Uninews TorVergata #generazioni

L’elenco potrebbe essere ancora lungo, ci pare tuttavia esista un elemento ricorrente a prescindere dalla chiave di lettura adottata: durante quei lunghi mesi, all’interno delle bande partigiane si produsse un interessante incontro tra diverse generazioni di italiani e di italiane.

Di questa contaminazione intergenerazionale il movimento resistenziale beneficiò profondamente. Tendiamo spesso a pensare alla Resistenza come a un movimento costituito solo da giovani o giovanissimi; pur non trattandosi di una percezione del tutto sbagliata, non dobbiamo mai dimenticare come nelle bande non fosse raro trovare uomini e donne con qualche capello tendente al bianco o dal volto segnato dalle prime rughe. La Resistenza rappresentò, infatti, il punto finale di un movimento antifascista che, nel 1943, aveva ormai abbondantemente superato i venti anni di esistenza.

nell’ampio mondo dell’esilio. Tra la fine degli anni Venti e lo scoppio del Secondo conflitto mondiale gli antifascisti italiani non si erano solo stabiliti a Parigi, come fecero in alcune decine di migliaia di loro, ma li troviamo numerosi anche in Belgio, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Messico, in Argentina o in Uruguay. Alcune centinaia di loro, a partire dal 1936, avevano inoltre partecipato alla Guerra civile spagnola.

Migliaia di questi esuli si trovarono, dopo il settembre del 1943, a prendere parte alla Resistenza italiana, avendo così la possibilità di entrare in contatto con dei giovani che non avevano conosciuto altro che l’Italia fascista o con antifascisti di più lungo corso che erano passati dalla traumatica esperienza del confino di polizia o dell’internamento coatto. Ai resistenti più giovani, che raramente si erano allontanati più di

L’antifascismo, inoltre, si era sviluppato tanto all’interno del Paese quanto

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