fonti
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