Club Milano34

Cover story

Angela Missoni ha sempre sognato una sola cosa: fare la mamma. La più giovane dei tre figli di Ottavio e Rosita non è entrata subito nell’impresa di famiglia, ma ha coltivato altre passioni negli anni, si è sposata e ha avuto tre figli. Nel 1992 ha deciso di occuparsi di moda e finalmente nel 1997, con la “benedizione” di mamma Rosita, ha lanciato la sua prima collezione. Oggi è l’unica designer del brand di maglieria più famoso del mondo ANGELA MISSONI IL CAPITALE UMANO

di Nadia Afragola

Missoni è uno dei pochi marchi della moda italiana che può vantarsi di essere ancora al 100% un family business . Dal- la sua fondazione al boom degli anni Ottanta, il testimone è passato da una all’altra generazione e oggi il successo è stato riconosciuto anche con una mo- stra, Missoni Art Colour , allestita pri- ma al Museo Maga di Gallarate (città dove tutto è iniziato) e poi al Fashion and Textile Museum di Londra. Nato come piccolo laboratorio tessile a Gal- larate, Missoni si spostò poi a Sumira- go, sempre in provincia di Varese, dove ancora oggi ha sede l’azienda: era il 1953 quando fecero la loro comparsa le maglie con fantasia a righe e a zig zag. A capo di tutto Ottavio Missoni, il fondatore, e la moglie Rosita Jelmini che disegnò gli abiti fino al 1997, anno in cui passò il testimone alla figlia An- gela, oggi unica designer di tutte le li- nee. È la storia di una famiglia italiana, quella che ci racconta in queste pagine Angela, la storia di una maison dove fi- gli e nipoti hanno spesso posato per le pubblicità del marchio. Ma è anche la storia di chi ha reso importante la setti- mana della moda di Milano. Forse non

tutti lo sanno, ma fu proprio il marchio di Varese, nel 1966 a sfilare, per la pri- ma volta, al Teatro Gerolamo portando così il prêt-à-porter a Milano. Angela, che ricordi ha della sua infan- zia? Ricordi felici, di giochi sempre in com- pagnia di altri bambini, tanti bambi- ni! Siamo una grande famiglia, quindi c’erano i miei fratelli, i miei cugini e molti, moltissimi amici. Ognuno in- vitava i suoi, si “condividevano” e così coltivavamo relazioni diverse, che sono non di rado sopravvissute al tempo e restano amicizie ancora oggi. Poi c’e- rano le lunghe vacanze al mare, in una piccola isola della Dalmazia dove per molti anni i miei hanno affittato una casa. Non c’erano né gas, né elettricità, né acqua corrente... Si viveva all’aria aperta, immersi nell’acqua del mare, cuocendo alla griglia sugli scogli i pesci spesso pescati da noi, bevendo e cu- cinando con l’acqua dolce del pozzo. Erano giornate lunghissime trascorse all’aperto, erano gioiose, avventurose, sempre con il rumore delle cicale nelle orecchie, in compagnia dei miei fratelli e dei miei genitori, ma anche dei tanti

parenti e amici di passaggio. C’erano ospiti che andavano e venivano, ralle- grando le tavolate a cena, illuminate con candele e lampade a petrolio. Sapeva già cosa voleva fare da gran- de? Principalmente la mamma: avere e crescere dei figli è sempre stato il mio più grande sogno, il mio più ambizio- so progetto. Poi direi che, in generale, ho avuto aspirazioni e occupazioni diverse, rivolte tutte però nella stessa direzione, ovvero a ridisegnare l’esi- stente. Avrei voluto fare l’architetto. O altrimenti, la progettista di spazi, arredi e prodotti per l’infanzia, mira- ti a ottimizzare il lavoro dei genitori e la qualità di vita e gioco dei bambini. E ancora, l’imprenditrice nell’ambito delle colture organiche e dei prodotti biologici. Ovviamente anche la moda è sempre rientrata nei miei interessi: par- liamo di un linguaggio e di un punto di vista estetico inalienabile, di un sogno a 360 gradi, quello di cui parlavo prima, ridisegnare l’esistente... Per anni si è rifiutata di lavorare con i suoi genitori. Dopo una breve esperienza a 18 anni come assistente

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