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un grande passo nella comprensione della modalità relazionale tra paziente e analista. La seconda concettualizzazione, il cosiddetto controtransfert dell’iniziale “Tradizione indipendente” (Winnicott, Heimann), sostiene che ciò che proviene dall’analista appartiene a quest’ultimo e non è automaticamente la risposta dell’analista alla proiezione del paziente. Questa differenza nella concezione del controtransfert ha effetti e conseguenze rilevanti sulla conduzione tecnica del trattamento e su come l’analista considera e lavora con le comunicazioni del paziente. Gli sviluppi paralleli nella scuola argentina, a partire da Racker, sono più vicini alle prospettive kleiniane, in quanto sviluppano una loro specifica versione dell’uso dell’identificazione proiettiva nel contesto del controtransfert. II. C. Diffusione internazionale del concetto: ulteriori linee di espansione (Seconda metà del Ventesimo secolo in Europa, America Latina e Nord America) Dalla metà degli anni Cinquanta in poi, insieme all’ampliamento delle indicazioni per la psicoanalisi (“widening scope of psychoanalysis”), il controtransfert fu sempre più visto come uno strumento utile, mentre divenne dominante la prospettiva allargata. Negli ultimi cinquant’anni, la maggior parte degli psicoanalisti ha smesso di vedere il controtransfert soltanto come un impedimento, ed è arrivata invece a vederlo come una fonte di insight sul funzionamento psichico dell’analizzando, così come nel proprio in relazione a lui. In tale contesto, è talvolta chiamato “ controtransfert personale ” o “ controtransfert diagnostico ” (Casement, 1987). In questa prospettiva, il controtransfert è giunto ad essere considerato una co-creazione bipersonale , e il transfert e il controtransfert sono visti come gli esiti di un unico processo dinamico. Questa visione del controtransfert cominciò a legare strettamente il fenomeno agli enactments , che alcuni giunsero a considerare il primo passo verso le violazioni del confine, “ attualizzazioni ” del transfert e del controtransfert. In tutti questi sviluppi a livello internazionale, gioca un ruolo importante la concettualizzazione del rapporto tra “identificazione proiettiva” e “controtransfert”. Le idee di Heimann e di Racker, insieme a quelle di Winnicott e di altri autori indipendenti, sono state sviluppate ed ampliate da Grinberg (1956), Bion (1959), Ogden (1994a) e molti altri. Essi si sono concentrati sull’uso della rêverie da parte dell’analista e su un processo che rende l’oggetto/spazio/setting/campo analitico una configurazione triadica di scambi comunicativi, variamente concettualizzata (Baranger, 1961/2008; Bleger, 1967; Green, 1974), che costituisce una nuova creazione del paziente e dell’analista, un “Terzo” nei termini di Ogden (1994b). In Argentina, la creazione del concetto di controidentificazione proiettiva da parte di Leon Grinberg (1956) arricchì di un ulteriore, notevole contributo la discussione metapsicologica e teorico-clinica sul tema dei coinvolgimenti controtransferali proiettivi ed introiettivi (compresi gli enactments e le drammatizzazioni). Mentre per Racker e per Heimann, sebbene con differenze concettuali, l’uso dei meccanismi di identificazione proiettiva nel contesto del controtransfert costituiva la risposta
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