Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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un paradosso, di essere in grado di esperire l’esperienza. Bion (1965, 1970) differenzia questo stato mentale da K, e lo definisce con il termine di O. K rappresenta la consapevolezza cosciente di una propria esperienza, mentre O indica il livello più profondo del nostro essere, che non può essere pienamente compreso dalla mente cosciente ma può solo essere esperito. O rappresenta l’ignoto. Il conflitto è tra K e O, tra essere e conoscere (Taylor, 2011; Tabakin, 2015). Nel pensiero dell’ultimo Bion il conflitto è tra il noto e l’ignoto, tra il certo e l’incerto. Bion propone un’estetica clinica della comparsa (emergence) che richiede una nuova posizione dell’analista. Estendendo le idee di Freud ( 1912) sulla tecnica che riguardavano l’attenzione liberamente fluttuante e l’accettazione imparziale di qualsiasi materiale porti il paziente, Bion suggerisce di sviluppare una condizione mentale nuova, aperta alla rêverie; a questo scopo, è necessario che “il sapere” implicato nella memoria e nel desiderio sia messo da parte, sospeso, così che l’analista possa realizzare uno stato mentale definito con le parole del poeta Keats come “Capacità Negativa, ovvero, quando un uomo è capace di stare nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio, senza alcuna ricerca nervosa di fatti e ragioni” (Bion, 1970, p. 125; citazione tradotta per questa edizione, N.d.T.). In questo modo, è come se Bion si muovesse verso una risoluzione dialettica dei conflitti innati - potremmo definirla un levamento ( sublation ) secondo terminologia di Hegel (Rosen, 2014, pp. 138-9) - dove si sviluppa uno stato della mente che tollera l’interazione tra elementi PS (schizo-paranoidi), D (depressivi), e configurazioni indicate da Bion con PS↔D. Quindi il tardo Bion non abbandona il presupposto del conflitto in favore di quello della comparsa; piuttosto, la comparsa è messa in relazione dialettica col conflitto III. E. Donald W. Winnicott Un’alternativa al modello di conflitto offerto dai teorici delle relazioni oggettuali è quella proposta da Winnicott. Nella prima raccolta dei suoi articoli scritti dagli anni ‘30 fino a metà degli anni ’50, “Dalla Pediatria alla Psicoanalisi” (1978), Winnicott formula gradualmente i suoi contributi riguardanti le dinamiche del primo sviluppo infantile e le nevrosi infantili, la preoccupazione materna primaria , il trauma, la regressione, il transfert e il controtransfert. Il suo modello prende l’avvio dal concetto di stadio primario di sviluppo che egli definisce di non-integrazione (Winnicott, 1945). Mentre la Klein tendeva a vedere la mente primitiva come dis -integrata da scissioni, identificazioni proiettive e altre difese basate sull’onnipotenza infantile, Winnicott vede la mente primitiva come ancora-non-messa-insieme . Come tale, la mente per Winnicott non è al principio in una situazione di conflitto di base ma è più in uno stato in cui ha necessità di unificarsi, e solo successivamente avranno luogo i conflitti descritti da Freud e dalla Klein. Fino a che questa integrazione primaria non ha avuto luogo, per Winnicott non c’è alcuna struttura psichica. Si può vedere il punto di divergenza di Winnicott considerando che Freud, Klein e Bion costruiscono ciascuno una teoria a partire dal conflitto originario, istintuale e emotivo, che deriva dalle esperienze di vita e di morte, originariamente provenienti dall’Es. In contrasto con questa idea di conflitto originario, Winnicott postula uno stato originario di “non integrazione”, dove i conflitti non sono innescati fino a che non sia avvenuta una integrazione primaria. Quindi per Winnicott “non c’è Es prima dell’Io”

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