Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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INCONSCIO Voce Tri-Regionale

Consulenti Interregionali: Jose Renato Avzaradel (America Latina), Allannah Furlong (Nord America) e Judy Gammelgaard (Europa) Co-chair Coordinatore Interregionale: Eva D. Papiasvili (Nord America)) _______ Traduzione italiana ed editing a cura dei soci della Società Psicoanalitica Italiana Traduzione: Simonetta Diena, Rosamaria Di Frenna, Ludovica Grassi,

Marco Grignani, Sandra Maestro, Daniela Mingotti Coordinamento ed Editing: Maria Grazia Vassallo

I. INTRODUZIONE E DEFINIZIONI INTRODUTTIVE

La nozione di inconscio è stata universalmente accettata come la scoperta fondamentale della psicoanalisi e come il presupposto centrale della teoria psicoanalitica sin dalle sue origini. Sebbene il concetto sia andato incontro a successive trasformazioni nel pensiero di Freud, l’inconscio topografico freudiano con la sua implicazione di una ‘teoria del soggetto - o della soggettività - decentrato si impone come l’intuizione distintiva e radicale della psicoanalisi classica. Benché, Freud non sia stato il primo a usare questo termine, è stato però il primo ad assegnargli un posto cruciale e sistematico nella metapsicologia e a sviluppare un approccio metodologico alle sue varie manifestazioni. Freud (1912a) ha fornito brevi ma eccellenti resoconti argomenti a sostegno dell’ipotesi di processi psichici inconsci, focalizzando l’attenzione su fenomeni clinici quali la suggestione post-ipnotica e i sintomi nevrotici, principalmente quelli isterici, ma anche su fenomeni non patologici quali il motto di spirito, i lapsus e i sogni. L’ipotesi circa l’esistenza di fenomeni inconsci si può rintracciare nella pratica della guarigione spirituale, nell’animismo, nel magnetismo, nel mesmerismo, e nella psicologia medica del XIX secolo. Queste pratiche hanno in comune il concetto duale di mente, che è l’insieme di quello che è osservabile e del suo opposto, vale a dire di quello che non si vede ma è creduto e/o percepito intuitivamente. Mentre nei primi anni della sua carriera Freud sembrò abbracciare questo dualismo neo-cartesiano, gradualmente sviluppò una concezione radicalmente differente di inconscio, che non è una seconda coscienza ma una serie continua di “atti psichici qualitativamente diversi dalla mente razionale, adulta, cosciente. Gli psicoanalisti non sono i soli a sottomettersi allo “straniero interno”, anche se sono gli unici a postulare le implicazioni epistemologiche, cliniche ed etiche di questa presenza eversiva, ma anche potenzialmente trasformativa, facendone il loro oggetto di studio quotidiano. Freud argomentava che “se si esige che tutto ciò che accade nella psiche debba per

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