l’insufficienza o agli Stati Uniti che, pur nelle differenze tra gli stati, hanno solo due voti – la D e la F – con la medesima funzione. Gli studi docimologici, da più di cinquant’anni, ci rendono edotti sulle criticità di usi fondati su una timorosa pigrizia; la comparazione ci rassicura sulle possibilità di pensare altrimenti l’istruzione, senza tuttavia illuderci su facili importazioni di prassi invalse in realtà estere. Siamo coscienti che parte del mondo della scuola – che trova manforte in intellettuali tanto propensi a discettare di questioni esterne ai loro studi quanto svogliati nell’intraprenderne i necessari approfondimenti – stanco di un’ipertrofia normativa, guardi
con sospetto a qualunque tentativo di riforma e che
suggerire metodologie fondate su una valutazione davvero formativa appaia come un indebolimento del ruolo dell’istruzione. Ciononostante, auspichiamo che un disegno di legge come quello ora in discussione, “Revisione della valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti”, nel quale alla misurazione della condotta, con stolida faciloneria, è assegnata una nuova centralità valutativa, possa essere criticato, superando steccati eretti con l’illusione di proteggere una cittadella che, seppure reggesse al vento di cambiamenti necessari, si rivelerebbe, ancora una volta, abitata da una stantia idea di tradizione e inospitale per i nostri giovani.
Sgombriamo il campo da fraintendimenti: la ricerca pedagogica, come ogni campo delle scienze umane, non è mai prescrittiva. Ben diversamente, riguardo all’atto educativo, quando i percorsi abituali si fanno impervi, essa indica nuovi sentieri da imboccare.
Così per le metodologie, così per la valutazione. Ciò, sia chiaro, non apre all’arbitrio: abbiamo robuste evidenze circa l’efficacia della valutazione formativa, basata sulla descrizione puntuale e circostanziata di livelli di apprendimento e competenze e, al contempo, sappiamo come molti sistemi d’istruzione più performanti del nostro adottino strumenti valutativi molto differenti. Si pensi, ad esempio, a Germania e Austria, con un solo voto – il 5 – per indicare
Fonti
13
Made with FlippingBook interactive PDF creator