ORDINARE IL REALE /DISORDINARE LO SPAZIO
Sotto un certo punto di vista il cinema è geometria. O meglio disciplina della vista, nonché supremazia del quadro sul nebuloso sconfinare del non visto ai bordi dell’occhio.
di Luca Mazzei *
Al suo interno la vaghezza della coda dell’occhio è sostituita da rapporti geometrici: 1,33: 1 il muto, 1,15: 1 il primo sonoro; 1, 37:1: l’era Academy; 2,35: il titanico cinemascope, 1,66:1 o 1,85: 1 i più timorosi formati europeo ed americano. Rapporti matematici contro nebbie, virgole e punti contro aggettivi. Se ne risente nel 1931 Ejzenstein, che suggerisce in un suo famoso saggio di variarne almeno la forma. Si ripensino le basi, si snelliscano le altezze, come succede da sempre nei quadri pittorici, come si fa pure nella fotografia. E già lo sosteneva nel 1918 il geniale illustratore- regista italiano Toddi. Il problema, affondi della teoria a parte, rimane però sempre lo stesso. Impossibile per lo spettatore uscire con l’occhio ancora aperto dal quadro. L’immagine che lo superi muore sempre ai suoi confini.
Contraddizione? No, dualismo. «D’altra parte», dice André Bazin, «il cinema è un linguaggio», e il linguaggio è ordine, serie di sintagmi che l’occhio riconosce come tale. Ma esistono immagini che escono dal quadro? No. Caos non datur , potremmo dire. Eppure, il caos nel cinema c’è. Dove? Ai lati dell’immagine. Anzi meglio dire davanti ad essa. Non mi riferisco qui ai numerosi racconti cinematografici dell’oltre apocalisse, né dei molti tentativi di affidarsi al non sense , all’emersione del figurale ( Rétour à la raison di Man Ray, Un chien Andalou di Luis Bunuel, avanti agli altri), meravigliosi ripensamenti avanguardistici del medium cinema, certo, ma in fondo anche cerebrali esperimenti per liberarsi dalla logica, che smettono di essere tali quando li si produce, si girano, si montano. No, la storia che voglio raccontare è più umana.
* Professore ordinario di Cinema, fotografia e televisione - luca.mazzei@uniroma2.it
14
Made with FlippingBook interactive PDF creator