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È qui che entrano in gioco le porfirine. Grazie alla loro somiglianza strutturale con la clorofilla, le porfirine sintetiche possono assorbire la luce solare in modo molto efficiente, trasformandola in elettricità. Quando la luce colpisce la molecola di porfirina, questa si eccita, cioè porta un elettrone a un livello energetico più alto. Questo elettrone viene poi trasferito a un semiconduttore, solitamente biossido di titanio, dando così origine a una corrente elettrica. L’uso delle porfirine nelle DSSC è molto promettente: possono essere modificate chimicamente in modo molto preciso per migliorarne l’efficienza o adattarle a condizioni specifiche, come la luce artificiale degli ambienti interni. Sono poi considerate relativamente sostenibili e meno tossiche rispetto ad altri coloranti di origine metallica. Inoltre si può ottimizzare il loro assorbimento della luce. I ricercatori riescono a “tunare” la loro struttura per catturare più luce possibile, sia nel visibile sia nell’infrarosso. Nei nostri laboratori si sta lavorando alla sintesi di zinco-porfirine variamente funzionalizzate in modo tale da estendere il sistema di elettroni della struttura base e ottenere dei dyes di colore verde, efficienti e stabili. Le celle solari basate su porfirine sono infatti anche semi-trasparenti, leggere e flessibili, ideali per applicazioni innovative nei vetri degli edifici (building- integrated photovoltaics ), nelle serre fotovoltaiche ( photovoltaic greenhouse ) o nei dispositivi elettronici indossabili. Sono già in fase di studio per alimentare sensori ambientali, dispositivi per l’Internet delle Cose (IoT), o per essere utilizzate in zone remote dove servono soluzioni energetiche semplici ed economiche.

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