Dizionario Enciclopedico di Psicoanalisi dell'IPA

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pertanto temporaneamente se stesso da questo aspetto della sua personalità. Sebbene l’effetto sia temporaneo il paziente può pertanto disfarsi non solo dei contenuti ma anche di un intera parte di se stesso, con un conseguente impoverimento, uno svuotamento, della propria mente. In “Attacchi al legame” (1959) Bion sviluppa il concetto nel suo aspetto comunicativo tra analista e paziente. Un processo interattivo tra due menti comporta una intenzione dell’analizzando di produrre un effetto sulla mente dell’analista. In “Apprendere dall’ Esperienza” (1962) Bion fece un ulteriore passo in avanti proponendo il concetto di identificazione proiettiva realistica, in cui l’analista viene realmente influenzato dalla identificazione proiettiva del paziente. Su questo punto Odgen scrive (1980, p. 517; citazione tradotta per questa edizione N.d.T.): “l’identificazione proiettiva è intrinsecamente un concetto relativo all’interfaccia tra intra-psichico ed inter-personale, i.e. il modo con cui le fantasie di una persona sono comunicate e premono per influenzare un’altra persona”. Vale la pena di sottolineare che sebbene Klein abbia lavorato sulla identificazione proiettiva come una fantasia, nella sua visione gli istinti sono alla ricerca dell’oggetto fin da subito. In questo modo la sua teoria ha già in sé il germe dello sviluppo teorico di Bion sull’aspetto comunicativo della identificazione proiettiva. C’è una conoscenza istintuale intrinseca dell’oggetto ed una ricerca istintiva di esso. Il contributo di Bion sulla funzione alfa, sulla rêverie, sul contenitore- contenuto e sul lavoro onirico, hanno tratteggiato i meccanismi inconsci nella mente della madre che hanno fatto progredire la nostra conoscenza sul suo ruolo, come su quello dell’analista, nel facilitare lo sviluppo della capacità del bebè-paziente di pensare, cosicché egli possa apprendere dall’esperienza. Le idee di Bion hanno mappato l’area di interazione tra le menti. Accanto a questi sviluppi, il concetto di identificazione proiettiva ha ampliato l’insight relativo all’area del controtransfert, configurandolo non solo come una manifestazione inconscia dell’analista come aveva postulato Freud, ma come uno strumento essenziale per capire il materiale analitico. In questa direzione, i contributi di Paula Heinman e Heinrich Racker rappresentano delle pietre miliari (vedi anche le voci: CONTROTRANSFERT E IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA). Per Heinman (1950), visto che il controtransfert è l’effetto del desiderio inconscio del paziente di trasferire sull’analista affetti che egli non può riconoscere, né sperimentare come propri, l’analista può scavare nel proprio controtransfert per avere degli insigt. Per Racker (1953) la fonte principale dei sentimenti dell’analista è la mente del paziente, che trasforma il setting in un campo bi-personale. Racker sviluppa il concetto di identificazione concordante in cui l’analista introietta diversi oggetti del mondo interno del paziente così da potersi mettere nei suoi panni. Ciò è essenziale per una comprensione empatica e consentirà all’analista di sentire anche le proprie emozioni. La differenziazione tra entrambi i due protagonisti è preservata. Per contro, nel concetto di Racker di identificazione complementare, in cui l’analista e il paziente producono reciprocamente identificazioni proiettive, lo psicoanalista proietta se stesso nel paziente. La conseguenza di questo processo culmina nell’enactment. Nel 1962 Grinberg propose il concetto di contro-identificazione per descrivere l’impatto dell’identificazione proiettiva dell’analizzando sulla soggettività dell’analista. Quando questo effetto è massiccio, la reazione dell’analista dovrebbe essere considerata dipendente dall’identificazione proiettiva del paziente e indipendente dai suoi

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