Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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dell'insistenza di un campo familiare, un contesto all'interno del quale il traumatico non ha forma. "L'esperienza traumatica non esiste come rappresentazione nella modalità della coscienza oggettiva. ... Piuttosto, la sua natura è quella di sopravvivere solo come modo di essere e solo entro un certo grado di genericità" (Merleau-Ponty, 1945/2012, p. 85; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T). Il trauma è avvertito a livello corporeo come ansia generalizzata senza però alcuna consapevolezza specifica, poiché si continua insistentemente a rimanere nei confini del campo non traumatico. Il quadro concettuale del pensiero di Merlau-Ponty in relazione alla psicoanalisi subì una svolta nelle Lezioni alla Sorbona (1950/2010) e nelle Lezioni del Collegio di Francia (1968), in cui mostra sempre più interesse al processo intersoggettivo e ad una concezione del campo fenomenico che enfatizza la "transitività" e poi, nel suo ultimo lavoro, la "reversibilità". Faremo solo qualche accenno a questo concetti più avanti, ma sono fondamentali per chiarire una radicalizzazione della visione di Merleau Ponty sul campo che sottolinea l’importanza del l’interpenetrazione. In queste lezioni, egli esaminò alcuni concetti psicoanalitici dal punto di vista della fenomenologia, dando rilievo al movimento reciproco tra tra sé e l'altro: "Esiste una connessione tra le relazioni con gli altri e la relazione con se stessi. ... Le relazioni con gli altri passano attraverso la relazione con se stessi" (Merleau-Ponty, 1950, p. 267). Per lui l'uso della proiezione e dell'introiezione come definite da Melanie Klein sono fondamentali in questo processo, e secondo la sua lettura, la loro azione si situa nel corpo: "La distinzione tra fantasia e realtà è meno netta. Tra l'attività corporea (succhiare, inghiottire) e l'introiezione non ci sono più confini ben definiti" (Merleau-Ponty, 1964a, 1964b, p. 368; trad. ingl. Phillips, 1999, p. 76). Phillips mostra come Merleau-Ponty trovi nella Klein un campo differente. Attraverso la Klein, i concetti psicoanalitici possono essere compresi "in termini di corporeità intesa come esplorazione dell’esterno nell'interno e dell'interno nell'esterno, cioè come potere globale e universale di incorporazione" (Merleau-Ponty, 1968, p. 130; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T). Merleau-Ponty ha trasformato questi meccanismi psichici da "operazioni mentali" a "modalità dell’attività del corpo", strumento di accesso tra interno ed esterno (Merleau-Ponty, 1964b, p. 319). Nella riflessione successiva, negli anni '50, la visione di Merleau-Ponty dell'inconscio e del campo cambiò ulteriormente, passando da un campo percettivo invisibile a una struttura dell'esperienza in cui della reciprocità tra interno ed esterno, tra sé e l'altro, viene fatta esperienza attraverso la sensibilità incarnata. La proiezione e l'introiezione non sono solo parte delle strutture più duttili e meno differenziate del bambino piccolo, ma sono universalizzate come dimensioni appartenenti anche all'esperienza adulta, cosa che Merleau-Ponty considerava "l'intuizione più interessante" di Freud (Phillips, 1999, p. 77). Merleau-Ponty e Lacan attingono entrambi dal lavoro di Freud (1915) sulla formazione reattiva e sul negativo. La “transività” si riferisce alle sostituzioni che avvengono tra il sé e l'altro. Per esempio: una bambina di 3 anni prende un colpo sulla gamba e non reagisce, mentre è il suo amichetto a piangere e strofinarsi la gamba in risposta al colpo. Sebbene la ricerca contemporanea abbia messo in discussione la visione del neonato indifferenziato, nell’esperienza si trova facilmente riscontro di queste trasposizioni, e tutto ciò è diventato un nuovo modo di concepire i processi inconsci. In questa reciprocità, Merleau-Ponty (1968) ha ritrovato le qualità del sogno anche nello stato di veglia laddove, a livello di esperienza corporea, la separatezza e la differenziazione svaniscono nella permeabilità delle sensazioni, nella nostra recettività agli altri nei momenti in cui troviamo noi stessi negli altri e gli altri in noi stessi. Le nostre relazioni di veglia con gli oggetti e con gli altri hanno in linea di principio una caratteristica onirica: gli altri sono presenti a noi come lo sono i sogni e come lo sono i miti, e questo basta a mettere in discussione la separatezza tra il reale e l’immaginario. Piuttosto che cercare l'inconscio dietro al conscio, l'inconscio è da considerarsi l'aspetto sognante di tutta la coscienza di veglia che rende possibile le relazioni (Phillips, 1999, p. 79). Phillips (1999, p. 80) fa riferimento a una

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