Uninews TorVergata #generazioni

falsificato, citando Archimede nel dialogo con Gerone, «può aiutarci a trovarne uno migliore». A latere, l’idea di produrre saperi votati esclusivamente all’utile ha ricadute socio-economiche che non si possono ignorare, tanto che qualche

interpretazione dei dati (cioè affidarsi soltanto a data scientist , definizione che meriterebbe per sé di essere discussa) è scartata oggi anche dagli specialisti di analisi dei dati. La controversia tra modelli statistici basati solo su correlazioni o anche su nessi di causalità è del resto vecchia come la statistica, se si pensa alla distanza tra Pearson e Wright nella prima metà del ‘900. Oggi anche chi sviluppa modelli di intelligenza artificiale ricorre a modelli anche causali.

Infine, l’idea di prescindere dai nessi di causalità si basa sull’osservare ricorrenze, ma nei sistemi complessi il tempo perché si osservino tali ricorrenze può essere enormemente lungo; non a caso i modelli metereologici si basano sui modelli fluidodinamici e termodinamici dell’atmosfera più che sulla mera analisi dei dati. Insomma un futuro senza causalità sembra poco probabile. Concludiamo questa breve trattazione osservando che nei big data i dati non sono entità neutre cui attingere; i dati scientifici si acquisiscono con strumenti basati sui modelli causali e spesso sono acquisiti tenendo conto di un qualche preciso modello. Soprassediamo poi sulle problematiche etiche e

studioso o studiosa considera l’articolo di Anderson non una previsione, ma un programma.

Oltre questi aspetti, squisitamente epistemologici, ce ne sono altri che rendono la previsione di Anderson difficilmente realizzabile. L’idea di escludere la causalità dalla

politiche legate alla gestione di tali dati.

Le generazioni future dovranno quindi fare

ancora i conti con il vecchio metodo scientifico, anche se certamente la enorme quantità di dati influenzerà il modo di produrre conoscenza. Un termine è già stato creato, la data - driven science.

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