Club Milano34

club milano

n. 34

Un viaggio fino a Capo Nord e una rinascita. Questo è Reaching the Cape, lavoro fotografico di Di Giovanni Le botteghe di Milano? Alcune hanno una lunga storia alle spalle, altre sono più recenti. Tutte sono bellissime Faso: «Il baseball? Passione complementare che mi ha donato la dimensione agonistica che manca alla musica» Autunno è senz’altro il periodo migliore per visitare le Langhe, il regno dell’uva Nebbiolo e del tartufo bianco

settembre - ottobre 2016

Angela Missoni: «Siamo una grande famiglia, i ricordi di infanzia sono pieni di giochi con amici e cugini» − pagina 16

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editorial

Ci ho messo anni per capirlo: ciò che rende meravigliosa la nostra città è la sua “di- mensione”, che unita alla storica laboriosità dei suoi abitanti e alla continua (talvolta bulimica) voglia di rinnovarsi, rende Milano un laboratorio di esperienze pratica- mente unico. Né troppo grande né troppo piccola, Milano non ha l’estensione di una metropoli europea, tantomeno mondiale, ma ha tutto ciò che serve per attrarre chiunque e per non far mancare assolutamente nulla a chi ci vive. Esiste ancora la di- mensione del quartiere: si può vivere l’atmosfera bohémien di Isola e in pochi minuti a piedi tuffarsi nella modernità glamour di Porta Nuova. Si può passare in pochi minuti dai romantici vicoli di Brera al jet set del quadrilatero della moda, dalla movida dei Navigli all’atmosfera post industriale di Zona Tortona. Una tale varietà di ambienti e situazioni in uno spazio così stretto e facilmente accessibile non lo ha nessun’altra città. Per godere a pieno di tutto questo il milanese dovrebbe andare oltre il momento dell’evento. La parola “evento” è forse il termine più abusato a Milano, al punto da diventare un freno. Ci si muove solo se c’è un evento con il risultato che si perdono le migliori occasioni per vivere gli spazi, le persone e le vere offerte culturali, di qualsiasi tipo. Un momento fantastico dell’anno è quello che stiamo per affrontare: l’autunno, la classica mezza stagione schiacciata da un’estate che sembra non finire mai e un inverno sempre buono per le fughe in montagna. Terminata la settimana della moda, senza la Design Week alle porte, senza grandi concerti, festival musicali o finali di Champions League, l’autunno restituisce ai milanesi la città nel suo spirito più auten- tico. In autunno Milano è come una bellissima donna senza trucco, finalmente capace di regalarti energie, e non solo di prosciugartele. Certo, la dimensione autunnale è più intima, nascosta. È il momento della ricerca dei propri spazi e della selezione di ciò che ci piace davvero. Ma spesso è anche bello perdersi, a caso, per scoprire luoghi inaspettati che entreranno per sempre nella nostra personalissima playlist , un piccolo tesoro di esperienze da far conoscere ad amici e persone care nei mesi a venire. Sco- perta e condivisione. Milano sa essere anche questo. La mezza stagione

Stefano Ampollini

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contents

point of view Autumn in Milan di Roberto Perrone

focus

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Tra le pieghe di Roberto Perrone

inside

interview Faso di Paolo Crespi

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Brevi dalla città a cura di Elisa Zanetti

outside

focus

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Brevi dal mondo a cura di Elisa Zanetti

Guarda come dondolo di Chiara Temperato

cover story Angela Missoni di Nadia Afragola

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interview Tullio Dobner di Simone Sacco

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bunch

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Ebbrezza creativa di Alessia Delisi

portfolio

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weekend

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Reaching the Cape foto di Matteo Di Giovanni

Impossibile perdersi di Carolina Saporiti

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contents

wellness

overseas

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Il benessere secondo Bacco di Simona Lovati

Forza della Natura di Andrea Zappa

style

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Il pantalone italiano della Redazione di Club Milano

style

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Warmth of home di Luigi Bruzzone

food

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Amore d’Oltralpe di Simone Zeni

food

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design

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Luigi Taglienti di Elisa Zanetti

Positive Mood di Marzia Nicolini

free time

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wheels

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Da non perdere a cura di Enrico S. Benincasa

L’elettrico che avanza di Carolina Saporiti

secret milano Metti una casa a zucca di Marilena Roncarà

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hi tech

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Salotto Hi-Tech di Paolo Crespi

In copertina Angela Missoni

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point of view

roberto perrone Giornalista e scrittore dalle radici “zeneisi” si è occupato di sport, enogastronomia e viaggi al Corriere della Sera. Ora è freelance. Il suo sito è perrisbite.it. Il suo ultimo libro è Manuale del Viaggiatore Goloso (Mondadori): guida da leggere e consultare per mangiare e bere bene.

«Non so se tutti hanno capito ottobre la tua grande bellezza / nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza» (Francesco Guccini, Canzone dei 12 mesi). È strano come la stagione dove tutto si riavvia, la stagione del vino, motore della vita e della socialità, della ripresa di tutte le attività, dal lavoro alla scuola, venga pensata e vissuta come una stagione crepuscolare, come l’inizio di una parabola discendente. Massimo Montanari storico e docente, tra le altre materie, di Storia dell’Alimentazione sottolinea che «la vendemmia, dal Medioevo a oggi, è anche un momento fondamentale di coesione del mondo contadino, di festa». La ven- demmia c’è già stata, ma questa è la stagione del vino, che comincia a maturare, per le nostre ebbrezze. Forse allegrie sarebbe meglio. Perché allora consideriamo l’autunno come qualcosa di negativo, qualcosa di privante? Mentre scrivo sento l’aria più fresca (o comunque sento l’aria, perché fino a pochi giorni fa non c’era, né fredda, né calda) che entra dalla mia finestra. Forse è questo, forse sono le foglie morte che si accumulano nei viali, i colori che si fanno più scuri, la gente intristita perché le vacanze sono finite, quelle al sole, quelle che pretendono vestiti leggeri, costumi da bagno, pedule e zaini, per il mare o per i monti. Per molti l’autunno è la stagione del ritorno alla routine. Ma quindi il problema non è la stagione, è considerare gran parte della nostra vita una routine, non amare quello che si fa, per una ragione o per l’altra. Allora l’autunno non è una stagione crepuscolare, decadente per se stessa, ma per come la viviamo. L’autunno è stagione bellissima, è l’atteggiamento con cui si affrontano i momenti della vita a farcelo comprendere oppure no. L’autunno è un passaggio entusiasmante, a me ha sempre affascinato il senso della ripartenza, la città che si riempie, la gente che ritorna ad affollare le strade, il riprendere la propria vita. Non ho mai vissuto l’autunno come un mo- mento periferico, anzi. L’ho sempre associato a una strada che attraversa una cam- pagna dove i colori dominanti sono il rosso, l’ocra, il giallo, il marrone e il viaggio è il senso del tutto. Sotto questo aspetto, Milano sta vivendo un grande autunno, la città vibra. Negli ultimi due anni è cambiata e sta cambiando ancora, sotto i nostri occhi. E d’autunno la ripartenza della metropoli è ancora più evidente. Posti nuovi, case nuove, insegne nuove, iniziative nuove. Tutto riprende e si rinnova. Ho appena finito di leggere un’intervista a Cristiana Capotondi, romana diventata milanese per amore. All’inizio sentiva nostalgia di Roma, poi Milano l’ha travolta. Milano è così, scrosti la sua patina di grigio e di riservatezza e scopri una città che sa accoglierti e stimolarti. Basta solo star lontani dal suo lato isterico. Ma questo vale per qualsiasi stagione e per qualsiasi posto. Autumn in Milan

Roberto Perrone

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INSIDE

The English Boutique Rinfrescare il proprio business english in modo rapido ed efficace attraverso conversazioni su temi specifici, video, traduzioni e test di verifica. The English Boutique, la scuola di soli insegnanti madrelingua di via Costanza, 3, ha lanciato Bee- Eng Smart, un nuovo corso dedicato alle imprese e al mondo del lavoro per aiutare i professionisti a migliorare le proprie

competenze linguistiche. www.theenglishboutique.it

Nutrimento per l’anima

Probabilmente qualcuno ha cercato di afferrarli immaginan- do fossero veri, gli iperrealistici frutti e vegetali creati da Giu- seppe Carta ed esposti a Germinazioni. I diari della Terra , la prima mostra tenutasi nella sede milanese di Eataly, in piazza XXV Aprile. Ideata da Arte Contemporanea Italiana, l’espo- sizione di oli su tela e sculture in bronzo ha reso omaggio alla biodiversità dell’Italia, mettendo in scena lo stretto rapporto fra cibo e arte, nutrimenti per il corpo e per l’anima. www.eataly.net

Pronti, partenza, via… Avrà tutta la classe di Armani la prossima edizione della Milano Marathon, il grande evento sportivo che si svolgerà il 2 aprile e per il quale sono già aperte le iscrizioni. EA7 Emporio Armani sarà title e technical sponsor e realizzerà le maglie tecniche che i runner indosseranno per i 42 km del percorso. Amata dai milanesi, nell’ultima edizione la maratona ha visto ai nastri

di partenza 20mila atleti. www.milanomarathon.it

Into the Finnish forest Provengono dalla foresta finlandese di Isokyrö e sono interpretati da Jussi Vijala della distilleria Kyrö, i gin di segale che Björk Swedish Brasserie – al 20 di via Panfilo Castaldi – ha da poco inse- rito nel menu. Assaggi della cucina di Bjork, dalle aringhe marinate al caviale nordico di coregone, sono stati elaborati in sintonia con il gin, per accompagnarne al meglio la degustazione. www.bjork.it

Cambio casa… Nuance, profumi e consistenze materiche sono gli ingredienti che l’interior designer e consu- lente immobiliare Andrea Castrignano usa per delineare nuovi paesaggi domestici. Conosciuto al grande pubblico per la conduzione del pro- gramma televisivo Cambio Casa, Cambio Vita!, il designer aspetta chi avesse voglia di portare una ventata di novità fra le pareti domestiche nel suo studio in via Adige 11. www.andreacastrignano.it

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outSIDE

Lightness Leggerezza è la parola chiave della nuova collezione autunno inverno di Herno. Il classico bomber di piuma è proposto con caratteristiche tecniche che lo rendono ancora più performan- te: il nylon, di soli sette denari, è il più leggero al mondo, mentre l’imbottitura è un mix di piuma d’oca e tecnica che rende il capo waterproof . I capispalla sono disponibili sia nella versione maschile sia femminile. www.herno.it

Al galoppo! Le candeline da spegnere sono ormai 118. 750 gli espositori provenienti da tutto il mondo, oltre 200 gli eventi tra competizioni sportive e spetta- coli e 3mila gli eleganti quadrupedi protagonisti. Fieracavalli ritorna a Verona dal 10 al 13 novem- bre per parlare ancora una volta del mondo del cavallo e dell’affinità naturale che da millenni lega l’uomo a questo meraviglioso animale. www.fieracavalli.it

Tra i filari della Franciacorta Natura e buon vino, queste le parole chiave del Festival del Franciacorta in Cantina, che si è tenuto il weekend del 17 e 18 settembre. Settantasei cantine hanno aperto le loro porte, pronte a svelare i segreti dei vitigni Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco e a far degustare le tipologie di Franciacorta. Spazio anche allo sport, con itinerari in bicicletta e trekking in vigna. www.franciacorta.net

Instant design Quest’estate Spotti Milano ha aperto le porte del rinnovato spazio in viale Piave con Instant Panorama, il nuovo allestimento che ha consoli- dato la direzione creativa di Studiopepe. Instant Panorama racconta un interno sofisticato che sembra esistere fuori dal tempo e nel quale luci, colori e texture si uniscono in una sottile armo- nia, frutto del dialogo continuo tra riferimenti alla tradizione e al design contemporaneo. www.spotti.com

È stata inaugurata da poco La donna che legge , mostra che indaga il rapporto di Gabrielle Chanel con letteratura e scrit- tori. Svelata per la prima volta, la biblioteca di Mademoiselle Chanel rivela una fervida lettrice e mette in luce l’influenza che la lettura ha avuto sulle sue creazioni. Libri, fotografie, quadri, oggetti d’arte e creazioni di moda saranno esposti fino all’8 gennaio presso Fondazione Musei Civici di Venezia, Ca’ Pesaro–Galleria Internazionale d’Arte Moderna. www.chanel.com La donna che legge

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Cover story

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Cover story

Angela Missoni ha sempre sognato una sola cosa: fare la mamma. La più giovane dei tre figli di Ottavio e Rosita non è entrata subito nell’impresa di famiglia, ma ha coltivato altre passioni negli anni, si è sposata e ha avuto tre figli. Nel 1992 ha deciso di occuparsi di moda e finalmente nel 1997, con la “benedizione” di mamma Rosita, ha lanciato la sua prima collezione. Oggi è l’unica designer del brand di maglieria più famoso del mondo ANGELA MISSONI IL CAPITALE UMANO

di Nadia Afragola

Missoni è uno dei pochi marchi della moda italiana che può vantarsi di essere ancora al 100% un family business . Dal- la sua fondazione al boom degli anni Ottanta, il testimone è passato da una all’altra generazione e oggi il successo è stato riconosciuto anche con una mo- stra, Missoni Art Colour , allestita pri- ma al Museo Maga di Gallarate (città dove tutto è iniziato) e poi al Fashion and Textile Museum di Londra. Nato come piccolo laboratorio tessile a Gal- larate, Missoni si spostò poi a Sumira- go, sempre in provincia di Varese, dove ancora oggi ha sede l’azienda: era il 1953 quando fecero la loro comparsa le maglie con fantasia a righe e a zig zag. A capo di tutto Ottavio Missoni, il fondatore, e la moglie Rosita Jelmini che disegnò gli abiti fino al 1997, anno in cui passò il testimone alla figlia An- gela, oggi unica designer di tutte le li- nee. È la storia di una famiglia italiana, quella che ci racconta in queste pagine Angela, la storia di una maison dove fi- gli e nipoti hanno spesso posato per le pubblicità del marchio. Ma è anche la storia di chi ha reso importante la setti- mana della moda di Milano. Forse non

tutti lo sanno, ma fu proprio il marchio di Varese, nel 1966 a sfilare, per la pri- ma volta, al Teatro Gerolamo portando così il prêt-à-porter a Milano. Angela, che ricordi ha della sua infan- zia? Ricordi felici, di giochi sempre in com- pagnia di altri bambini, tanti bambi- ni! Siamo una grande famiglia, quindi c’erano i miei fratelli, i miei cugini e molti, moltissimi amici. Ognuno in- vitava i suoi, si “condividevano” e così coltivavamo relazioni diverse, che sono non di rado sopravvissute al tempo e restano amicizie ancora oggi. Poi c’e- rano le lunghe vacanze al mare, in una piccola isola della Dalmazia dove per molti anni i miei hanno affittato una casa. Non c’erano né gas, né elettricità, né acqua corrente... Si viveva all’aria aperta, immersi nell’acqua del mare, cuocendo alla griglia sugli scogli i pesci spesso pescati da noi, bevendo e cu- cinando con l’acqua dolce del pozzo. Erano giornate lunghissime trascorse all’aperto, erano gioiose, avventurose, sempre con il rumore delle cicale nelle orecchie, in compagnia dei miei fratelli e dei miei genitori, ma anche dei tanti

parenti e amici di passaggio. C’erano ospiti che andavano e venivano, ralle- grando le tavolate a cena, illuminate con candele e lampade a petrolio. Sapeva già cosa voleva fare da gran- de? Principalmente la mamma: avere e crescere dei figli è sempre stato il mio più grande sogno, il mio più ambizio- so progetto. Poi direi che, in generale, ho avuto aspirazioni e occupazioni diverse, rivolte tutte però nella stessa direzione, ovvero a ridisegnare l’esi- stente. Avrei voluto fare l’architetto. O altrimenti, la progettista di spazi, arredi e prodotti per l’infanzia, mira- ti a ottimizzare il lavoro dei genitori e la qualità di vita e gioco dei bambini. E ancora, l’imprenditrice nell’ambito delle colture organiche e dei prodotti biologici. Ovviamente anche la moda è sempre rientrata nei miei interessi: par- liamo di un linguaggio e di un punto di vista estetico inalienabile, di un sogno a 360 gradi, quello di cui parlavo prima, ridisegnare l’esistente... Per anni si è rifiutata di lavorare con i suoi genitori. Dopo una breve esperienza a 18 anni come assistente

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Cover story

dapprima ho cominciato a occuparmi di nuovi progetti per Missoni, ad esem- pio la linea bambino, la profumeria, la pelletteria. Poi sono passata a imposta- re il progetto di brand identity che non era mai esistito fino a quel momento. È solo in seguito che ho capito che era la moda il vero ambito all’interno del quale avrei voluto esprimermi. È nata così la linea Angela Missoni: pezzi in maglia, tendenzialmente in tinta unita. Quello è stato per me un importante punto di partenza. Il modo vero con cui ho iniziato a comunicare con mia madre sullo stesso piano a livello lavo- rativo, creativo e professionale. Le sono piaciuta e a un certo punto, guardando una mia collezione, ha detto: «Questo è quello che Missoni dovrebbe essere oggi» e mi ha passato le redini creative dell’azienda. È vero che ha provato anche ad alle- vare polli? Sì, era una delle idee che avevo relati- vamente alle colture e agli allevamenti biologici di cui le ho parlato prima. Cos’è la moda per lei? Un gioco combinatorio che coinvol- ge istinto, cultura e innovazione. Una personale, e libera, appropriazione e interpretazione di dati, stilemi, spunti formali, elementi decorativi, conte- nuti estetici. La mia concezione della moda implica, alla pari, memoria e ricerca, passato e contemporaneità, norma e trasgressione, provocazione e sense of humour . Ho avuto la fortuna di ereditare un linguaggio esclusivo e immediatamente universalmente rico- noscibile, che può mutare all’infinito, esprimere significati diversi, interpre- tare e improntare il tempo. Nell’aprile del 1967 Missoni presen- tò la nuova collezione a palazzo Pitti

di sua madre, presa da una crisi di rigetto ha lasciato l’Italia. E poi cosa è successo? Non mi sono mai “rifiutata”. Ho lavora- to da quando avevo 19 anni nei periodi di vendita, per avere un’indipendenza economica, riuscendo così nello stesso periodo ad andare ad abitare da sola. Non mi sono mai trasferita del tut- to all’estero. Ho lavorato, in seguito, come assistente di mia madre in atelier , dai 23 anni ai 28 anni, e poi ho avuto i miei tre figli… Ed è proprio in quel periodo, quando sono stata a casa con loro, che mi sono dedicata a progetti diversi e ho cominciato a pensare che potevo orientare la mia vita al di fuo- ri dell’azienda. I miei genitori non mi hanno mai forzata a lavorare con loro, e questo discorso è valso anche per i miei fratelli: abbiamo tutti iniziato in maniera quasi naturale. Poi, quando ho capito bene il costo emotivo e psicolo- gico che poteva avere su di me un’inte- razione quotidiana, fianco a fianco con il talento, l’esperienza e la determina- zione imprenditoriale di mia madre Rosita e di mio padre Ottavio che ve- devano molto lungo, mi sono informal- mente prospettata un’alternativa. Un’alternativa… In che senso? Il nome e l’assetto imprenditoriale di Missoni sono come una grande cu- pola sotto la quale possono confluire e convivere attività diverse: Missoni non sono solo vestiti da indossare. Ho iniziato a pensare a qualcosa che fos- se completamente concepita e con- trollata da me. Così, senza pressioni né imposizioni, mi sono sentita libera di prendere o lasciare, libera di con- frontarmi con un piano tutto mio o di non farlo, o di non fare. Ho accettato gli spunti che arrivavano dall’esterno,

a Firenze, facendo sfilare le modelle senza reggiseno. Fu uno scandalo. Da allora quanto è cambiato il modo di fare scandalo in passerella? Non ridurrei l’episodio a uno scandalo, lo chiamerei piuttosto un’idea di co- municazione, allora forse involontaria o completamente mirata a valorizzare e spettacolarizzare i modelli... Fu un gesto o una scelta d’amore, contestua- lizzata in un periodo di grandi idea- li stilistici e di autentica fiducia nel nuovo. Direi che eravammo di fronte a un’idea di comunicazione che ha pre- corso il tempo, visto che oggi il come è diventato più importante del cosa. Abbiamo vissuto, a partire da quegli anni, la destabilizzazione di un rito codificato come la sfilata che, da Yves Saint Laurent a Jean Paul Gaultier o da McQueen a Tisci, non ha conosciu- to né limiti, né alcuna censura. E dal 1967 a oggi ha comunque avuto come suoi principali focus i cliché o i ghetti della bellezza e della sessualità, i teatri del mostrare e del celare, dell’essere e dell’apparire. La collezione autunno inverno 2016- 17 che ha interamente disegnato è una delle migliori collezioni di sempre, a detta dei critici. Da dove arriva l’ispi- razione? Ho voluto riscoprire l’essenzialità, la linearità del knitwear e lo spirito del tempo che quella moda ha generato. C’è una traccia ideale, ricordata a me- moria, di anni che, tra Settanta e Ot- tanta, ha visto trionfare la libertà di essere, sedurre, trasgredire. C’è la leg- gerezza di un vestire fatto di scelte e accostamenti informali, personali, stri- denti, sbagliati, inaspettati. Il trionfo di capi che il tempo ha reso transgenera- zionali, epocali passepartout come la

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Cover story

costamenti e le “nostre” scansioni cro- matiche trasfigurano all’infinito righe e zig zag e li trasformano in proposizioni di tendenza, in motivi della moda che non smettono di evocare e rimandare a un passato indefinibile, perfettamente postmoderno. Un passato contempora- neo… Ecco! Quella di Missoni è la storia di una famiglia che è sempre stata molto uni- ta. Si fa tanto parlare oggi di famiglia in Italia. Cosa ne pensa in merito? Sono cresciuta con il culto della fami- glia trasmesso a tutti noi da mia madre Rosita. E della famiglia sono a totale fa- vore. Tuttavia non è una cosa così facile come si può pensare, ma rappresenta un’incontestabile forza, una risorsa e un capitale inestimabile. Dategli valo- re, sempre.

giacca maschile, il giubbotto smanica- to, il giaccone o il cappotto extra lun- go, ecc... Tanti modelli codificati, facili, corti e lunghissimi, ampi e slim , veloci da indossare e accostare, che sono stati declinati con le texture , i punti, i co- lori e i riflessi straordinari del lurex di Missoni XXI secolo. Convivenze estre- me di pattern storici, inedite bande, striature melange e nuovi cromatismi. Memoria e soluzioni esclusive, innova- tive. Il perfetto incontro di questi due aspetti direi che è la chiave del succes- so Missoni di oggi. Molta maglieria, come da tradizio- ne, senza rinunciare a look divertenti e sexy. Come si evita di dare una sta- gionalità precisa ai capi? La maglia è divertente, la maglia è sexy. È longeva e versatile. È moda da colle-

zione, fatta di pezzi che puoi ripren- dere, interpretare, ricontestualizzare stagionalmente, illimitatamente. Basta non perdere di vista tutto questo. Con questa collezione ha rievocato lo stile degli anni Settanta, il perio- do di maggior successo del marchio. Quelle righe iconiche e un certo zig zag come fanno a non passare mai di moda? Mio padre scherzava dicendo: «Ci co- piano da tremila anni!». Le righe e gli zig zag non sono infatti delle esclusi- ve Missoni. Prima di essere e diventa- re delle iconiche signature del nostro brand, rappresentano dei prodromi estetici, dei paradigmi della cultura tessile. Diciamo che i miei genitori hanno saputo tradurre questi pattern in un linguaggio moda. I “nostri” ac-

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Portfolio

Un lavoro fotografico realizzato a fine 2015, un viaggio on the road, da Milano a Capo Nord e ritorno. Un percorso di scoperta, rinascita e speranza per Matteo Di Giovanni che, nel 2011, ha subito l’amputazione di una gamba a causa di un incidente in Bosnia- Erzegovina. Sostenuto da sponsor e da una campagna di crowdfunding su Kickstarter, con “Reaching The Cape” Matteo ha ripreso il suo percorso professionale. Ogni viaggio è innanzitutto un’occasione di crescita interiore e l’autore ha provato che nella vita esistono limiti, ma non confini. Il viaggio è durato due mesi e le fotografie sono state scattate solo in analogico privilegiando un linguaggio tradizionale. La direzione artistica del lavoro è di Micamera e ha visto, tra i suoi più importanti sostenitori, New Old Camera, lo storico negozio di fotografia nel cuore di Milano, punto di riferimento per fotografi professionisti e amatori, da sempre impegnato nella divulgazione della cultura fotografica. www.newoldcamera.com REACHING THE CAPE

foto di Matteo Di Giovanni

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Portfolio

In questa pagina. In alto, Strandby, Denmark . Sotto, Apple Juice Stand, Norway . Nella pagina a fianco. Germany . La commistione tra aspetto tecnologico e aspetto artigianale è il cuore del progetto, l’elemento che avvicina la protesica alla fotografia analogica

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Portfolio

In questa pagina. Alta, Norway. Nella pagina a fianco. The Last House Before North Cape . Il progetto rappresenta una rinascita e una riappropriazione di tutto quello che a un certo punto sembrava perduto per sempre. Una storia profondamente personale che viene raccontata attraverso una serie di ritratti, paesaggi e interni

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Portfolio

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Portfolio

matteo di giovanni Classe 1980, è fotografo documentarista. Attualmente vive a Milano. Ha frequentato un master in Fotografia all’Università di Westminster nel 2012. Dopo un grave incidente stradale in Bosnia-Erzegovina, ha ripreso a pieno la sua attività. Si occupa di progetti relativi a problemi sociali e antropologici, concentrandosi sui temi della memoria e dell’identità. È coinvolto nel progetto Officine Fahrenheit, dove collabora con lo stampatore Gianni Romano. Foto di Ryuichi Watanabe. www.matteodigiovanni.com

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Portfolio

In questa pagina. In alto, Åland Photographic Museum , Finland. In basso, Driving through . Nella pagina a fianco. Åland Islands, Finland. Questo viaggio è una metafora dell’esperienza di Matteo. Allontanandosi progressivamente dalle aree popolate si addentra in una terra quasi disabitata, per poi fare ritorno ai luoghi conosciuti

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FOCUS

Tra le pieghe Alcune hanno una lunga storia alle spalle, altre sono più recenti. Sono le bellissime botteghe di Milano che resistono grazie alla qualità dei prodotti che offrono e alla passione dei loro proprietari

di Roberto Perrone

INDIRIZZI Gastronomia Bonardi viale Umbria 27 Panificio Davide Longoni via Tiraboschi 19 Pregiate carni piemontesi via dell’Annunciata 10 Pasticceria Migliavacca via Ajaccio 3

La Martesana via Cogliero 14

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Sono ancora aperte, come un tempo, le botteghe di una volta. Per fortuna. Magari cambiate, forse ristrutturate, qualcuna aperta recentemente dalla meglio gioventù che, però, ha conservato lo spiri- to degli antichi, qualità e umanità, anche ruvida. Sapore di Milano: eccellenza e carta vetrata. Uo- mini e donne, perché la forza di una certa idea di Milano sono le persone. Piero Bonardi apre la sua salumeria-gastronomia il 2 gennaio del 1973, un ragazzino, praticamente, come sua moglie Anna, dopo varie esperienze (cucina anche per la Na- zionale di pugilato, come testimoniano le foto alle pareti) e dopo aver attraversato le classiche salu- merie milanesi, da Peck al Salumaio di via Monte- napoleone. «Qui, al mio primo stipendio, per poco non svengo. Una cifra esorbitante. Sono ricco, penso. Ma si erano sbagliati, quel Bonardi era il direttore. Si chiamava come me». Il segreto di una grande bottega è la fedeltà. Reciproca. Il commer- ciante offre qualità, la clientela continuità. Ci sono persone che vengono qui da 43 anni. Ovviamen- te si cambia, la cucina si ampia, quinoa o bulgur solo dieci anni fa erano praticamente sconosciuti.

I gusti e i tempi cambiano. «Meno bonarda e più champagne». La cantina, 200 etichette, è curata dal figlio Marco. Molti piatti di verdure, pesce al vapore. Una giusta evoluzione. Però restano insu- perabili i classici: dall’insalata russa ai risotti, poi i grandi stagionali, la cassoeula, i mondeghili, le tradizionali polpette milanesi, difficili da trovare così buone. Aperto la domenica mattina, il giorno della paella, vera, ricca, ordinare per credere. Non distante, diverso per età e percorso, ma simile per dedizione, entusiasmo e qualità c’è il negozio di Davide Longoni. Davide è arrivato a Milano seguendo il suo senso per la farina (anche il suo libro ha questo titolo). La sua era una famiglia di fittavoli, poi piccoli proprietari terrieri che fecero un gruzzolo vendendo le terre diventate edifica- bili. I nonni rilevarono un panificio, ma Davide, prima di mettere le mani in pasta, ha fatto la sua strada: geometra, laurea in lettere, uno stage da Contrasto a occuparsi di foto e fotografi. Quindi il ritorno a casa e, infine, l’atterraggio a Milano. Ol- tre a questo negozio - con un dehors che qualcuno ha definito newyorchese - si è inventato, con alcu-

01. La vetrina della macelleria aperta da Ercole Villa, oggi è gestita da Mauro Brun e Bruno Rebuffi

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FOCUS

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ni soci, il nuovo Mercato del Suffragio. Il suo pane viene dalla storia e anche dalla geografia, materie amate all’università. Ci sono profumi e fragranze di una volta: dai cereali alle olive, dal pane con l’uvetta a quello di segale fino a quello con i grani antichi. Ricerca ed evoluzione riportano al gusto di un tempo. Quello del pane che non mancava mai sulle nostre tavole. Un tempo le macellerie a Milano erano 1300, ora ne restano 300. In di- minuzione. Un po’ i nuovi stili alimentari, in sen- so buono, tesi al migliore equilibrio dietetico, un po’ il terrorismo salutista in senso cattivo, di certe mode-tendenze che mentono sapendo di mentire. A Milano c’era, e per fortuna c’è ancora, una gran- de tradizione. E resiste la più celebre macelleria della città, Pregiate Carni Piemontesi aperta da Ercole Villa. Un tempio per i patiti della “ciccia”. Ercole è andato in pensione, ma la bottega non ha chiuso. Anzi ha ripreso intensità con i nuovi tito- lari, Mauro Brun e Bruno Rebuffi, allievi divenuti eredi. I due si dividono tra la macelleria origina- ria, l’Annunciata dove è rimasto Mauro e quella che fu di Ercole, dove opera Brunetto. Amicizia,

professionalità, attenzione, qualità. Cresciuti in via della Spiga nella macelleria dei fratelli Quat- tro (di cognome e di fatto), quando questa chiuse decisero di investire su una loro attività, «in tem- po - raccontano - per essere travolti dalla mucca pazza». A un certo punto pensarono di mollare e aprire un’officina, ma lo sconforto fu contenuto dalla passione. Le loro carni sono selezionate con cura, le rosse vengono da un allevamento certifica- to, quello di Sergio Massaglia a Buttigliera d’Asti. C’è sempre una storia dietro una grande bottega, finiamo con due pasticcerie. La Pasticceria Miglia- vacca fondata nel 1958 da Alberto Migliavacca e dalla moglie Maria Laura Daverio che prosegue, rinnovata, con laboratorio a vista, la sua strada di qualità. Per i cornetti, le torte, i lievitati, la gente si spinge fino alla periferia est di Milano. Lo stesso succede per la Martesana (ora alla sede storica, ha altri negozi più centrali). Aperta nel 1966 (augu- ri!), adesso con il pluripremiato capo pasticcere Davide Comaschi regala sempre qualche golosa novità. Botteghe milanesi. Cercatele, tra le pieghe della città.

02. Davide Longoni, dopo una laurea in Lettere, e un’esperienza

nell’agenzia Contrasto, ha deciso di dedicarsi al pane aprendo un negozio a Milano 03. I due titolari di Pregiate Carni Piemontesi si dividono tra due macellerie

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Interview

Basso e baseball, da sempre queste sono le due passioni e le due occupazioni di Faso che oggi, unite, stanno dando vita a un progetto «bellissimo» nel centro Sportivo Saini. Si chiamerà Hit Single Arena e già dalla prossima primavera dovremmo iniziare a sentirne parlare faso Passioni complementari

di Paolo Crespi

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interview

Milanese quasi doc, «unico ascendente fuori mappa la nonna paterna, di Ma- cerata», Nicola Fasani detto Faso (nella vita e sul palco degli Elio e Le Storie Tese, di cui è da sempre il bassista e il coautore di tante hit) ha una conoscen- za invidiabile del territorio metropoli- tano, che percorre in Vespa da quando aveva sedici anni. Quali sono le tue zone di riferimento, quelle che sai a memoria? Sono fondamentalmente tre. I dintorni di piazza Carbonari, vicino alla Mag- giolina, dove sono cresciuto: è stata la mia arena da bicicletta, quando dodi- cenne partivo in esplorazioni che arri- vavano fino al Parco di Monza. I miei mitici negozi di dischi e giocattoli han- no lasciato il posto ad abbigliamento e telefonia… Poi zona viale Washington, dove ho “impiantato” la mia prima casa da single , e infine Porta Romana, dove sono approdato già grandicello e papà. Ma non posso certo trascurare i 28 anni passati a frequentare il Parco Forlanini, ovvero il centro sportivo Saini, dove c’è uno storico campo da baseball oggi ben gestito da Ares Milano, la società di cui sono presidente e per la quale, dopo un quarto di secolo di militanza attiva, al- leno i ragazzi ogni volta che posso. E per loro, ma non solo, ho anche messo in campo un bel progettone. Di cosa si tratta? Si chiamerà Hit Single Arena e nasce da una constatazione: il Saini è il più bel centro sportivo della città perché è immerso nel verde e può ospitare mol- tissime discipline, ma potrebbe essere molto di più per quelli che cercano di praticare un’attività sportiva, quel- li che amano stare all’aperto e quelli che vogliono svagarsi un po’. L’idea mi

è venuta attraversando ogni volta, per raggiungere il nostro campo, l’ex pista da hockey con anello per il pattinaggio che giace nel più completo abbandono da quando, vent’anni fa, si ruppe il “fri- goriferone” che produceva il ghiaccio. Quale sarebbe il nesso? Lo spreco: mi son detto che invece sa- rebbe bellissimo farci un campus per i bambini, ma anche un’area per eventi e concerti, un cinema all’aperto e, siste- mando un edificio esistente, un nuovo spazio multifunzione: di giorno bar su- per salutare con le spremute di frutta fresca, dove si possa mangiare e bere qualcosa a prezzi accessibili (esatta- mente l’opposto dell’andazzo milane- se), di sera pub per fare musica dal vivo. Con al piano inferiore almeno due sale prova dove a turno i ragazzi possano suonare a una tariffa innovativa: gratis, salvo particolari esigenze di orario. Agli adulti vorremmo dare la possibilità di sperimentare forme di divertimento sportivo. Del tipo batting cage , il tunnel protetto dove senza rischi puoi provare una battuta, parliamo sempre di base- ball… Complimenti per l’idea, ma a che pun- to siete? In una fase avanzata. L’area è stata data in concessione alla federazione base- ball, che ha incaricato il sottoscritto di fare un piano. Abbiamo già fatto analiz- zare il terreno e l’amico “architetto-ba- seballista” Francesco Baldi ha disegnato il progetto che ha il sostegno dell’as- sessorato allo sport del Comune ed è piaciuto anche in Regione. Tra l’altro il tutto accadrebbe in un’area servita e senza problemi di coprifuoco acustico. Cosa manca per partire? Partner privati. Per le aziende sarebbe

una grande opportunità: con il costo di uno striscione a San Siro presidierebbe- ro il posto per 18 anni… Siamo anche vicino all’aeroporto di Linate: si po- trebbero concepire pubblicità orizzon- tali sul tetto visibili dagli aerei. Il mio sogno è quello di inaugurare almeno una parte di Hit Single Arena entro la prossima primavera. Musica e sport nel tuo caso hanno vo- luto dire basso & baseball. Cosa rap- presentano l’uno e l’altro? Beh, il basso è lo strumento dietro al quale, o con addosso il quale, ho percor- so tutto il mio cammino nella musica. Oggi mi rendo conto che per comporre non è l’ideale e quando sono al compu- ter preferisco scrivere tracce per tutti gli strumenti tranne che per il mio. Una curiosità: da mancino lo suono come se non lo fossi e anche quando mi metto alla batteria, che uso discretamente, la configurazione è quella dei destri, ma con le mani aperte anziché incrocia- te. Una cosa che fa sempre impazzire Christian Meyer, il batterista ufficiale. Il baseball è una passione complementare perché, in quanto sport considerato mi- nore, mi ha regalato quella dimensione agonistica che la musica, per fortuna, non ha. La prossima sfida di gruppo? La nostra prima, vera tournée all’este- ro come EELST, se si escludono i con- certi americani del ’98, in cui, ahimè, avevamo deciso di tradurre in inglese le nostre canzoni. Ora sappiamo che gli stranieri non disdegnano di ascoltarle in lingua originale. Abbiamo incontra- to il manager giusto et voilà , un paio di settimane già programmate tra marzo e aprile 2017: Londra, Bruxelles, Parigi… Mica bruscolini!

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FOCUS

GUARDA COME DONDOLO Il ritmo saltellante dello swing porta in pista la Milano danzante. Il fascino del Proibizionismo risuona in città, capelli impomatati e rossetti sfavillanti tornano di moda e le nottate milanesi si riempiono dell’euforia vintage di balere e festival musicali

di Chiara Temperato

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Erano gli anni Trenta quando gli Stati Uniti co- nobbero una nuova forma di jazz, briosa e meno intellettuale. Si chiamava swing e a suonarlo erano le grandi orchestre che lanciavano seducenti me- lodie sulle piste da ballo. Un ritmo libero e scan- zonato faceva uscire la musica dagli speakeasy e le dance hall diventavano il simbolo della libertà. Era tempo di festeggiare e di scatenarsi a un ritmo frenetico. Cittadini bianchi e neri si mescolavano, Benny Goodman e Duke Ellington dirigevano le grandi orchestre. Lo swing favorì la nascita di bo- ogie woogie, swing crash e lindy-hop, stili di bal- lo acrobatici molto apprezzati poi da subculture giovanili, come gli zooties negli USA, gli zazous in Francia. Lo swing intanto diventa fenomeno culturale a livello mondiale, dona nuova visibilità alla cultu- ra afroamericana, vestendola di abiti stravaganti, i cui colori eccentrici provocano la società bacchet- tona e conformista. L’Europa ne è affascinata e in

Italia il nuovo trend musicale arriva con Alberto Rabagliati e il trio Lecan. Oggi, all’alba del 2017, questo genere riscrive la sua storia, torna a far sognare i nostalgici e a incu- riosire i più giovani. In un’epoca completamente devota al passato, e maniaca del rétro, viene da chiedersi se il “ripescaggio” del vintage sia solo una moda passeggera, un malinconico rifugio o una condizione imprescindibile, perché nulla è possi- bile se non partendo dal vecchio. Ma per i nuovi ballerini milanesi lo swing sembra una semplice passione, mossa solo dalla frenesia delle loro indo- mabili ginocchia. All’inizio sono state le spumeggianti serate Twist and Shout a vestire Milano a festa, a ritmo di rock’n’roll e swing. Hanno scatenato orde di dan- zatori provetti o improvvisati, alimentato l’estro degli style-addicted e ingolosito chi semplicemen- te voleva divertirsi. Eserciti trionfanti di danzato- ri, con tanto di brillantina nei capelli e gonne a

01. Lo Spirit de Milan fa rivivere gli spazi delle ex Cristallerie Livellara, riempiendoli di musica e sapori vintage. Qui si balla, si mangia e si condivide lo spirito del tempo, con la carica dello swing che trascina tutti in pista

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FOCUS

indirizzi La Balera dell’Ortica via Giovanni Antonio Amadeo 78 Spirit de Milan via Bovisasca 57/59 Il Maglio via Granelli 1 Maison Milano via Lodovico Montegani 68 Jumpin Jazz Ballroom viale Monza 140

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ruota colorate hanno preso d’assalto Milano che, al calar del tramonto, sembra fermarsi nel tempo. Una città che si rilassa e si diverte quando getta la maschera e si mostra per quello che è. Dove respirare l’autenticità del passato se non nei cortili e nelle piste de La Balera dell’Ortica? Qui il ritmo vibrante dello swing e del boogie woogie mette d’accordo tutti quelli che amano divertirsi tra balli scatenati, pasta e fagioli e fiumi di vino della casa. Banditi i dresscode , è richiesta solo la voglia di condividere e lasciarsi trascinare dall’e- suberanza delle orchestre. Il giovedì è la serata swing: prima lezioni con tanto di maestri e poi tutti in pista a scatenarsi; da ottobre è in arrivo anche il “brunch swingato”. Alla balera, racconta- no i gestori, «lo swing non è una tendenza, ma un modo di essere». Dalla semplicità al gusto rétro chic, a far tendenza è lo Spirit de Milan, un locale che esprime la sua anima sia nell’amore per lo swing che nel deside- rio di recuperare l’antica Milano da osteria, con cucina, canti, balli e lezioni di dialetto milanese. Anticipatore di questa tendenza e con un occhio attento alla scena internazionale, lo Spirit de Mi- lan è il cuore pulsante del quartiere Bovisa. È il sa- bato sera, durante la Holy Swing Night , che si tra- sforma nel tempio del ballo, quando le orchestre danno fiato agli strumenti e i ballerini si librano in aria a tempo di musica. Il locale in ottobre ospita

anche lo Swing’n’Milan , un’occasione in cui giac- che attillate in vita, con spalle imbottite e iperbo- lici risvolti tornano di moda. Pantaloni a vita alta, larghi al ginocchio e stretti alla caviglia, sono issati da eccentriche bretelle e il cappello Borsalino fa capolino sulle teste impomatate, mentre donne stile pin up sfoggiano gonne sgargianti, bianche calzette e chiome raccolte in code, toupé, o in portentosi pompadour . Per chi ama una cornice classica ed elegante c’è Il Maglio, raffinata location che ospita serate a base di swing (il venerdì) e un ristorante dal menu tra- dizionale, oppure la Maison Milano, un’antica sta- zione postale che diventa un lussuoso regno del ballo, del buon cibo e del divertimento con le sue proposte musicali e di intrattenimento, dal burle- sque allo swing e al tango. E infine per chi voles- se riassaporare l’aria del proibizionismo di New York, riempire le orecchie con musica live acusti- ca jazz e scaldare i tacchi con melodie swing, un salto al Jumpin Jazz Ballroom è d’obbligo. La mania dello swing fa sobbalzare Milano, anche locali storici come Il Magnolia, lo Speakeasy Club di Rozzano e Il Bloom mettono in calendario se- rate dedicate a questo genere musicale. Puro divertimento? Un nuovo stile di vita? Certo è che quando partono le danze e si scaldano gli ambienti, lo swing esplode al ritmo irrefrenabile di un passato che incanta e suggestiona.

02. La Balera dell’Ortica è il tempio del divertimento genuino, con serate frizzanti a base di ballo, musica dal vivo e cucina casereccia. Foto di Daniele Fragale

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Interview

Il primo settembre ha compiuto settant’anni. Dal 2012 non traduce più Stephen King ma, nonostante ciò, il suo lavoro continua ad accompagnare generazioni di lettori attraverso i più clamorosi bestseller internazionali. Non ultimo L’Uomo di Marte di Weir TULLIO DOBNER Le parole degli altri

di Simone Sacco - foto di Cecilia Gatto

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interview

Mi accoglie a casa sua, in piena estate, dove si sta ancora riprendendo da un non piccolo problema di salute. «Tut- to risolto, fortunatamente», sono le sue prime parole accompagnate da uno sguardo vispo e un’innegabile voglia di confidarsi. Tullio Dobner è fatto così: un intellettuale appassionato che non si sottrae mai al confronto. Traduttore italiano di Stephen King per tre deca- di esatte e contemporaneamente alle prese con altri nomi (Grisham, Koonz, Barker, Sheldon e altri ancora) in grado di far tremare le classifiche di vendita. Un convitato di pietra, nemmeno così tanto discreto («Ho sempre amato le traduzioni emotive trasudanti perso- nalità»), che ci ha tenuto compagnia per innumerevoli ore. Da un pezzo Dobner si è accasato con la Newton & Compton e a breve tornerà al lavoro ri- dando lustro a due capolavori di H.G. Wells quali La macchina del tempo e La guerra dei mondi . Un bel traguardo di carriera all’insegna, come al solito, del vocabolo giusto. Settanta primavere di cui 47 passate a tradurre di tutto: una vita dedicata alla parola, la tua. Al puro intelletto. Soprattutto una vita dedicata all’in- terposta persona. E comunque non ho mai desiderato altro che questo. Sicuro? Sì. D’altronde ho tradotto tonnellate di romanzi ma, di mio, ho scritto ben poco (una raccolta di racconti – I libri che perdevano le parole – più Schizosofia uscito solo per il web, NdR ). Il fatto è che quando giochi otto ore al giorno con i concetti altrui, alla sera ti ritrovi svuotato di parole tue. Come descriveresti a un profano il tuo mestiere? Come quello di un attore: anch’io, in fondo, mi limito a interpretare un testo creato da qualcun altro. E non potrei fare altrimenti visto che, in campo ar- tistico, non ho mai creduto all’oggetti- vità. Ma così facendo non si corre il rischio

narrativa statunitense. Quando King scrive “semplice” e non abusa di quella sua prosa così chimica e strabordante, beh, non ce n’è davvero per nessuno. Senza dimenticare le affinità personali che ci legano a cominciare dall’anagra- fe. Il romanziere del Maine farà set- tant’anni nel settembre 2017… Sì, King ed io siamo nati nello stesso mese ad appena dodici mesi di distan- za. E oltre al segno zodiacale, vergine, condividiamo anche un identico pathos generazionale. Quella sorta di pessimi- smo di fondo che nel suo caso è coin- ciso con la guerra in Vietnam mentre nel mio è scaturito con la tragedia di piazza Fontana, un crimine che an- cora reclama giustizia. E poi veniamo entrambi dal basso: Stephen scrisse i suoi primi libri in una roulotte mentre io ho cominciato a fare il traduttore in una piccola mansarda di via Previati, in zona Fiera, dove non avevo neppure il fornello a gas! Non c’è proprio niente che vi divide? Beh, anche se non ci siamo mai incon- trati, immagino che a livello di gusti musicali non andremmo granché d’ac- cordo! (ride, NdR ) Lui è un metallaro nell’anima e, quando scrive, spara a tutto volume AC/DC e Ramones. Io non ce la farei mai… Quando lavoro ho bisogno di silenzio o, al massimo, metto in sottofondo un disco di musica rinascimentale. O dei Beatles. La tua ultima traduzione di King, La leggenda del vento, risale ormai al 2012: ti manca? Mi manca come se vedessi la mia fidan- zata storica uscire con un altro uomo. Tempo fa la Sperling ci ha pure pro- vato a farmi correggere una traduzione “kinghiana” realizzata da un loro auto- re. Dopo un’ora avevo già riscritto ex novo tre pagine! Lì ho compreso di non avere più l’obbiettività necessaria per fare una cosa del genere. E così ho detto addio al mio caro, vecchio amico di una vita.

di essere troppo “creativi”? L’importante è non consegnare bozze impersonali. Anche perché al mondo esistono due sole categorie di tradu- zioni: quelle che ci azzeccano e quelle che vanno completamente fuori strada. Una volta “azzeccato” il testo, è quasi necessario aggiungerci un po’ di tuo, un’ipotesi di sensibilità. Anche perché questo rimane un mestiere molto peri- coloso… Addirittura? Già. La nostra resta una lingua ricca ed è triste limitarsi a quelle trecento paro- le che sono sempre il viatico di una tra- duzione fredda e impersonale. Bisogna essere musicali, scavare dentro la pagi- na, adoperare quel determinato modo di dire se il caso lo richiede. E se il testo originale è brutto? Una buona traduzione non lo salverà di certo. Prendi La casa dipinta di Gri- sham a cui lavorai anni fa. Un critico entusiasta mi telefonò dicendomi che avevo tramutato il re del legal thriller in un “grande autore americano”. Com- plimento respinto al mittente: in quel caso fu tutta farina dello stesso Gri- sham che, evidentemente, s’era stufato di scrivere d’avvocati col pilota auto- matico. Fatto sta che nel 1983 esce “Cujo” di Stephen King e Dobner diventa un traduttore “popstar”: ti ci ritrovi? Il termine mi fa sorridere visto che King – prima del boom di It nel 1987 – qua da noi era ancora visto come “uno scrittore di culto” nonostante Carrie, Le Notti di Salem e ovviamente Shining . Il fatto è che alla Sperling & Kupfer erano oltremodo terrorizzati: in Cujo c’era un bambino che faceva una brutta fine e loro non volevano inimicarsi il pubbli- co femminile. Mi chiesero di trovare le parole adatte per le eventuali lettrici- mamme! A libro consegnato in reda- zione tirarono un sospiro di sollievo mentre io trovai l’autore della vita. Perché King e non altri? Perché non ha eguali nel campo della

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Porsche Customer Contact Team

Dopo avere dato spazio alla personalizzazione con il programma Exclusive, i Centri Porsche di Milano Nord e Milano Est presentano un nuovo servizio che si propone di offrire alla clientela un’accoglienza davvero speciale

indirizzi Centro Porsche Milano Nord via Stephenson 53 - Milano Centro Porsche Milano Est via Rubattino 94 - Milano

piano la Customer Experience , offrendo un servizio sartoriale, interamente svi- luppato sulle esigenze del cliente. Così se fino a ora il programma Exclu- sive aveva permesso alla clientela Por- sche di personalizzare la propria vet- tura definendo ogni tipo di dettaglio: dalla scelta dei materiali a quella delle colorazioni (ben 198 le tinte disponibi- li fuori listino), dalla personalizzazione della seduta sino alla possibilità di ave- re la firma o il nome del guidatore sul battitacco, ora gli amanti della sportiva tedesca potranno scoprire quanto possa essere gratificante avere la possibilità di rivolgersi a un amico e non a un sem- plice rivenditore. Ma come funziona il Customer Contact Team? Il program- ma prevede l’analisi quotidiana delle agende dei due centri milanesi e mette in contatto diretto e costante le diver- se professionalità che operano al loro interno, dando vita a un flusso di co-

Il caffè a letto la mattina, un fiore per festeggiare un anniversario importante, il piatto preferito la domenica, l’asciu- gamano sullo scaldasalviette pronto all’uscita dalla doccia. Chi di noi non ha una piccola attenzione dedicata cui non potrebbe mai rinunciare? E chi di noi non vorrebbe riceverne di nuove? I clienti dei Centri Porsche di Milano possono ora scoprirne alcune davvero speciali: è stato infatti da poco lan- ciato il nuovo programma Customer Contact Team, una coccola a tutti gli effetti che il celebre marchio tedesco ha scelto di sperimentare in due nazio- ni e cinque concessionarie: in Italia a Padova – centro pilota per il progetto dove le prime prove sono state fatte nel 2014 – e a Milano, nei due Centri di Milano Nord e Milano Est; in Spagna, nelle due sedi di Madrid. Il programma riflette il desiderio di Por- sche di mettere sempre più in primo

municazione continua che favorisce la cooperazione dello staff e l’erogazione al cliente del migliore servizio possibi- le, senza mai trascurare alcun dettaglio. «Conoscere in anticipo chi verrà in of- ficina il giorno successivo, essere infor- mati sulla sua storia dal punto di vista automobilistico, sapere se ad esempio è socio del Porsche Sci Club o se gioca a golf, permetterà al personale di acco- gliere il cliente al meglio segnalandogli un prodotto di suo interesse oppure l’organizzazione di un evento sportivo cui potrebbe desiderare partecipare…» spiega Luigi de Vita Tucci, direttore ge- nerale dei Centri Porsche Milano Nord e Milano Est. E a proposito di eventi imperdibili, le date non sono ancora state rese note, ma tutti gli amanti di Porsche possono iniziare a segnarsi una nota per ottobre e novembre: arrivano le nuove Cayman e Panamera. www.milano.porsche.it

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