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Luigi Taglienti

La sua è una cucina senza tempo, antica e moderna insieme. Ha lavorato al fianco di Ezio Santin, Christian Willer, Christian Sinicropi e Carlo Cracco. Nel 2009 ha guadagnato la sua prima Stella Michelin, mentre nel 2014 si è aggiudico le Tre Forchette del Gambero Rosso. Classe 1979, Luigi Taglienti inaugura una nuova fase della sua vita alla guida di Lume, il ristorante nel quale spera di poter crescere anche come manager

di Elisa Zanetti

all’italiana e così via. Compongo una cucina molto personale: creativa e con- temporanea, ma che rispecchia l’italia- nità, una nuova italianità. Qual è il suo rapporto con la tradizio- ne? Mi piace parlare un linguaggio che sia italiano, che non corrisponda per forza con la tradizione, ma che segua quei profumi e quei sapori in grado di fare riaffiorare la memoria. La vera tradi- zione è la memoria, non è quello che intendono tutti. Il piatto tradizionale è quello che ciascuno tramite quel piat- to ricorda, è un riaffiorare di memorie vissute. Si tratta di un legame più per- sonale, intimo. Il suo piatto della memoria? I fagioli all’uccelletto di mia nonna. Le piace vivere a Milano? Nei primi quattro anni in cui sono sta- to qui sono stato totalmente assorbito dall’impegno a Il Ristorante Trussardi alla Scala . In questo anno di lavori de- dicati a Lume, ho imparato a conoscer- la, girarla e mi piace: è una città che dà energia, che mette la giusta pressione e noi stiamo cercando di creare qualcosa di innovativo, ridando vita all’ex fabbri- ca Richard Ginori, uno spazio che ha avuto un significato importante per l’I- talia e nel quale spero di poter cresce- re anche come manager, lanciando un nuovo brand.

alla sua cucina, ma in modo umile, pa- cato. Credo siano valori che mancano: oggi sono tutti grandi chef, poi davanti a una stufa… Parliamone: fare il cuoco è diventata una moda, ma se lo sei dav- vero quando ti trovi a usare una stufa la fai funzionare, non è lei che fa cam- minare te. La prima cosa che ha imparato in cu- cina? Ti accorgi sempre dopo di quello che impari, impari sbagliando, fai un per- corso e non ti rendi conto delle acqui- sizioni che fai, è un continuo crescere. Sono entrato in cucina presto e ho im- parato come si lavano i piatti. Chi lava per terra ha la stessa importanza di chi manteca un risotto: il risotto va al clien- te, chi pulisce il pavimento ti permette di lavorare meglio, se cucinassi nello sporco non potresti fare il risotto bene. Ci vuole rispetto per tutti. La sua cucina è una cucina sia classi- ca che innovativa… La mia è una cucina senza regole, per- ché le regole le conosco e credo di ave- re delle buone nozioni della “cucina classica”. Questo mi permette di essere naturale e di creare cose inedite, attra- verso flash mentali. Ad esempio: ho l’i- dea di accostare l’aragosta alle lumache bianche liguri? Ci provo, ma lo faccio cuocendo le lumache in maniera tra- dizionale, alla ligure, faccio il soffritto

Com’è nato il suo amore per la cucina? È una passione venuta fuori piano pia- no. In casa abbiamo sempre mangiato bene: mio nonno aveva l’orto e in fa- miglia siamo tutti buone forchette. Poi è arrivata la scuola alberghiera e così la passione è diventata professione. Tengo a sottolineare questo: il cuoco è un pro- fessionista, non è uno che lo fa solo per passione: ci vuole tantissima passione, ma è una professione con dei parametri ben definiti. Cosa differenzia un professionista? Ci sono degli elementi che sono ogget- tivi, delle preparazioni, dei passaggi che sono fondamentali e che un cuoco deve fare per diventare un professionista e non restare un “cuochetto”. Contano molto le esperienze di professionalità vissuta, lo studio, l’approccio al lavoro che è fatto di disciplina, perché è duro: dà molto, ma priva anche di molte cose. Fare bene questa professione significa viverla a 360 gradi, senza staccare. Cer- to, ci sono dei momenti di relax, ma il processo mentale è costante: a mente fredda si ripercorrono i passaggi, si cer- ca di capire dove migliorare... Noto che le piace definirsi “cuoco”, è una parola genuina, che non si sente spesso oggi… Sì, adesso cercano tutti le copertine di Vanity Fair… Io ho imparato molto da Ezio Santin, un professionista fedele

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