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impedimento alla libertà e alla capacità dell’analista di comprendere il paziente. L’analista dovrebbe innanzitutto accorgersi del proprio controtransfert, per poi superarlo. Tuttavia, in generale, in accenni enigmatici che paiono in contraddizione o in conflitto, coerentemente col suo sforzo teorico auto-sovversivo che precorre e modella una molteplicità di concettualizzazioni (Reisner, 2001), in molte delle sue lettere e riconsiderazioni del suo pensiero teorico, Freud osservò anche che i suoi allievi avevano imparato a farsi carico di una certa parte di auto-consapevolezza e di auto-conoscenza. L’approfondimento della nostra conoscenza del controtransfert è in accordo con questo principio. In questo contesto, è degno di nota che il primo sogno riferito nel testo che ha inaugurato la psicoanalisi, “L’interpretazione dei sogni” (Freud, 1899), sia il “sogno dell’iniezione ad Irma” del 1895, un sogno di controtransfert per eccellenza. La ricostruzione storica della vita di Freud durante la sua auto-analisi negli anni 1895- 1899, durante i quali scrisse “L’interpretazione dei sogni”, fatta da Harold Blum (2008) e da Carlo Bonomi (2015), rivela la complessità del transfert di Freud verso Fliess, ed anche il suo controtransfert verso la paziente che avevano in comune, Emma Eckstein (“Irma” nel sogno, e in seguito la prima donna a diventare terapeuta psicoanalitica). Blum e Bonomi dimostrano come questo controtransfert diede forma allo sviluppo teorico di Freud (in argomenti che vanno dalla bisessualità alla normatività dell’orientamento etero, dalla teoria della seduzione traumatica alle concettualizzazioni psicoanalitiche dello sviluppo psicosessuale, della fantasia inconscia e del conflitto intrapsichico). In questo contesto, il concetto di controtransfert esemplifica ed illustra la costante interazione fra teoria e pratica, fra lavoro clinico e concettualizzazione, fin dalla “nascita della psicoanalisi” e poi per tutta la sua successiva evoluzione. Freud introdusse il concetto di controtransfert, ma non fece il passo di elaborarlo esplicitamente come strumento utile nel lavoro analitico – un passo che invece egli fece rispetto al transfert. La sua esplicita visione iniziale è stata chiamata la prospettiva “ristretta” sul controtransfert, e molti dei suoi primi seguaci sostennero tale prospettiva, come è evidenziato nei primi manuali psicoanalitici, presentazioni ed articoli di riviste (Stern, 1917; Eisler, 1920; Stoltenhoff, 1926; Fenichel, 1927, 1933; Hann-Kende, 1936). In area anglosassone, la prospettiva ristretta ha spesso usato la dicitura “contro-transfert” col trattino, sottolineando la risposta inconscia (transferale) dell’analista al transfert del paziente. Un’interessante precisazione emersa all’interno di questa prospettiva fu fatta da Helene Deutsch (1926), che introdusse l’idea del contro-transfert come “ posizione complementare ”, che fu poi ulteriormente elaborata all’interno del contributo originale di Heinrich Racker. Se guardiamo al destino di questa definizione ristretta, possiamo trovare la sua persistenza, tra gli altri, negli scritti dei seguaci della tecnica standard di Freud, come Annie Reich (Reich, 1951), ma anche, da una prospettiva in qualche modo diversa, Jacques Lacan (1966/1977). Mentre la Reich pensa al “contro-transfert” come qualcosa che rappresenta un ostacolo transferale all’empatia psicoanalitica , Lacan, nonostante il suo rimaneggiamento ed ampliamento – a livello concettuale - dell’impatto della conoscenza e del “potere” dell’analista
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