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dell’analizzando. Bion (1959) ha tracciato un parallelo tra l’interazione terapeutica e il modo in cui il bambino, nei momenti di sofferenza, proietta la sua angoscia nella madre che la “contiene” e può poi rispondere in modo appropriato. L’analista ha la stessa funzione (contenente/“alfa”): “contenere” le proiezioni del paziente in uno stato di “rêverie”, “digerirle” e rispondere ad esse con adeguate interpretazioni. In questo filone, il controtransfert è stato considerato non soltanto come strumento attraverso il quale l’analista può avere accesso al mondo inconscio del paziente, ma anche come mezzo attraverso il quale possono essere elaborate le esperienze intollerabili del paziente; non è soltanto uno strumento di indagine, ma anche un mezzo di cura. Lo sviluppo, da parte di Bion, dei concetti di contenimento e di funzione alfa nell’analista ha condotto a un marcato apprezzamento del mescolarsi (“infusion”) della mente, degli affetti e anche dell’Io corporeo dell’analista con i processi inconsci e preconsci dell’analizzando. (Vedi la voce CONTENIMENTO: CONTENITORE/CONTENUTO). Nel suo ulteriore sviluppo, il concetto di identificazione proiettiva ha continuato a mantenere un ruolo significativo nella teoria kleiniana, bioniana e neo-bioniana, e in molte delle prospettive intersoggettive e interpersonali. Nella misura in cui il suo campo si è allargato dalla teoria della fantasia e della difesa primitive alla teoria della comunicazione e del pensiero arcaici, è diventata considerevole la complessità della relazione e della differenziazione tra identificazione proiettiva e il controtransfert dell’analista (Grotstein, 1994). L’idea di una costruzione di significati operata in comune e creativa all’interno degli scambi transferali- controtransferali, proposta da Bion, da Rosenfeld e dai loro seguaci (Mawson, 2010), mette in luce un complesso processo in cui l’analista deve lavorare sugli stati affettivi indotti allo scopo di cogliere il loro aspetto comunicativo. Tali proiezioni possono essere illuminanti per l’analista -mediante il suo controtransfert - riguardo agli stati affettivi con cui il paziente si sta confrontando e che sta comunicando. Nel lavoro della Alvarez (1992), questa prospettiva si allarga ulteriormente fino a comprendere l’intero processo analitico come co-costruito . L’ampia comprensione del potere dei processi intersoggettivi sull’analista, sull’analizzando e sul trattamento deve molto all’evoluzione del pensiero kleiniano in Gran Bretagna, a partire da Klein, attraverso Bion (1959) e Rosenfeld (1962, 1969, 1987), e proseguendo con la scuola argentina di Racker (1957, 1968) e Grinberg (1956, 1968). Seguono poi varie estensioni di questa prospettiva in Gran Bretagna nel lavoro di Segal (1983), Joseph (1985), Spillius (1994), O’Shaughnessy (1990), Steiner (1994), Feldman (1993) e Britton (2004; Segal & Britton, 1981), e negli Stati Uniti nel lavoro di Grotstein (1994), Mitrani (1997, 2001) ed altri. In tutto ciò, i primi scritti di Ferenczi sul controtransfert hanno continuato, direttamente o indirettamente, ad esercitare un’influenza. Uno dei principali divulgatori delle idee ferencziane sul controtransfert, Michael Balint, autore del concetto di “difetto fondamentale” (“basic fault”) (Balint, 1979), dette anche un importante contributo alla discussione sui concetti di proiezione e introiezione. Le idee radicali di Ferenczi furono portate a Londra da Michael e Alice Balint, e influenzarono sia i kleiniani che il cosiddetto Gruppo Indipendente. Le idee di Ferenczi e di Balint raggiunsero l’America Latina attraverso Racker (1957). Racker utilizzò il
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