Esse operano come corridoi di espansione territoriale, trasformando le periferie urbane in spazi interstiziali, capaci di intrecciarsi con le dinamiche del tessuto centrale. Una lettura più critica suggerisce che il limite non vada inteso unicamente come linea di divisione, bensì come spazio di potenziale trasformazione e ri- significazione. Le periferie urbane, tradizionalmente percepite come territori marginali, incarnano con forza questa duplicità: da un lato, rappresentano emblemi di esclusione e disuguaglianza socio-territoriale; dall’altro, si configurano come luoghi di resistenza culturale e laboratori di sperimentazione per una pianificazione territoriale più inclusiva e partecipativa. Le periferie urbane incarnano un genius loci che riflette una stratificazione antropica e racconta una storia collettiva intrecciata alle geografie fisiche e culturali della città. Il limite, in quanto costruzione geografica, rappresenta un luogo di negoziazione continua , in cui le tracce di una storia millenaria si intrecciano con le istanze contemporanee. Le periferie urbane, quindi, non si limitano a essere territori marginali, ma possono emergere come spazi di tensione e potenziale trasformazione, dove il limite stesso si riconfigura come soglia di possibilità.
Fonti
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