gustative (dolci, aspri, ecc.), visive (tondi, lineari, ecc.) incluse le associazioni con specifici colori utilizzate talvolta dai musicisti nei titoli delle opere come chiave di lettura delle loro finalità creative. L’indaco di Mood Indigo di Duke Ellington, come si intuisce anche dal testo di Irving Mills, esprime un sentimento di notturna solitudine malinconica che supera anche quella del blues . A proposito del blues, ricordo
personalmente Ali Farka Touré che durante un suo intervento in un convegno a Venezia nel 2001 disse che non amava che la sua musica fosse definita così, come era allora frequente da parte di giornalisti e studiosi, perché per lui, in Mali, il blues era il colore della malattia. Nel rock e negli stili derivati sono molti i collegamenti tra i colori scelti per le copertine dei dischi e il sound dei brani, spesso resi espliciti anche dai titoli
come Red di Taylor Swift. Il rosso è prevalente nella copertina di Flashpoint, live album dei Rolling Stones, in cui figura un fiammifero acceso a indicare che al rosso-fuoco si ispira il disco. Il giallo, come in Goodbye Yellow Brick Road di Elton John, rimanda a sonorità brillanti e solari, il bianco alla purezza (come quello del cosiddetto White Album che segnava il ritorno dei Beatles a una musicalità meno artificiosa) e così via. Si tratta solo di convenzioni? Come ricorda anche Oliver Sacks, gli studi sulla sinestesia, ovvero sulle associazioni e sovrapposizioni tra percezioni di natura diversa, come appunto quella uditiva e visuale, stanno indagando da tempo sul loro funzionamento a livello psico-neurologico, grazie anche alle maggiori conoscenze attuali sul funzionamento delle differenti aree del cervello e sulla relazione che si instaura tra loro. Con tutt’altro approccio, Stefania Guerralisi e Gino Stefani hanno per anni sperimentato l’utilità didattica e terapeutica di queste possibili associazioni.
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