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seguito si può trovare una tassonomia abbreviata, con cinque punti che si sforzano di disegnare un cammino verso una risposta di contenimento adeguata: 1. Il punto di partenza può consistere in una identificazione proiettiva del paziente (contenuto penoso che è espulso (proiettato) nell’analista) che va di pari passo con la fantasia inconscia del primo circa l’esistenza di un potenziale oggetto indistruttibile che sarebbe capace di “contenere” queste sue pericolose proiezioni, potendo poi restituire al bambino (al paziente) una versione “tollerabile”, “integrabile” di questo contenuto; 2. In seguito a questo primo movimento “intrapsichico” il paziente, o il bambino, aggiunge ulteriori comunicazioni, atteggiamenti e comportamenti verbali ed extraverbali, funzionando in tal modo come generatore emotivo nei riguardi dell’altro soggetto (l’analista, o il genitore). Questi stimoli sono tentativi di “toccare l’analista” per far sì che egli possa sentire e prendere dentro di sé quanto è proiettato (vedi Grotstein, 2005); 3. l’oggetto “reale” -la madre, l’analista- deve essere nella condizione di desiderare di essere toccato, colpito, emozionato, commosso e aggredito, in pratica utilizzato in ogni maniera che sia necessaria per l’attribuzione all’analista/madre di elementi arcaici da parte del paziente/bambino; 4. La madre, l’analista, provano emozioni, alcune in modo cosciente, ma soprattutto in modo inconscio, attraverso il processo di identificazione. La miscela di tali processi identificativi con le ansie e i conflitti personali dell’analista/madre che si generano all’interno di questi ultimi creano un oggetto/Sé in amalgama. De M’Uzan (1994) ha studiato questo aspetto particolare attraverso il concetto di chimera ; 5. Questa chimera deve essere “compresa e trasformata” dall’analista. Questo lavoro può essere visto come “digestione psichica” sia delle proiezioni del paziente/bambino sia dei conflitti e degli affetti personali dell’analista e della madre messi in movimento dalla proiezione. L’analista deve allora restituire un “contenuto digeribile”, col pericolo altrimenti di raggiugere il paziente con una contro identificazione proiettiva. In America Latina, Cassorla (2013) ha approfondito la funzione di simbolizzazione e di contenimento dell’analista all’interno del contesto di enactment cronici (vedi la voce ENACTMENT). Scrive in particolare sulla capacità di simbolizzare come prodotto della funzione alfa implicita di simbolizzazione e di contenimento che l’analista usa durante gli enactment cronici. In questo caso, la funzione alfa implicita dell’analista si costituisce come la capacità dell’analista stesso di tollerare (contenere) i movimenti d’intralcio che invadono il processo analitico, senza tuttavia rinunciare alla ricerca di nuove modalità di approccio per comprendere ciò che sta avvenendo, in vista di interpretazioni future (degli enactment), se esse dovranno essere esperite dall’analizzando davvero come elementi significativi.
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