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Nella prospettiva di Racker, il controtransfert è visto come la risposta dell’analista all’identificazione proiettiva del paziente : nelle sue risposte emozionali alle proiezioni del paziente, l’analista può identificarsi o con gli oggetti interni del paziente ( identificazione complementare ), o col Sé del paziente ( identificazione concordante ). Espandendo il concetto della Deutsch del controtransfert inteso come una “posizione complementare” (Deutsch, 1926), Racker si riferì alla tendenza dell’analista a identificarsi col mondo interno dell’analizzando. Concettualizzando ciò in termini strutturali, ciascuna istanza interna della personalità dell’analista si identifica con la sua controparte nella personalità dell’analizzando: l’Io dell’uno con l’Io dell’altro, l’Es dell’uno con l’Es dell’altro, e così via. Racker chiamò “concordanti” queste identificazioni e le distinse dalle identificazioni “complementari”, in cui l’analista si identifica con gli oggetti interni dell’analizzando. Nel suo sistema, le identificazioni concordanti e complementari sono direttamente proporzionali: quanto più un analista non si rende conto delle proprie identificazioni concordanti, tanto più aumentano quelle complementari. Le identificazioni concordanti traducono una disposizione all’empatia ed hanno la loro origine in un’identificazione positiva sublimata. Da una parte vi è l’analista in quanto soggetto e l’analizzando in quanto oggetto di conoscenza, la relazione oggettuale è in qualche modo cancellata e al suo posto esiste un’identificazione approssimativa basata sull’identità tra alcune parti del soggetto e alcune parti dell’oggetto, la combinazione delle quali potrebbe essere chiamata “concordante”. Dall’altra, esiste una relazione oggettuale costituita da un autentico transfert da parte dell’analista, in cui egli riproduce precedenti esperienze, mentre l’analizzando rappresenta qualcuno degli oggetti interni (arcaici) dell’analista. Questa combinazione è chiamata “complementare”. Così, attraverso le reazioni controtransferali, l’analista può percepire i protagonisti interni del paziente nella misura in cui essi sono proiettati nell’analista stesso. Per certi versi Heimann sostiene la posizione opposta: il controtransfert attiva stati emotivi nell’analista in risposta al paziente. Tali stati emotivi sono stati emotivi dell’analista e non il risultato dell’identificazione proiettiva del paziente nell’analista, e la loro registrazione e comprensione costituisce un accesso all’inconscio del paziente . Nell’elaborazione della Heimann, il controtransfert è uno “ strumento cognitivo ” inconscio e “uno strumento estremamente importante nel lavoro dell’analista…”, che informa l’analista del possibile “ritardo fra la percezione conscia ed inconscia”. Tale ritardo “coincide con un’introiezione inconscia del suo paziente, e con un’identificazione inconscia con lui” (Heimann, 1977, p. 319; trad.it.: p. 371-372). Sebbene, dopo la sua fuga da Berlino, avesse intrecciato rapporti col gruppo kleiniano, la Heimann è principalmente collocata nel gruppo degli analisti che assumono una prospettiva bipersonale del controtransfert. Lei stessa fa risalire al suo saggio “Il controtransfert” (1950) la sua presa di distanza dalla Klein e il suo riconnettersi ai mondi di Ferenczi e di Balint. Tale saggio presenta un sapiente dosaggio di grande attenzione al molteplice dispiegarsi della responsività emozionale nell’analista e di cautela per quanto riguarda la sua espressione
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