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catastrofiche, del tutto sconosciute alla coscienza del paziente, per aiutarlo a creare significato e ottenere sollievo da terrori precedentemente dominanti ma sconosciuti” (ibid, p. 429). In una recente pubblicazione, “The Analyst's Reveries”, Busch (2019) decostruisce, ‘demistifica’ ed esplora l'utilità clinica della reverie (reverie: cioè l’immagine sensoriale- affettiva trasformativa, seguita da un collegamento associativo a un ricordo/idea) dell’analista/ o del contenitore, ed esplora la sua relazione con alcuni concetti più tradizionali come il controtransfert, la libera associazione, l'attenzione fluttuante equamente sospesa e la successiva autoriflessione. Si trova d'accordo particolarmente con Bion, Da Rocha Barros e Cassorla e afferma che la rêverie può essere utilmente implementata quando l'identificazione proiettiva può essere differenziata dall'input controtransferale dell'analista. Pertanto, la natura co- costruita della rêverie diventa evidente solo attraverso le associazioni dell’analista e una crescente consapevolezza di un enactment controtransferale. Ne consegue che solo attraverso le libere associazioni dell’analista egli riesce a contenere ciò che si configura come un enactment iniziale. Così intesa, la capacità dell'analista di contenere le proprie esperienze interne e di rêverie può portare ad un aumento dell'efficacia psichica di ogni analisi. Anche Michael J. Diamond (2014) inserisce la nozione di contenimento tra i prerequisiti dell’approccio complessivo dell’analista, quando afferma che l’analista deve “1. consentire la regressione nel funzionamento dell'Io ; 2. considerare la propria mente come oggetto , compreso il suo rendersi manifesta nel ‘terzo analitico’; 3 . contenere l'esperienza interna , inclusa la tolleranza dell'incertezza e degli stati affettivi intensi; e 4. utilizzare funzioni dell’Io più sviluppate per l’autoriflessività e l’elaborazione” (ibid, p. 548, corsivo M.J.D.). All'interno del’inclusivo quadro freudiano contemporaneo, Eva Papiasvili (2019) ha descritto un ‘processo associativo e interpretativo ondulatorio simile a una réverie’, che ha luogo "nella diade terapeuta-paziente quando... due inconsci comunicano tra loro in quello che può sembrare un processo ondulatorio simil onirico” (Papiasvili 2019, p. 246). Questo approccio clinico inclusivo che opera una sintesi tra Freud, Green e Winnicott e il modello di contenimento di Bion - insieme alle scoperte circa una triangolazione relativa a una precoce fase di attaccamento (Fivaz-Depeursinge & Corboz-Warnery 1999) che sottolinea il ruolo cruciale del padre nel transfert - si è rivelato utile per spezzare la catena intergenerazionale di trasmissione della depressione postpartum tra madri e figlie adulte (Papiasvili e Mayers 2017). La trasformazione procede da impronte sensoriali e viscerali che vengono messe in scena (enacted), interpretate e successivamente simbolizzate in un sogno, che è di nuovo interpretato sia dal paziente che dall'analista (Papiasvili 2016). Un ampio gruppo di freudiani contemporanei - Ehrlich, L. T., Kulish, N. M., Hanly, M. A., Robinson, M. & Rothstein, A. (2017) - utilizzano il concetto di contenimento nel contesto della supervisione e della consultazione psicoanalitica, con un approccio processuale in tre fasi: riconoscimento, contenimento e uso efficace di processi paralleli all'interno dei multipli campi di transfert-controtransfert tra terapeuta/paziente supervisore/supervisionato, con le corrispondenti pressioni e fantasie legate alla struttura istituzionale. Il contenimento è qui concettualizzato specificatamente come misura preventiva del potenziale di enactment così plurideterminato. Ciò fa seguito alla precedente concettualizzazione della supervisione
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