Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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III. Eb . La Comunicazione Inconscia Il primo riferimento a questo argomento nella letteratura psicoanalitica si trova nello scritto di Freud (1912b) “Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico” “(L’analista) deve rivolgere il proprio inconscio come un organo ricevente l’inconscio del malato che trasmette; deve disporsi rispetto all’analizzato come il ricevitore del telefono rispetto al microfono trasmittente. Come il ricevitore ritrasforma in onde sonore le oscillazioni elettriche nella linea telefonica ….così l’inconscio del medico è capace di ristabilire a partire dai derivati che gli sono stati comunicati quello stesso inconscio che ha determinato le associazioni del malato (p. 536-537, Vol 6).” Egli tornò su questo argomento nel “L’inconscio” (1915c) “E’ assai interessante che l’ Inc di una persona possa reagire all’ Inc di un’altra eludendo C . Questo fatto, pur meritando un’indagine più approofndita, specialmente nel senso di determinare se si possa escludere l’intervento di un’attività precocnsica, è comunque incontestabile sotto il profilo descrittivo “(pag 78, vol 8) Dopo questo Freud non ha più ripreso questo tema, ma Sandor Ferenczi introdusse l’importanza della personalità dell’analista per lo sviluppo della comunicazione inconscia, fondamentale per determinare le caratteristiche idiosincrasiche/peculiari di ogni processo psicoanalitico.. Nel suo “Diario Clinico (1932 pg. 31, 45,107 e 109) l’autore introdusse ciò che egli definì “il reale controtransfert dell’analista”, vale a dire la partecipazione emotiva dell’analista al processo analitico: “Il sogno di un paziente di due giorni prima che predice una importante rivoluzione tedesca, sarebbe di fatto l’intuizione della mia repulsione contro la sofferenza …” (Ferenczi 1932, pg. 91; citazione tradotta per questa edizione N.d.T.). Green (2008) considera Ferenczi, dai suoi diari, il precursore della moderna psicoanalisi e Zimerman (2008) nel Vocabolario della Psicoanalisi Contemporanea afferma che Ferenczi considerava la personalità dell’analista uno strumento analitico di guarigione. Entrambi Freud e Ferenczi erano affascinati dalla possibilità della telepatia. Queste idee sono rimaste sotto silenzio fino a quando Theodor Reik pubblicò “Il terzo orecchio” (1948). Reik fece un decisivo passo in avanti verso la comprensione della comunicazione inconscia quando scrisse: “L’analista sente non solo ciò che è nelle parole; egli sente anche quello che le parole non dicono. Egli ascolta con il terzo orecchio sentendo non solo ciò che il paziente dice, ma anche la propria voce interna, ciò che emerge dalle profondità del proprio inconscio…Ciò che viene detto non è la cosa più importante. A noi sembra più importante riconoscere ciò che la parola nasconde e ciò che il silenzio svela” (ibid, pp 125- 126; citazione tradotta per questa edizione N.d.T.) Egli aggiunse: “…i piani dell’inconscio non sono afferrati/compresi direttamente. Il medium è l’ego, dentro cui l’inconscio dell’altra persona è introiettato. Per comprendere un altro, noi non abbiamo bisogno di esplorare la sua mente, ma di sentirlo inconsciamente nell'ego” (ibid., p 464); e continuò: ”Ciò che ho detto è che questi impulsi inconsci nella mente dell’uno inducono impulsi dello stesso tipo nella mente dell’altro- in questo caso nell’analista”(ibid, p.468; citazione tradotta per questa edizione N.d.T.). Tuttavia un ulteriore grande contributo alla comprensione della comunicazione inconscia fu dato dalla scoperta del meccanismo dell’identificazione proiettiva descritto da Klein nel 1946. Concepito inizialmente come una fantasia del paziente, il concetto è stato ulteriormente sviluppato da diversi autori: Bion, Heimann, Racker ed altri. In questa fantasia il paziente mette qualcosa di intollerabile dentro di sé nella mente dell’analista, liberando

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